Tar del Lazio elimina l’obbligo di consegna chiavi in persona per affitti brevi, svolta nel turismo italiano
Il Tar del Lazio annulla la circolare del ministero dell’Interno, semplificando le procedure per gli affitti brevi in Italia e promuovendo l’uso di sistemi digitali per il check-in.

Il Tar del Lazio ha annullato la circolare del Ministero dell’Interno che obbligava la verifica "de visu" degli ospiti negli affitti brevi, permettendo nuovamente l'uso di sistemi digitali per il check-in e segnando un cambiamento verso una gestione più flessibile e moderna del turismo extraalberghiero in Italia. - Unita.tv
Le novità del Tar del Lazio aprono un nuovo capitolo per la gestione degli affitti brevi in Italia. Con l’annullamento della circolare del ministero dell’Interno che imponeva la verifica dell’identità ospiti “de visu” e la consegna delle chiavi di persona, si mette fine a restrizioni duramente contestate dai gestori. La decisione rispecchia le esigenze di un mercato in trasformazione e lascia spazio a modalità più flessibili nel ricevere turisti, segnando un cambio importante nelle regole di convivenza tra residenti e turismo nelle città italiane.
Il ricorso di fare e la sentenza del tar: cosa cambia per chi gestisce affitti brevi
La Federazione delle associazioni di ricettività extralberghiere ha promosso un ricorso contro la circolare emessa il 18 novembre 2024 dal ministero dell’Interno. Questo documento imponeva agli operatori del settore turistico di identificare gli ospiti delle strutture extralberghiere di persona, eliminando così il self check-in tramite chiavi elettroniche o pulsantiere . Il Tar del Lazio, esaminando il caso, ha accolto la richiesta di annullamento.
Il tribunale ha motivato la decisione sottolineando come l’obbligo di verifica “de visu” contrasti con la riforma del 2011, che aveva semplificato la registrazione degli ospiti e introdotto soluzioni più snelle per la comunicazione delle generalità alle autorità. La misura infatti non risulta pienamente giustificata da ragioni di sicurezza pubblica e appare inadeguata rispetto alle esigenze attuali del settore turistico. In poche parole, chiedere al gestore di consegnare le chiavi alle 6 del mattino o alle 11 di sera con il controllo diretto dell’ospite è una prassi anacronistica e fuori misura rispetto alla realtà contemporanea.
Leggi anche:
Sistemi digitali e automatizzati per il check-in
Questo pronunciamento consente di riprendere l’uso di sistemi digitali e automatizzati per il check-in, snellendo le procedure e riducendo il carico di lavoro per chi gestisce case vacanze e bed & breakfast. La sentenza sancisce un punto di svolta nella regolamentazione degli affitti brevi, inserendosi in un contesto dove la domanda turistica ricerca rapidità e flessibilità.
Il contesto dell’overtourism e le tensioni nei centri storici
La crescita continua degli affitti brevi ha modificato profondamente l’equilibrio di molte città italiane, specie nei centri storici. È noto come in molte località turistiche, aumenta il numero di immobili trasformati in alloggi temporanei a discapito delle abitazioni destinate a residenti stabili. Le attività commerciali tradizionali lasciano il posto a negozi rivolti esclusivamente ai turisti, con souvenir e prodotti spesso stereotipati e poco legati al tessuto locale.
Questa situazione ha alimentato tensioni sociali ed economiche, innescando discussioni sulle strategie da adottare per preservare il patrimonio abitativo delle città e favorire una convivenza equilibrata fra residenti e visitatori. Il provvedimento del Viminale, nel 2024, era nato anche per affrontare queste criticità, con l’intento di controllare meglio la diffusione degli affitti brevi e scoraggiare fenomeni di abusivismo o concorrenza irregolare a danno delle strutture tradizionali.
