Home Sindaci pd e commissione europea alleati contro la crisi abitativa puntando su controllo degli affitti e redistribuzione immobiliare

Sindaci pd e commissione europea alleati contro la crisi abitativa puntando su controllo degli affitti e redistribuzione immobiliare

I sindaci del Partito Democratico, tra cui Roberto Gualtieri, Giuseppe Sala e Matteo Lepore, cercano supporto dalla Commissione europea per affrontare l’emergenza abitativa e regolamentare gli affitti brevi.

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I sindaci Pd di Roma, Milano e Bologna chiedono alla Commissione europea interventi per regolare gli affitti brevi e promuovere case sociali, ma senza aumenti salariali, suscitando dibattiti su proprietà privata, politiche fiscali e impatti sociali della crisi abitativa. - Unita.tv

La crescente emergenza abitativa nelle grandi città italiane ha spinto sindaci del Partito Democratico come Roberto Gualtieri a Roma, Giuseppe Sala a Milano e Matteo Lepore a Bologna, a cercare sostegno nella Commissione europea. L’obiettivo dichiarato è affrontare il problema della scarsità di alloggi disponibili regolamentando gli affitti brevi e intervenendo sul patrimonio immobiliare. La strategia privilegia queste misure rispetto a interventi diretti per migliorare i redditi, aprendo dibattiti sul ruolo dello Stato e del mercato nel settore abitativo.

La posizione dei sindaci pd sulla crisi degli alloggi e il ruolo degli affitti brevi

Nei recenti incontri europei dedicati all’emergenza abitativa, Roberto Gualtieri ha posto l’accento su un problema che coinvolge molti centri urbani: gli affitti turistici sottraggono spazi all’edilizia residenziale tradizionale, limitando l’accesso a case a prezzi sostenibili. Gualtieri ha sottolineato che in realtà solo una piccola parte – circa il 5% – del patrimonio immobiliare italiano viene destinato all’edilizia popolare, una percentuale molto bassa se confrontata con città come Vienna, dove arriva al 40%. Per questo i sindaci Pd puntano a una regolamentazione più stringente delle locazioni brevi e all’incentivazione di forme di abitazioni sociali o a prezzi calmierati.

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha adottato una linea simile, ma con differenze nel metodo. A Milano sono state organizzate manifestazioni simboliche, come quella delle tende universitarie, per denunciare la mancanza di case a prezzi accessibili per studenti e giovani. Tuttavia, questa scelta non ha ancora coinciso con politiche concrete sul fronte edilizio, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione di residenze studentesche e il potenziamento dei trasporti nelle periferie. La crisi degli alloggi riguarda anche categorie vulnerabili che rischiano di essere escluse dal mercato, mentre le locazioni turistiche continuano a condizionare l’offerta.

Il sostegno della commissione europea e le linee guida per le case sociali

La Commissione europea, tramite il commissario Dan Jorgensen, ha affermato che il problema abitativo tocca anche molti lavoratori essenziali, dai quali parte la richiesta di case dignitose a costi abbordabili. Jorgensen ha confermato la necessità di intervenire sul mercato immobiliare con misure che non passano per l’aumento dei salari, ma mirano invece a controllare e redistribuire il patrimonio immobiliare esistente. La vicepresidente della commissione, Teresa Ribera, ha inoltre proposto nuove normative per regolare i rapporti tra le piattaforme digitali che gestiscono affitti brevi e i proprietari più piccoli, in modo da limitare gli effetti speculativi su scala locale.

L’Unione europea ha sviluppato strumenti specifici, come i piani per case green e normative per l’housing sociale, che promuovono abitazioni sostenibili in termini ambientali ma anche accessibili sul piano economico, sebbene spesso comportino costi elevati per adeguare gli immobili. Questi interventi sono visti come una strada obbligata per garantire che alloggi di qualità siano disponibili per le fasce di popolazione più fragili, anche se sollevano critiche sulle potenziali conseguenze nel mercato immobiliare privato.

Le critiche sull’agenda politica del pd e i rischi per la proprietà privata

Dietro le mosse del Partito Democratico si intravvede una strategia che prevede un controllo più stretto della casa come bene comune, operando soprattutto sulla tassazione e sulla redistribuzione degli immobili. Alcuni osservatori ritengono che questa linea possa indebolire progressivamente il diritto alla proprietà privata, tramite l’introduzione di imposte sempre più gravose, svalutazione di immobili non conformi agli standard energetici europei e facilitazioni per l’ingresso di investitori esteri speculativi nel settore.

Il dibattito si infiamma quando i piccoli proprietari vengono rappresentati come una categoria privilegiata da colpire fiscalmente, mentre le misure concrete per riequilibrare i redditi restano assenti. Circa il 70% degli italiani vive in case di proprietà, spesso costruite con sacrifici durati decenni. In questo contesto, si fanno più evidenti le tensioni tra chi vuole difendere la proprietà privata e chi sostiene un intervento forte dello Stato nel mercato immobiliare. Le politiche di adeguamento agli standard europei per l’efficienza energetica, obbligatorie e onerose, rischiano di far perdere valore a molti immobili, aprendo la strada a grandi fondi che acquistano a prezzi bassi, modificando di fatto la proprietà pubblica e privata dei quartieri.

Il silenzio sulle politiche salariali e le conseguenze sociali della crisi abitativa

Nonostante il commissario europeo e diversi amministratori comunali riconoscano che molte categorie professionali centrali – come insegnanti, infermieri e agenti – faticano ad accedere a una casa dignitosa, le proposte non contemplano incrementi salariali o interventi per migliorare la condizione economica di queste persone. L’attenzione resta focalizzata sul controllo del patrimonio immobiliare, su misure fiscali e regolamentazioni, senza affrontare alla radice uno dei problemi principali: il reddito insufficiente per far fronte ai costi abitativi in crescita.

Economisti e analisti sociali lamentano una strategia che potrebbe penalizzare ulteriormente chi già vive in difficoltà, evitando politiche per il lavoro più stabile e remunerativo. A questo si aggiunge il rischio che il diritto all’abitazione diventi una concessione amministrativa, soggetta a condizionamenti tecnocratici e burocratici, con un impatto negativo sulla tenuta della democrazia e sul benessere delle famiglie italiane. La gestione della crisi abitativa segue così vie che privilegiano interventi strutturati dall’alto, senza mettere mano ai nodi sociali ed economici più urgenti.