Home Tensioni sui mercati globali tra debito insostenibile e sfide della politica economica nel 2025

Tensioni sui mercati globali tra debito insostenibile e sfide della politica economica nel 2025

La crisi economica globale si intensifica, con il Giappone in difficoltà e gli Stati Uniti che affrontano un debito crescente. Le politiche monetarie rischiano di non bastare per evitare turbolenze future.

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L'articolo analizza le crescenti tensioni economiche globali nel 2025, focalizzandosi sulla crisi del debito pubblico giapponese, l'aumento dei rendimenti obbligazionari statunitensi e le sfide per le politiche monetarie, evidenziando rischi finanziari e impatti sociali diffusi. - Unita.tv

La situazione economica mondiale, con al centro il caso giapponese e gli effetti del debito pubblico statunitense, continua a mostrare segnali di difficoltà. Tra rendimenti obbligazionari in forte rialzo e dichiarazioni preoccupanti dai principali leader, i mercati affrontano una fase delicata. Qui si ripercorrono gli sviluppi più recenti, analizzando le risposte delle istituzioni e le implicazioni per le economie di tutto il pianeta nel corso del 2025.

Precarietà del debito pubblico giapponese e dichiarazioni del primo ministro

Il primo ministro del Giappone ha definito la situazione finanziaria del paese “peggiore della Grecia”, un paragone drastico che conferma l’urgenza della crisi. Questa dichiarazione arriva a pochi mesi dalla nuova crisi sul mercato dei rendimenti giapponesi, che si somma a condizioni difficili causate da politiche di stimolo molto prolungate come il Quantitative easing e il controllo artificiale della curva dei rendimenti.

La preoccupazione principale riguarda la possibilità di uno smobilizzo improvviso del carry trade in valuta yen, fenomeno che nel passato ha creato pesanti turbolenze. Si tratta di un’uscita massiccia e repentina di capitali da posizioni prese con il differenziale dei tassi di interesse, che può generare repentini rialzi nei costi del finanziamento pubblico e privato. Il governo non ha possibilità di ridurre le tasse o stimolare la crescita attraverso nuovi deficit, per cui un eventuale scossone finanziario rischia di aggravare la situazione dell’economia nazionale, già fragile.

Il confronto con la crisi greca serve a sottolineare la gravità della situazione, non tanto come semplice paragone retorico ma come indicatore di un bilancio ormai molto compromesso, dove ogni manovra può risultare insufficiente se non controproducente. La mossa del premier è una sorta di ammissione pubblica del non ritorno in una visione di sostenibilità finanziaria, che si riflette anche nelle tensioni obbligazionarie viste recentemente sul mercato giapponese.

Aumenti dei rendimenti obbligazionari e pressione sul debito globale

I mercati dei titoli di Stato stanno vivendo una fase di forte pressione. Nella mattinata dell’ultimo giorno utile, i rendimenti dei titoli decennali di diversi paesi hanno subito aumenti rapidi e marcati. In particolare, il Treasury USA a 30 anni ha superato un livello di rendimento che non si vedeva da decenni, con oltre il 5%. Questo scalino verso l’alto riflette la crescente difficoltà di molte economie nel rifinanziare debiti enormi e crescenti.

Oltre agli Stati Uniti, anche l’Europa e altre aree si trovano a dover gestire un incremento generalizzato del costo del denaro. Ne deriva una forte pressione sui bilanci pubblici, che rischiano il collasso in caso di tassi persistenti a questi livelli. Ne è prova il fatto che molte banche centrali si stanno trovando in difficoltà a contenere questi rialzi, nonostante tentino di tagliare i tassi o si parlino di nuove forme di stimolo.

Non è casuale che Moody’s abbia ridotto il rating degli Stati Uniti. Mentre alcuni accusano l’agenzia di aver adottato posizioni politiche o temporanee, i dati indicano una sostanziale difficoltà a coprire il rollout di debito massiccio accumulato negli ultimi anni, dovuto agli alti deficit connessi alla spesa pubblica degli ultimi governi. Per ora, il mercato si aggrappa alle promesse di interventi espansivi temporanei da parte di Fed e Tesoro, ma sono evidenti i limiti di strategie simili, sia per la dimensione dei debiti sia per il rischio inflazione che esse comportano.

