vendite al dettaglio in calo nel primo trimestre 2025 e fiducia famiglie in diminuzione secondo Confcommercio
Le vendite al dettaglio in Italia nel primo trimestre del 2025 mostrano un calo dell’1,1% in valore e del 2,3% in volume, evidenziando una domanda debole e un clima di fiducia negativo.

Nel primo trimestre 2025 le vendite al dettaglio in Italia sono calate per il calo della fiducia delle famiglie, il caro energia e l’incertezza internazionale, frenando la ripresa economica e la crescita dei consumi. - Unita.tv
Le vendite al dettaglio in Italia hanno segnato una flessione nel primo trimestre del 2025, con un calo sia in valore che in volume. Questo andamento riflette un contesto di domanda debole, che secondo l’ufficio studi di Confcommercio mette in evidenza le difficoltà che le famiglie incontrano nel sostenere i consumi. L’ulteriore calo dell’indice di fiducia delle famiglie rilevato dall’Istat ad aprile aggrava il quadro, riducendo le speranze di una ripresa stabile dei consumi.
Andamento delle vendite al dettaglio e ruolo delle festività
Nel dettaglio, le vendite al dettaglio nel primo trimestre 2025 hanno registrato un calo dell’1,1% in valore e del 2,3% in volume rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questi dati tengono conto anche della diversa collocazione di Pasqua, caduta a fine marzo nel 2024 e non più nel 2025, un fattore che distorce temporaneamente le comparazioni. Al netto di questo elemento, il risultato conferma un trend di domanda in contrazione.
Confcommercio sottolinea che il rallentamento delle vendite non è una novità e rappresenta il riflesso di un clima di incertezza che frena le spese delle famiglie. Gli ultimi mesi non hanno mosso la domanda al dettaglio, complici fattori economici e sociali che pesano sulla propensione a consumare. Lo scenario complessivo rimane fragile, nonostante alcuni segnali positivi sul mercato del lavoro e sulle disponibilità di reddito.
Fiducia dei consumatori e impatto sul mercato interno
I dati Istat di aprile evidenziano un’ulteriore diminuzione dell’indice di fiducia delle famiglie italiane. Questo indicatore misura le aspettative sulla situazione economica personale e generale, ed è da tempo considerato un termometro per le decisioni di acquisto. La perdita di fiducia alimenta un circolo vizioso: si allontana l’idea di fare investimenti o spese importanti, e questo indebolisce a sua volta le imprese e la crescita.
La situazione si riflette anche sul PIL, compromesso dalla domanda interna stagnante. Nel report di maggio “Congiuntura Confcommercio” si evidenzia che la ripresa economica italiana è rallentata dal fatto che le famiglie faticano a riprendere un corso di crescita nei consumi. Così, il mercato interno non riesce a fare da motore per rilanciare l’economia.
Fattori che frenano i consumi: caro energia e incertezza internazionale
Tra gli elementi che pesano sui bilanci delle famiglie spicca il caro energia. Le utenze energetiche assorbono una fetta importante delle risorse disponibili, costringendo molte persone a ridurre spese non essenziali. Anche le imprese subiscono il peso dei costi operativi elevati. Spesso trasferiscono questi incrementi sui prezzi finali, rendendo sempre più difficile per i consumatori acquistare beni e servizi.
Un’altra causa del clima negativo è il peggioramento delle aspettative economiche legate al contesto internazionale. I conflitti e le tensioni commerciali creano incertezze che si traducono in ritrosia negli acquisti. Nonostante il settore turistico italiano mantenga un certo dinamismo, grazie ai viaggiatori stranieri, questo non basta a compensare la frenata interna.
Prospettive dell’inflazione e conseguenze per i consumi
I timori relativi a un possibile aumento dell’inflazione restano al centro del dibattito economico. L’inflazione generale in Italia si mantiene su livelli contenuti, ma non mancano segnali di attenzione. Le tensioni sui prezzi dell’energia potrebbero riaccendere la pressione inflazionistica e intaccare ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie.
Secondo le stime più aggiornate, per il 2025 è previsto un aumento moderato dei prezzi, ma l’impatto reale dipenderà da molti fattori, tra cui l’evoluzione della crisi energetica e le politiche economiche messe in campo. La ripresa dei consumi potrebbe rimanere bloccata se l’inflazione rialzerà la testa, aggravando il quadro già fragile e rallentando la crescita interna.
Situazione del commercio tra stagnazione e necessità di interventi
Il commercio italiano attuale si trova in una fase di stagnazione. Non si osservano ritiri marcati, ma la crescita di consumi e vendite resta troppo debole per generare effetti positivi sull’economia. Per il 2025 gli operatori non prevedono miglioramenti significativi. Le imprese si trovano sotto pressione a causa del calo della domanda e degli alti costi di gestione.
Una maggiore attenzione a politiche mirate potrebbe però invertire la tendenza. Interventi volti a ridurre i costi energetici sarebbero determinanti per dare sollievo sia ai consumatori che alle aziende. Restituire fiducia alle famiglie aiuterebbe a ridurre la propensione al risparmio prudente e, di conseguenza, aumentare la spesa interna. Sarà importante anche agire a livello europeo, dove una collaborazione più stretta potrebbe sostenere un rilancio dei consumi in tutta la zona Euro.
Impatto della fiducia sulla ripresa dei settori più deboli
Un incremento della fiducia delle famiglie, combinato alla stabilità dell’occupazione, potrebbe aprire nuove opportunità per diversi settori in difficoltà. L’automotive, l’alimentare e i beni per la casa sono particolarmente sensibili al ritmo dei consumi, e finora non hanno beneficiato di un recupero significativo.
Un clima più favorevole spingerebbe i consumatori a spendere con meno timori, attivando un circuito positivo capace di sostenere l’economia nel breve e medio termine. La capacità di aumentare la spesa interna porterebbe sollievo alle imprese del commercio che oggi arrancano, accumulando effetti positivi su occupazione e produzione.
Il quadro resta complesso e condizionato da molti fattori, ma la centralità della domanda interna emerge chiaramente come elemento cruciale per la crescita italiana nel 2025.