Starmer promette riduzione dei flussi migratori ma evita tetto numerico nel regno unito

Keir Starmer propone misure restrittive per limitare la migrazione nel Regno Unito, senza fissare un tetto numerico, suscitando critiche e preoccupazioni legali riguardo all’articolo 8 della CEDU.
Il primo ministro britannico Keir Starmer ha presentato un piano per ridurre significativamente l’immigrazione, con requisiti più severi per la cittadinanza e i lavoratori qualificati, e modifiche all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, suscitando dibattiti e possibili tensioni legali internazionali. - Unita.tv

Il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato un piano per limitare i flussi migratori verso il regno unito, proponendo una serie di misure restrittive senza però indicare un tetto annuo preciso. La scelta di evitare un numero fisso si basa sul fallimento delle strategie adottate dai governi precedenti. La proposta include una stretta sui requisiti per ottenere la cittadinanza e nuove regole per l’ingresso di lavoratori qualificati, oltre a un cambiamento sul ruolo della giustizia nell’approvazione delle espulsioni. Il dibattito è già acceso, con accuse di ambiguità e timori sulle conseguenze legali internazionali.

La promessa di starmer su una riduzione “significativa” della migrazione

Keir Starmer ha dichiarato di voler ridurre “significativamente” il numero di migranti che entrano ogni anno nel regno unito, definendo però poco sensato fissare un limite numerico. L’esperienza dei governi passati, secondo lui, ha mostrato che i tetti prefissati sono risultati inefficaci e spesso disattesi. Invece di concentrarsi su cifre, starmer intende rafforzare i requisiti per ottenere la cittadinanza britannica, estendendo da cinque a dieci anni il tempo necessario per la naturalizzazione. Ha inoltre annunciato requisiti linguistici più severi per chi vuole stabilirsi nel paese.

Obiettivi e criteri più rigidi

L’obiettivo dichiarato è abbassare la migrazione netta a livelli più bassi di quelli attuali, ma senza una cifra precisa rischia di apparire un’impegno vago. Il leader laburista ha sottolineato che sarà il governo a monitorare e comunicare i progressi nel ridurre i flussi, basandosi su parametri più flessibili e gestibili rispetto ai tetti rigidi. Tra le novità c’è anche la proposta di introdurre un obbligo di laurea per entrare come lavoratori qualificati nel campo dell’immigrazione economica, escludendo chi non possiede un titolo universitario o equivalente.

Tuttavia l’opposizione conservatrice ha preso la mossa come segno di debolezza politica, definendola “ambigua” e incapace di contrastare efficacemente l’immigrazione clandestina. La presa di posizione arriva in un momento di pressioni crescenti sull’esecutivo, soprattutto dopo l’aumento degli sbarchi via canale della manica.

Modifiche all’articolo 8 della cedu e conflitti giuridici

Una delle misure cardine del piano di starmer riguarda la limitazione dell’applicazione dell’articolo 8 della convenzione europea dei diritti umani . Questo articolo tutela il diritto alla vita familiare e viene spesso invocato per bloccare le espulsioni di migranti. Il governo britannico vuole ridurre il peso giuridico di questa norma, lasciando al parlamento la decisione definitiva sulle deportazioni.

Il cambiamento mira a evitare che i tribunali blocchino l’espulsione di persone ritenute pericolose o non idonee a rimanere, invocando motivi familiari. Il governo sostiene che questo rafforzerà la capacità di controllare i confini e ridurre i flussi irregolari. Tuttavia la modifica rischia di entrare in contrasto con gli impegni internazionali del regno unito, che dopo la brexit è comunque vincolato alla cedu.

Rischi legali

Secondo esperti legali, la limitazione all’articolo 8 potrebbe scatenare cause davanti alla corte europea dei diritti umani, con il rischio concreto di condanne. D’altro canto, il governo non può facilmente togliere l’efficacia dell’articolo senza denunciare formalmente la convenzione, cosa che non è stata nemmeno ipotizzata finora. La proposta quindi si trova a un bivio tra esigenze interne di controllo migratorio e obblighi assunti sul piano internazionale.

La pressione politica e il dibattito interno sul controllo dei flussi

La promessa di starmer è arrivata dopo anni di critiche alla gestione dell’immigrazione nel regno unito, soprattutto sui numeri sempre più alti di sbarchi irregolari dal continente europeo. L’ex ministra degli interni Suella Braverman ha bollato le misure come “retorica vuota” senza un programma concreto per arginare il fenomeno. I partiti di destra, da Nigel Farage in poi, contestano la strategia di starmer, chiedendo una linea più dura e un’uscita totale dalla cedu per rendere più semplici le espulsioni.

L’annuncio di una durata prolungata per la naturalizzazione e di controlli più severi riflette la volontà del governo di dimostrare una fermezza che però deve ancora tradursi in risultati tangibili. La mancanza di un tetto preciso sull’immigrazione appare come un punto debole dove i critici pensano si nascondano esitazioni o timori di risposta sociale e politica.

Tensioni e controversie nel regno unito

Questa tensione interna mostra come la gestione dell’immigrazione resti uno dei temi più spinosi e divisivi nel regno unito, con l’opinione pubblica, i tribunali e la politica europea sempre coinvolti nelle evoluzioni della normativa.

Il ruolo della corte europea dei diritti umani e i rischi legali della riforma

Il regno unito ha ratificato la convenzione europea dei diritti umani nel 1953 e, nonostante la brexit, continua ad applicarne le norme. La corte di Strasburgo ha spesso tutelato i diritti di migranti opponendosi a espulsioni giudicate incompatibili con l’articolo 8. Il piano di starmer impone un nuovo equilibrio tra poteri giudiziari e legislativi, con la pretesa di dare al parlamento un ruolo più deciso sulle pratiche migratorie.

Gli esperti legali mettono in guardia sui possibili contraccolpi. La riduzione dell’efficacia dell’articolo 8 potrebbe comportare numerosi ricorsi europei, con conseguenti verdetti di violazione dei diritti umani e obbligo per il regno unito di modificare o revocare le nuove norme.

Tensioni politiche

Anche sul piano politico, la tensione con la corte europea rischia di peggiorare i rapporti con altri stati e organismi internazionali, complicando i negoziati su altri temi. Starmer ha ammesso che il sistema attuale presenta falle, ma lanciare una riforma così incisiva senza un piano chiaro per affrontare le conseguenze giuridiche può provocare effetti imprevedibili. La questione rimane aperta, mentre il governo cerca un bilanciamento delicato tra controllo rigido e rispetto dei diritti riconosciuti a livello internazionale.