Home Trump, il green new deal e la guerra dei dazi con l’ue: i piani dietro le tensioni commerciali

Trump, il green new deal e la guerra dei dazi con l’ue: i piani dietro le tensioni commerciali

Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea si intensificano, influenzate da interessi politici ed economici legati alla crisi energetica, al green new deal e alla competizione con la Cina.

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L'articolo analizza le tensioni tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi, legate alla crisi energetica, al green new deal europeo e alla competizione con la Cina, con il ruolo mediatorio dell'Italia guidata da Giorgia Meloni. - Unita.tv

Le tensioni attorno ai dazi tra gli Stati Uniti e l’Unione europea non nascono dal nulla. Dietro si intrecciano interessi politici e economici, che riguardano in modo diretto la crisi energetica, la competizione con la Cina e il dibattito sulle politiche ambientali. Negli ultimi mesi, il pressing di Washington su Bruxelles non si limita a questioni commerciali ma si spinge fino al cuore del green new deal europeo, con ricadute che coinvolgono anche il governo italiano. Il nodo da sciogliere è la sostenibilità della transizione energetica e le sue implicazioni per l’economia occidentale, in un contesto internazionale sempre più complicato.

Il peso delle guerre e delle politiche ambientali sulla politica commerciale

Il periodo storico che attraversiamo appare segnato da connessioni strette tra conflitti militari, questioni commerciali e scelte ambientali. Le tensioni internazionali si ripercuotono sulle politiche dei dazi tra gli Stati Uniti e l’Unione europea e questo crea uno scenario complesso. Gli Stati Uniti dell’amministrazione Trump hanno fatto della guerra dei dazi uno strumento per cercare di riequilibrare la bilancia commerciale con l’UE, nonostante questo provochi tensioni anche dal lato americano, economico innanzitutto.

Dietro a questa strategia si nasconde la volontà di limitare il peso crescente delle norme ambientali europee, ritenute da Washington un ostacolo per le industrie americane e una possibile minaccia sul medio-lungo termine. In particolare quelle legate al green new deal dell’Unione, che pretende un cambio radicale nei sistemi di produzione, dall’energia all’agricoltura, e impone restrizioni sui pesticidi, emissioni e consumi energetici. Trump, sostenuto da una parte del mondo industriale e politico europeo — Italia in primis — mette pressione su Bruxelles tramite la minaccia di dazi per ottenere una revisione di questi obiettivi.

La posizione italiana e il ruolo di giorgia meloni nel dialogo tra washington e bruxelles

Il governo italiano si è posto come mediatore in questa delicata partita, cercando di facilitare un confronto diretto tra Washington e Bruxelles. A Bologna, Giorgia Meloni ha espresso senza giri di parole le sue riserve sul green new deal, considerato un’imposizione ideologica che rischia di danneggiare l’industria e le imprese europee. Il suo intervento all’assemblea di Confindustria cita i problemi reali causati da quella che chiama una “transizione energetica forzata”, che comporta costi elevati per l’energia e mette in difficoltà le aziende già provate da crisi e conflitti internazionali.

Meloni ha collegato questa critica a quella di una voce autorevole dell’industria italiana, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, che descrive il green new deal come un errore strategico, figlio di un approccio ideologico che trascura le ricadute sociali sull’occupazione e sulla economia reale. Si tratta di un richiamo a tornare su standard più realistici e tecnologicamente neutrali, per non compromettere la tenuta industriale europea e, secondo la premier, evitare di consegnare il dominio delle nuove tecnologie energetiche alla Cina.

La minaccia cinese e il rischio di dipendenza energetica dietro la transizione elettrica

Uno degli aspetti più discussi in queste settimane è proprio il ruolo della Cina nella transizione energetica europea. Il green new deal si affida infatti in larga misura a filiere industriali e tecnologiche su cui Pechino avrebbe un peso determinante. Batterie, pannelli solari, infrastrutture per l’energia pulita sono in gran parte prodotti o controllati dalla Cina. Sotto questo profilo, l’UE si esporrebbe a una dipendenza strategica che Washington vede come un rischio da scongiurare.

La pressione esercitata dalla Casa Bianca va letta quindi anche come un tentativo di evitare che l’Europa si leghi troppo a questo modello, per sostenere una posizione più autonoma e tutelare i propri interessi economici. In questo quadro, la strategia dei dazi diventa uno strumento per costringere Bruxelles ad abbandonare i vincoli più rigidi del green new deal, favorendo un compromesso che possa aprire spazi di crescita industriale meno vincolati e meno dipendenti dalle tecnologie cinesi.

Scenari futuri e possibili sviluppi

Gli scenari per i mesi a venire mostrano una partita ancora aperta, con il rischio concreto di un’escalation commerciale e politica tra gli attori principali. Ogni passo sarà osservato con attenzione da governi, imprese e cittadini, dato che da queste scelte dipende una fetta importante del futuro economico e ambientale europeo e globale.