Trump ordina lo sgombero degli studenti stranieri da harvard sostenendo accuse di antisemitismo diffuso nel campus
Negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump annuncia misure contro studenti stranieri in università come Harvard e Columbia, evocando il maccartismo e alimentando tensioni tra libertà accademica e antisemitismo.

L'articolo analizza il parallelo tra il maccartismo degli anni '50 e le recenti azioni dell'ex presidente Trump contro studenti stranieri a Harvard, evidenziando tensioni crescenti legate all'antisemitismo, alla politica israeliana e alla libertà accademica negli Stati Uniti e le ripercussioni del dibattito anche in Italia. - Unita.tv
Negli Stati Uniti torna a farsi sentire un clima che ricorda il maccartismo degli anni ’50. Questa volta, però, prende la forma di un ordine diretto dell’ex presidente Donald Trump, che punta a espellere da Harvard tutti gli studenti stranieri, accusandoli di diffondere antisemitismo. Il provvedimento arriva in un momento di particolare tensione, dopo l’uccisione di due diplomatici israeliani vicino alla Casa Bianca e un prolungato conflitto a Gaza. La situazione richiama scenari passati di accuse generalizzate e repressioni nelle università americane. Gli scenari e le motivazioni tra ieri e oggi presentano però differenze significative, anche per il contesto geopolitico e culturale.
Il richiamo al passato: il maccartismo e la caccia alle streghe nei campus americani
Nel dopoguerra, nel pieno della guerra fredda, gli Stati Uniti vissero un’ondata di sospetti e repressioni che prende il nome dal senatore repubblicano Joe McCarthy. L’obiettivo erano persone accusate di attività “non americane”, spesso comunisti o simpatizzanti dell’Urss. Questa “caccia alle streghe” colpì in modo estensivo gli ambienti accademici, con studenti giovani e professori visti come un pericolo per la sicurezza nazionale.
Le conseguenze per le minoranze
La diffusione di accuse vaghe e generalizzate coinvolse anche le minoranze, in particolare gli ebrei americani. L’episodio più tragico di quel periodo fu l’esecuzione dei coniugi Rosenberg, condannati per spionaggio a favore dell’Unione Sovietica. Molti altri, scienziati e artisti, finirono su liste nere che compromettevano le loro carriere, mentre università importanti escludevano intere categorie.
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Gli ebrei di allora erano visti come progressisti radicali, spesso immigrati dall’Europa. Allo stesso tempo, lo Stato di Israele faceva i primi passi tra spinte interne ed esterne, rappresentando un punto di riferimento per molti di quei gruppi.
Il nuovo maccartismo annunciato da trump: cosa cambia rispetto agli anni ’50
L’attuale clima avviato da Trump nel 2025 richiama certi aspetti di quel passato ma presenta differenze importanti. A scatenare la nuova ondata di tensioni c’è stato l’assassinio di due diplomatici israeliani, evento che ha fatto montare l’allarme politico e sociale negli States.
A differenza del passato, oggi la spinta principale alla repressione non deriva da una maggioranza politica democratica o progressista ma da una parte ricca e influente della comunità ebraica americana. Questa fazione appoggia Donald Trump e sostiene apertamente il governo di Netanyahu, le cui politiche nazionaliste e autoritarie in Israele hanno provocato scontri durissimi.
Le trasformazioni nell’orientamento politico
Il contesto è cambiato: mentre negli anni ’50 gli ebrei erano spesso protagonisti del mondo accademico e della società civile come progressisti, ora alcune élite ebraiche appoggiano politiche di destra, anche in tema di guerra e sicurezza.
Questa trasformazione rende la situazione più complessa e divisiva all’interno delle stesse comunità ebraiche e negli ambienti universitari.
Le università americane sotto pressione: harvard, columbia e la disputa sul pro-palestinese
Harvard e Columbia sono diventate le piazze principali di questa battaglia politica e culturale. Negli ultimi decenni queste università hanno visto scontri tra sostenitori di Israele e attivisti pro-palestinesi, causando tensioni crescenti.
Nel 2025 l’aria è ulteriormente peggiorata. La rettrice di Harvard, Pauline Gay, prima donna afroamericana a ricoprire quel ruolo, è stata costretta a lasciare la sua carica dopo pressioni esercitate da donatori importanti, molti di origine israelita. Nel frattempo altre rettrici in istituzioni come Columbia sono stati allontanati o minacciati perché giudicati troppo “morbidi” verso le manifestazioni pro-palestinesi.
Le accuse di antisemitismo sono spesso usate per giustificare provvedimenti drastici, facendo saltare qualsiasi distinzione tra critiche politiche legittime e veri atti d’odio. Questo approccio segue un modello simile a quello di interventi militari israeliani contro i manifestanti in Cisgiordania e Gaza.
L’atmosfera negli atenei è diventata tesa, con frequenti proteste, interventi della polizia e accuse di censura. La politica che vorrebbe fermare l’antisemitismo sembra alimentare nuove fratture nella società americana.
Gli interventi di trump contro l’antisemitismo e la guerra culturale nei campus americani
Già nel primo mandato, Trump aveva adottato misure per contrastare l’antisemitismo, anche con atti esecutivi. Dopo attentati contro comunità ebraiche aveva annunciato l’esclusione dei finanziamenti federali alle università che non avessero aderito a certi standard di lotta all’odio.
Oggi la sua linea diventa ancora più ferma, puntando direttamente a eliminare la presenza degli studenti stranieri, spesso indicati come veicolo di idee anti-israeliane. Si tratta di un atto che svela una strategia precisa: usare la battaglia contro l’antisemitismo come pretesto per reprimere forme di dissenso politico nei campus.
Contro questa politica si alza una parte della sinistra americana e dell’intellighenzia, compresa una parte della comunità ebraica liberal, che denuncia una nuova censura e una cultura politica repressiva.
Il dibattito sulle università diventa così uno scontro più ampio, che coinvolge ideali di libertà accademica, politica estera e tensioni interne alla comunità ebraica stessa.
Una frattura nei valori di libertà accademica
Le reazioni in italia e il confronto con il dibattito su antisemitismo e libertà di espressione
In Italia, alcune voci culturali hanno commentato questo clima di tensione sulla scia di riflessioni storiche, invitando a non sottovalutare i rischi di una nuova caccia alle streghe. Il giornalista Michele Serra, per esempio, ha sottolineato come alcuni richiami al “maccartismo moderno” siano usati a sproposito, mentre in effetti resta urgente combattere l’antisemitismo.
Il dibattito italiano si intreccia con le iniziative come la Commissione Segre, istituita per contrastare l’odio antiebraico, ma si scontra anche con proteste pro-palestinesi che mettono sotto esame i confini tra critica politica e razzismo.
Gli scontri negli Stati Uniti e le reazioni in Europa mostrano quanto la questione israeliana e la libertà di espressione nei campus siano diventate centrali nelle dispute pubbliche contemporanee. I risultati di queste tensioni si dispiegano tra leggi, decisioni universitarie e mobilitazioni sociali sempre più forti.