L’obbligo di verifica in presenza voleva rappresentare un segnale di maggiore controllo e sicurezza, soprattutto contro l’occupazione anonima e incontrollata degli immobili. Ma, nella pratica, tale imposizione travolgeva anche i piccoli proprietari, spesso impegnati a mettere a disposizione la propria casa per arrotondare, mentre favoriva realtà più grandi e organizzate che già operano su larga scala, con regime fiscale e normativo più favorevole.
La disputa fra piccole realtà e grandi gestori nel mercato degli affitti brevi
La circolare del ministero ha accentuato lo scontro tra gestori di differenti dimensioni. Le grandi imprese dell’hospitality extralberghiera, che dispongono di decine di appartamenti e strutture, hanno trovato limitazioni meno ostiche rispetto ai singoli proprietari privati. Questi ultimi spesso si appoggiano ai sistemi di self check-in proprio per gestire con più libertà e meno costi la locazione degli spazi.
La keybox, un dispositivo elettronico che permette agli ospiti di prelevare autonomamente le chiavi senza dover incontrare il gestore, è diventata centrale in questo dibattito. Limitare o vietare il suo uso significa imporre ai proprietari vincoli orari e di presenza difficilmente conciliabili con i tempi del turismo odierno, dove l’arrivo e la partenza sono spesso fuori dagli orari tradizionali.
Questa situazione alimenta richieste di regole più chiare e differenziate, volte a garantire un equilibrio fra esigenze di sicurezza e necessità di gestione flessibile, soprattutto per chi opera su piccola scala. La questione non è solo tecnica o burocratica ma coinvolge aspetti economici rilevanti per il sostentamento di tanti piccoli operatori.
Keybox e il self check-in
Il dibattito attorno alla keybox riflette le differenti esigenze tra chi opera su larga scala e chi invece si affida a soluzioni tecnologiche per gestire il proprio immobile in modo autonomo.
Le preoccupazioni degli albergatori e il nodo della sicurezza
Anche le associazioni degli albergatori hanno espresso opinioni su questa vicenda. L’Unione degli albergatori dell’Alto Adige ha sottolineato i rischi legati a un possibile ritorno di forme di accesso anonimo agli alloggi. Senza il controllo diretto sull’identità degli ospiti, denunciano, aumenterebbe il pericolo di occupazioni irregolari o uso non autorizzato degli spazi, con conseguenze dirette sulla sicurezza.
Al contrario, gli affitti brevi si trovano ancora in una zona grigia per quanto riguarda gli obblighi normativi, risultando meno soggetti ai vincoli stringenti che devono osservare le strutture alberghiere. Questo crea una disparità percepita e criticata dalle realtà tradizionali, che si trovano a dover garantire controlli e responsabilità più rigidi.
La decisione del Tar segna quindi un punto di rottura rispetto alle imposizioni ministeriali ma alza anche un punto interrogativo sulle modalità con cui conciliare flessibilità e sicurezza in un contesto turistico che registra numeri in crescita e domanda di esperienze più autonome e personalizzate.
Verso una normativa più equilibrata per il turismo extraalberghiero
La sentenza del Tar evidenzia la necessità di una regolamentazione più precisa e organica per il turismo extraalberghiero. Non basta un intervento come la circolare ministeriale per rispondere a un settore che è cambiato in modo significativo dagli anni precedenti.
Serve una legge specifica, capace di contemperare la tutela della sicurezza pubblica con il diritto degli operatori a gestire le proprie strutture in modo adeguato alle nuove esigenze di mercato. Le regole devono tenere conto della molteplicità delle realtà coinvolte, dai privati ai grandi gestori, e deve prevedere controlli efficaci senza eccessivi impedimenti burocratici.
Le associazioni degli operatori chiedono quindi un confronto serio e costruttivo, volto a rimuovere restrizioni obsolete e a introdurre misure che non limitino la crescita del settore turistico italiano, oggi in competizione con altre destinazioni internazionali. Si muove in questa direzione anche la volontà di mantenere alto il livello di sicurezza, garantendo però strumenti più agili e moderni per l’accoglienza.