Arrestato primario a Piacenza per abusi sessuali su dottoresse e infermiere in ospedale

Un primario dell’ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza è stato arrestato per violenza sessuale aggravata e atti persecutori, rivelando un sistema di abusi all’interno della struttura sanitaria.
Un primario dell’ospedale di Piacenza è stato arrestato per violenza sessuale aggravata e atti persecutori, dopo indagini che hanno rivelato numerosi abusi su dottoresse e infermiere durante l’orario di lavoro, in un clima di intimidazione e omertà. - Unita.tv

Un primario dell’ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale aggravata e atti persecutori. Le indagini, scattate dopo la denuncia di una dottoressa, hanno rivelato un sistema di abusi che si consumava negli uffici durante l’orario di lavoro. Il medico, direttore di struttura complessa, avrebbe violentato molte donne tra dottoresse e infermiere, sfruttando il ruolo e l’ambiente protetto dell’ospedale. Accuse gravi che riflettono un clima di intimidazione e paura tra le vittime.

Le indagini e la scoperta degli abusi nell’ospedale di Piacenza

La polizia di Piacenza ha avviato l’inchiesta in seguito alla denuncia di una dottoressa vittima di un’aggressione all’interno dello studio del primario. Secondo quanto emerso, il medico chiudeva a chiave la porta e bloccava ogni via di fuga durante gli abusi. Le intercettazioni telefoniche e soprattutto quelle ambientali, con circa 45 giorni di monitoraggio video, hanno documentato 32 episodi di violenza sessuale. È emerso un quadro inquietante: gli atti si verificavano quasi ogni giorno, senza precauzioni o timore delle eventuali conseguenze penali.

Gli abusi si svolgevano spesso anche in momenti informali del lavoro, mentre i medici e le infermiere erano impegnate in conversazioni o discussioni su questioni burocratiche, come la programmazione delle ferie. Il primario trattava le donne come fossero a sua completa disposizione sessuale, senza rispetto per le funzioni professionali svolte. Durante le indagini, le forze dell’ordine hanno riscontrato un diffuso senso di omertà, che ha inizialmente impedito a molte vittime di denunciare. La paura di ritorsioni sul lavoro e nella vita privata era tangibile.

Testimonianze e clima di intimidazione all’interno del reparto

Le vittime hanno dovuto fare i conti con un clima ostile alla denuncia. Una seconda dottoressa, dopo essere stata convocata in questura, ha sporto denunzia ma ha poi deciso di ritirarla per paura di ripercussioni personali e professionali. Altre donne invece hanno confermato davanti agli investigatori di aver subito abusi, anche se probabilmente molti casi non sono stati ancora denunciati. La presenza delle telecamere ha consentito di ricostruire parte degli episodi, ma la polizia ritiene che il numero reale di vittime sia superiore.

La condizione lavorativa in un reparto ospedaliero, legato a gerarchie rigide e a un sistema sanitario spesso disattento alle denunce interne, ha favorito questa situazione. La direzione dell’Asl di Piacenza ha espresso solidarietà alle vittime e fiducia nel lavoro della magistratura, riconoscendo l’importanza di garantire il rispetto della persona e la tutela all’interno delle strutture sanitarie. Le delicate indagini proseguono per accertare la piena responsabilità del primario e smantellare questa rete di violenze.

Il caso parallelo del medico radiologo accusato di violenza sessuale di gruppo a milano

Un’altra vicenda simile è emersa in Lombardia, dove un medico radiologo in pensione, di 71 anni, è finito ai domiciliari per violenza sessuale di gruppo. L’uomo, spacciandosi per ginecologo, avrebbe abusato di ragazze attratte da un falso annuncio di lavoro per video promozionali di una clinica inesistente. Le violenze si consumavano durante finte visite mediche e venivano filmate da un complice di 42 anni, anch’egli agli arresti domiciliari.

Le indagini dei carabinieri e del pm Antonio Pansa hanno portato alla luce una rete di adescamento che dal 2016 avrebbe coinvolto almeno 135 ragazze. Le vittime erano convinte di partecipare a riprese pubblicitarie ma venivano invece costrette a scene pornografiche riprese a loro insaputa. L’ordinanza del gip di Milano parla di una condotta seriale e sistematica che si è protratta per anni, con modalità violente e manipolatorie.

Il ruolo della magistratura e delle forze dell’ordine nella tutela delle vittime

I provvedimenti restrittivi emessi dai giudici sono il frutto di un lavoro investigativo minuzioso, effettuato grazie all’ascolto delle testimonianze, alle intercettazioni e alla raccolta di prove video. Questi casi sottolineano la necessità di controlli rigorosi all’interno delle strutture sanitarie e di strumenti efficaci per proteggere chi subisce abusi senza timore di ritorsioni. Le indagini dimostrano anche come le vittime spesso vivano in un clima di paura che rallenta le denunce.

Le autorità coinvolte invitano chiunque abbia subito abusi a rivolgersi agli organi competenti per favorire il contrasto di tali reati. Nel contesto attuale, intervenire tempestivamente risulta fondamentale per evitare che situazioni di questo tipo si perpetuino a discapito della dignità delle persone. Le forze di polizia e la magistratura proseguiranno nei controlli per impedire che episodi simili si ripetano in futuro, nella sanità e non solo.