La situazione previdenziale in Italia si presenta con alcune criticità evidenti, soprattutto analizzando i dati Istat riferiti al 2023. Questo quadro si presta a un confronto interessante con le medie europee, mettendo in luce differenze legate all’età, al genere e alle modalità di accesso alla pensione. Questi elementi risultano fondamentali per comprendere le dinamiche attuali del sistema pensionistico italiano e le sfide in vista della riforma pensioni 2026.
La distribuzione dei pensionati tra i 50 e i 74 anni in italia
Secondo le rilevazioni Istat, il 32,1% degli italiani nella fascia di età compresa tra 50 e 74 anni percepisce almeno una pensione. Il dato mostra una distribuzione variegata in base all’età dei beneficiari. Il 37,1% dei pensionati si trova nel gruppo 65-69 anni e il 43,4% ha almeno 70 anni. Questo indica che la maggior parte delle pensioni viene erogata a persone in età avanzata, confermando una tendenza consolidata nel nostro Paese.
Da sottolineare che la percentuale italiana dei pensionati in queste fasce d’età risulta inferiore rispetto alla media europea, che si attesta al 40,5%. Questo scarto suggerisce che in Italia un numero più basso di persone nella stessa fascia anagrafica riceve una rendita pensionistica, segnalando alcune difficoltà strutturali legate all’accesso o alla durata del lavoro.
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Il gap di genere nelle pensioni in italia e il confronto con l’europa
I dati Istat mettono in evidenza un forte divario di genere che nel nostro Paese appare più marcato rispetto al resto d’Europa. Solo il 28% delle donne tra i 50 e i 74 anni ha una pensione, mentre nella media europea questa quota sale al 40,7%. Gli uomini italiani pensionati in questa fascia di età sono il 36,5%, contro il 40,4% della media europea, un divario più contenuto ma pur sempre significativo.
Il nodo del gender gap si riflette anche nel reddito: il 75,7% delle persone, tra 50 e 74 anni, che non percepisce né pensione né reddito è donna. Questo dato indica una debolezza economica per molte donne in età matura, che si traduce in una precarietà economica elevata nella fase successiva all’età lavorativa.
Le cause del gap di genere e gli effetti sulla popolazione anziana
Nel gruppo 65-74 anni, il 26,8% delle donne non ha né reddito né pensione, contro il 5,7% degli uomini. La disparità nasce da fattori legati alla carriera lavorativa femminile spesso caratterizzata da interruzioni o da lavori non continuativi. Un’ulteriore quota di pensioni femminili, pari al 12,1%, deriva da trattamenti erogati non in seguito a un’attività lavorativa personale, ma da reversibilità sui pensionamenti dei coniugi deceduti.
Questi dati confermano che molte donne anziane dipendono ancora dalla pensione di un partner o da altri mezzi indiretti per garantire un sostegno economico, evidenziando una fragilità significativa in una fascia di età che dovrebbe essere più stabile finanziariamente.
L’età media di accesso alla pensione in italia confrontata con l’europa
Il rapporto segnala anche che l’età media per la prima pensione di vecchiaia in Italia è di 61,4 anni. Questo valore risulta praticamente allineato con la media europea, che si attesta a 61,3 anni. L’allineamento su questo punto indica una sostanziale omogeneità nei criteri di accesso alla pensione in termini anagrafici, nonostante le differenze nella distribuzione percentuale di pensionati.
Questa informazione è rilevante per chi segue la riforma pensioni 2026, soprattutto perché indica che le modifiche future dovranno tener conto non solo dell’età ma anche delle condizioni di lavoro e delle disparità di genere, elementi che attualmente pesano sulla composizione dei pensionati in Italia.
L’analisi dei dati Istat si conferma dunque un punto di partenza fondamentale per valutare le sfide poste alla previdenza nel nostro Paese. L’accento sul gap tra uomini e donne, ma anche sulla differenza rispetto ad altri Paesi europei, rimane centrale nelle discussioni che condurranno alle prossime modifiche normative sul sistema pensionistico.