Trend dell’inflazione negli usa e impatto sui dazi e sul commercio internazionale

I dati sull’inflazione negli Stati Uniti indicano un rallentamento. Ad aprile il tasso annualizzato è sceso al 2,3%, il livello più basso dal 2021, con un aumento mensile contenuto dello 0,2%. Alcune categorie, come il prezzo delle uova, hanno subito un calo marcato rispetto allo scorso anno . Il core CPI è rimasto stabile al 2,6%, suggerendo una stabilità di fondo.

Nonostante questi segnali positivi sui prezzi, la situazione commerciale statunitense resta complessa. Le tensioni legate alla guerra dei dazi e ai rapporti con la Cina mantengono alta la tensione, riducendo qualsiasi effetto benefico immediato dal calo dell’inflazione. Questo mantiene alta l’incertezza sul futuro delle politiche commerciali e sul possibile impatto sui mercati valutari.

Sul versante delle banche centrali, la Reserve Bank of Australia si trova in un momento critico. È in discussione la possibilità di tagliare i tassi, scelta che a molti parrebbe controcorrente rispetto alle attese di una stretta monetaria per combattere l’inflazione. Questa eventualità potrebbe influenzare ulteriormente i mercati finanziari, eventualmente favorendo un effetto placebo temporaneo sul costo del denaro ma rischiando di accentuare le tensioni di lungo termine.

Spinta al roll-over del debito americano e possibili mosse della fed

Il 2025 si presenta come un anno decisivo per gli Stati Uniti, che devono rifinanziare circa 7 trilioni di dollari entro fine anno, 9 trilioni nei prossimi 12 mesi. Il costo crescente del debito pone rischi enormi: rifinanziare vecchi titoli a interessi moderati con nuovi a tassi molto più alti mette sotto pressione i conti pubblici e aumenta la probabilità di default tecnico.

Le autorità si stanno preparando a una nuova stagione di acquisti massicci di bond da parte della Fed, più imponente che nel passato. Questa scelta – definita da molti come “Santa Barbara espansionista” – mira a tenere i rendimenti sotto controllo almeno fino alla fine del 2025. In sostanza, si punta a far scendere il tasso dei titoli decennali e trentennali per evitare crisi finanziarie peggiori.

Questa strategia ha un limite temporale chiaro, una scadenza indefettibile entro cui la Fed vuole uscire da questo intervento diretto sui mercati. Molti trader e analisti muovono tutte le eventuali mosse dei mercati valutari e di credito in base a questo orizzonte. Un rallentamento o un’impennata dei tassi può scatenare pressioni di breve durata, ma conta solo il quadro complessivo fino al superamento del 2025.

Se questa fase arriverà, ci sarà una possibile tregua. Altrimenti, si rischia un aumento dei costi di finanziamento tale da trascinare l’economia globale in una fase di contrazione estesa. Per ora le turbolenze continuano, mentre i mercati mostrano una volatilità altalenante, soprattutto nel comparto tecnologico, protagonista di forti oscillazioni senza supporti robusti esterni.

Politica economica e impatti sociali delle scelte finanziarie

Il contesto economico riflette tensioni profonde non solo tra governi e mercati, ma anche nelle famiglie e nei settori in crisi. In Giappone, come nel resto del mondo, la pressione per ridurre le tasse o aumentare i sostegni sociali si scontra con vincoli di bilancio sempre più stretti. Non solo le risorse pubbliche sono limitate, ma la capacità dello Stato di aumentare il deficit senza pagare un prezzo elevato in termini di fiducia degli investitori sembra esaurita.

L’inflazione, che non è certo scomparsa, rischia di intaccare i redditi reali delle persone. Un recente aumento dei prezzi sui beni di largo consumo si traduce in minore potere d’acquisto. Il rischio è che la crescita economica rallenti ulteriormente, mentre la società deve fare i conti con un maggiore costo del credito e incertezza sul futuro.

Questi fattori alimentano un clima di tensione sociale più ampio, che potrebbe riflettersi nelle scelte politiche a breve termine. Le scelte di ridurre il debito, sostegni o tagliare le tasse, per esempio, non sono più gestibili attraverso misure convenzionali. Il mondo della finanza e della politica si trova davanti a un bivio che difficilmente potrà evitare nuove turbolenze negli anni a venire.