Omicidio a Milano dopo evasione da Bollate: morto autore dopo inseguimento al Duomo
Emanuele De Maria, fuggito dal carcere di Bollate, ha ucciso la collega Arachchilage Dona Chamila Wijesuriya e si è suicidato al Duomo di Milano. Indagini in corso sulla dinamica e responsabilità.

Emanuele De Maria, evaso durante un permesso premio dal carcere di Bollate, ha ucciso la collega e presunta compagna Chamila Wijesuriya, ferito un altro lavoratore e si è suicidato lanciandosi dal Duomo di Milano. - Unita.tv
Il caso di Emanuele De Maria, fuggito dal carcere di Bollate durante un permesso premio, ha scosso Milano. De Maria ha ucciso Arachchilage Dona Chamila Wijesuriya, sua collega e presunta compagna, e ha ferito un altro lavoratore. La vicenda si è conclusa con il suicidio dello stesso De Maria dal Duomo di Milano. Le indagini sul movente e sulla dinamica continuano, mentre emergono dettagli sulle vite delle persone coinvolte.
La fuga e il tragico epilogo al duomo di milano
Lo scorso venerdì, Emanuele De Maria ha lasciato il carcere di Bollate usufruendo di un permesso premio concesso per motivi lavorativi. Poco dopo la sua evasione, ha aggredito la collega e donna di 50 anni, Arachchilage Dona Chamila Wijesuriya, uccidendola, e ha gravemente ferito un altro collega, Hani Fouad Abdelghaffar Nasr. Fortunatamente, quest’ultimo è riuscito a sopravvivere ed è ora in via di guarigione.
La fuga dell’uomo si è conclusa alcune ore più tardi, durante una caccia all’uomo iniziata subito dopo i fatti. A Milano, davanti a una folla di testimoni e forze dell’ordine, De Maria si è lanciato dal Duomo, perdendo la vita al contatto col suolo. L’episodio ha colpito profondamente la città per la violenza e la rapidità con cui è avvenuto. Si stanno valutando le responsabilità relative alla concessione del permesso premio e le misure di sicurezza attivate.
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La relazione clandestina tra de maria e chamila wijesuriya
Tra gli elementi al centro delle indagini spicca il legame sentimentale tra De Maria e Chamila Wijesuriya. La relazione era segreta e complicata: entrambi risultano sposati, lei con una famiglia nel milanese, lui con moglie e figlia nei Paesi Bassi. Il giorno dell’accaduto, i due sono stati visti insieme nel Parco Nord di Milano, poco prima del ritrovamento del corpo della donna.
La procura sta approfondendo come questo legame abbia influito sugli eventi. Le circostanze che hanno portato all’omicidio e all’aggressione dell’altro collega restano poco chiare. Le testimonianze raccolte indicano che i rapporti tra loro erano intensi e riservati, forse causa di tensioni all’interno del piccolo ambiente lavorativo dove operavano.
I ricordi del marito di chamila wijesuriya e gli allarmi ignorati
Il marito di Chamila Wijesuriya si è espresso durante una breve intervista a Mattino 4. Racconta di aver avvertito subito la moglie non appena seppe che un detenuto in semilibertà sarebbe entrato nel luogo di lavoro. De Maria aveva già una condanna per omicidio volontario. Da quel momento chiese a Chamila di prestare attenzione a ogni segnale di pericolo.
Ha descritto la moglie come una donna dedita alla famiglia, che aveva condiviso con lui venti anni di vita serena, soprattutto dopo la nascita del loro figlio. Alla luce di questi fatti, ha detto che “la relazione tra Chamila e De Maria gli interessa poco ora che lei non c’è più,” ma ha sollevato dubbi e richieste di maggior cautela nella concessione di permessi premio a detenuti per reati gravi.
Da tempo non sospettava che sua moglie potesse avere un’altra relazione, e ha espresso risentimento verso chi, a suo giudizio, “non ha vigilato con sufficiente attenzione.” Vuole che la tragedia di questa famiglia serva da monito per cambiare procedure e prevenire eventi simili in futuro.
La ricostruzione dei giorni precedenti e la gestione della sicurezza
La ricostruzione degli ultimi giorni della vittima e di De Maria è ancora al centro del lavoro degli inquirenti milanesi. Non è chiaro il motivo esatto che ha spinto De Maria alla fuga e al gesto estremo, ma si conferma che l’uomo era in regime di semilibertà soprattutto per motivi lavorativi, concessa dalla magistratura e da istituzioni carcerarie.
La dinamica dell’aggressione, la presenza di testimoni e i movimenti nei luoghi pubblici come il Parco Nord e il Duomo indicano un’escalation drammatica. L’episodio ha riaperto il dibattito sulla gestione della sicurezza nelle carceri e sulla responsabilità di monitorare detenuti con precedenti di violenza durante permessi temporanei.
Gli approfondimenti giudiziari faranno luce sulle decisioni prese, mentre la città si domanda come prevenire simili tragedie. Interrogativi restano anche su come il carcere di Bollate abbia concesso il permesso e quali controlli siano stati adottati durante la giornata di lavoro di De Maria. La vicenda si inserisce in una serie di episodi che pongono l’attenzione sulla sicurezza pubblica e sulle sfide di reinserimento sociale di persone con precedenti penali.