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Affitti brevi a milano e roma: i dati mostrano rendimenti più bassi rispetto ai contratti tradizionali

Il mercato degli affitti brevi a Milano e Roma mostra redditività netta inferiore rispetto ai contratti tradizionali, spingendo molti proprietari a tornare a formule più stabili e meno rischiose.

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L'articolo analizza la redditività degli affitti brevi a Milano e Roma, evidenziando come, nonostante tariffe giornaliere elevate, i guadagni netti siano spesso inferiori rispetto ai contratti a lungo termine, a causa di costi, normative e gestione più onerosi. - Unita.tv

Negli ultimi anni il mercato degli affitti brevi ha attirato molta attenzione, soprattutto nelle grandi città come Milano e Roma. Le tariffe giornaliere sembrano promettere guadagni sostanziosi, ma le cifre nette raccontano una storia più articolata. I numeri raccolti dall’ufficio studi SoloAffitti rivelano che, nonostante il boom apparente di questa formula, la redditività effettiva spesso non raggiunge i livelli dei contratti di medio-lungo termine, specie quelli a canone concordato.

La situazione degli affitti brevi a milano e roma: redditività sotto la lente

A Milano, dove l’affitto breve garantisce un incasso lordo medio annuo di circa 32.760 euro, la redditività netta si attesta al 2,7%. Questa percentuale risulta inferiore rispetto al 3,5% offerto da un contratto classico 3+2 a canone concordato. Il dato, seppur tecnico, racconta come i costi nascosti e le spese di gestione riducano il rendimento reale per il proprietario

La stessa tendenza emerge anche nella capitale, con un rapporto leggermente diverso. A Roma, l’affitto breve presenta una redditività netta del 3,3%, mentre quella del contratto 3+2 si aggira intorno al 3,8%. In termini monetari, con una tariffa media di circa 130 euro a notte e un tasso di occupazione del 70%, la rendita netta arriva a poco meno di 8.700 euro per una casa sfruttata con affitti brevi. Contrapposto a questo, un immobile con contratto 4+4 a canone mensile di 1.250 euro genera una rendita netta di circa 15.000 euro annui.

Questi numeri mostrano come il cosiddetto boom degli affitti brevi spesso finisca per tradursi in guadagni più limitati per chi mette a disposizione la propria casa con questa formula. Milano e Roma, pur mantenendo spazi di mercato interessanti, evidenziano un ritorno finanziario meno consistente rispetto a quanto si possa pensare a prima vista.

Costi e normative pesano sulla reale convenienza degli affitti brevi

Il confronto tra affitti brevi e lunghi non può prescindere dalla considerazione di spese e regolamenti. Se il prezzo al giorno di un affitto breve è mediamente più alto rispetto al canone mensile rateizzato, l’insieme delle spese di gestione, la pressione fiscale meno vantaggiosa e le restrizioni normative pesano non poco. Norme come il codice identificativo nazionale per le locazioni turistiche o i vincoli sul check-in da remoto sono esempi concreti di fattori che incidono sui costi e sul lavoro del proprietario.

Il sondaggio SoloAffitti su quasi 1.000 proprietari ha rilevato che il 38,5% di chi ha rinunciato all’affitto breve lo ha fatto proprio a causa di ricavi inferiori alle attese. L’esplosione delle restrizioni e gli oneri maggiori hanno spinto una parte consistente di chi si era lanciato in questo tipo di attività a tornare su forme contrattuali più tradizionali, meno soggette a imprevisti o spese aggiuntive.

Questa inversione di tendenza ha poi portato, per la prima volta dopo la pandemia, ad un arresto nella crescita del numero di immobili destinati agli affitti brevi nelle città maggiori. Il mercato mostra segnali di saturazione, e i proprietari cercano garanzie economiche più stabili e meno incognite.

Affitto breve o lungo: la scelta deve essere personale e basata su dati

Davanti a questi dati l’attenzione si sposta su una riflessione più pratica e personalizzata. La decisione tra affitto breve e lungo non può scattare da numeri generalizzati o mode del momento. Silvia Spronelli, presidente di SoloAffitti, sottolinea come la vera domanda sia alternativa: non si tratta di decidere quale formula renda di più in generale, ma quale si adatti meglio al caso specifico del proprietario.

Il proprietario di un immobile oggi si trova davanti a una realtà fatta di tassazione complessa, regolamenti restrittivi e oneri gestionali da valutare con cura. Per questo servono consulenze adeguate e strumenti analitici che scandaglino ogni aspetto, dalla gestione all’impatto fiscale, per permettere scelte sostenibili e basate su dati reali.

Chi mette a reddito un immobile deve guardare oltre gli incassi lordi e calcolare costi, rischi e prospettive a medio termine. La stabilità di un contratto tradizionale spesso risulta più appetibile per molti, mentre gli affitti brevi restano una buona opzione solo in casi specifici, dove si conoscono bene i limiti e si è in grado di gestire le complessità.