Home nuove indagini sulla strage di Capaci: dna di tre persone sui reperti al vaglio della procura di Caltanissetta

nuove indagini sulla strage di Capaci: dna di tre persone sui reperti al vaglio della procura di Caltanissetta

A trentatré anni dalla strage di Capaci, la procura di Caltanissetta analizza nuovi reperti con dna non identificato per scoprire complici e chiarire i misteri legati all’attentato.

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La procura di Caltanissetta sta analizzando nuovi profili di DNA trovati su reperti vicino al luogo della strage di Capaci del 1992, per identificare eventuali complici ancora sconosciuti nell’attentato che uccise il giudice Falcone e altre vittime. - Unita.tv

La strage di Capaci del 23 maggio 1992, che costò la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e ai tre agenti della scorta, resta uno dei capitoli più drammatici della storia italiana recente. A trentatré anni di distanza, le indagini proseguono con accertamenti su alcuni reperti trovati vicino al luogo dell’attentato. In particolare, la procura di Caltanissetta sta esaminando il dna isolato su tre oggetti rinvenuti nell’area del cratere. L’obiettivo è cercare nuovi elementi utili a identificare complici ancora sconosciuti coinvolti nell’attentato.

I reperti ritrovati vicino al cratere e la rilevazione del dna

Gli investigatori hanno recuperato un paio di guanti in lattice, una torcia e un tubetto di mastice nei pressi del cratere provocato dall’esplosione lungo l’autostrada A29, poco distante da Capaci. Questi oggetti sono stati custoditi con cura presso la Procura di Caltanissetta e ora sono sotto esame per approfondire rilievi biologici. Il personale tecnico ha isolato profili di Dna appartenenti a tre persone: due uomini e una donna. Questi materiali diventano così un tassello importante per le nuove indagini, perché il dna trovato non corrisponde a nessuno dei soggetti finora noti e indagati per la strage.

L’attenzione si concentra sull’identificazione delle persone legate agli oggetti, per risalire a ruoli attivi nella progettazione o nell’esecuzione dell’attentato, oggi ancora senza una piena definizione. Gli esperti biologici scannerizzano le tracce genetiche con tecniche più avanzate rispetto al passato, con l’intento di confrontare i dati emersi con banche dati e profili già noti alle forze dell’ordine. Il ritrovamento di materiale così diretto rappresenta una novità per gli inquirenti, che guardano a questi reperti come potenziali chiavi per risolvere i punti ancora oscuri della strage.

Le parole del procuratore salvatore de luca

Salvatore De Luca, procuratore di Caltanissetta, ha confermato che i lavori nelle indagini sulla strage di Capaci proseguono senza soluzione di continuità. In un’intervista rilasciata a Tgr Sicilia, De Luca ha dichiarato che “tutti i filoni di inchiesta sono al momento aperti”. È un punto cruciale, perché sottolinea che non esistono singoli percorsi privilegiati o chiusi, ma un lavoro ancora molto ampio su più fronti. L’obiettivo rimane quello di identificare ogni possibile responsabile, soprattutto alla luce dei nuovi dna isolati sui reperti rinvenuti.

De Luca ha precisato che i profili genetici estratti non corrispondono a soggetti già indagati o archiviati, quindi gli investigatori scavano in nuove direzioni esplorando piste ancora non battute. L’indagine va avanti anche considerando i cosiddetti “misteri” legati alle stragi di Capaci e via d’Amelio. I filoni coinvolgono varie ipotesi e contatti, ancora da verificare nei dettagli. L’attenzione si concentra anche su ogni possibile elemento rimasto nascosto nelle indagini precedenti, per scoprire collegamenti o complicità finora inattesi.

Il contesto storico e le menti dietro la strage di capaci

Giovanni Falcone e Francesca Morvillo erano due magistrati uniti dalla passione per la lotta alla mafia e dalla volontà di cambiare un sistema segnato da violenze e complicità. La strage di Capaci rappresenta un momento tragico in cui quella lotta è stata interrotta con un attacco feroce e organizzato. Il giudice Falcone, insieme alla moglie e agli uomini della scorta – Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro – perse la vita sotto un’esplosione massiccia che segnò un punto di non ritorno nella storia d’Italia.

La dinamica dell’attentato è stata ampiamente studiata, ma i mandanti esatti e le loro connessioni restano ancora oggi argomenti di indagine e dibattito. Diverse inchieste e processi hanno cercato di ricostruire le responsabilità, trovando alcune conferme ma senza colmare del tutto il vuoto sulle alleanze nascoste, sugli ordini superiori e sulle complicità interne. In questo quadro resta fondamentale il lavoro della Procura di Caltanissetta, centro nevralgico delle indagini, dove proseguono le verifiche non solo sulle responsabilità dirette, ma anche sugli eventuali complici rimasti nell’ombra.

Nuovi sviluppi dopo le archiviazioni precedenti

La procura ha archiviato recentemente le posizioni di alcune persone collegate alle indagini, come Rosa Belotti, Giovanni Peluso e Marianna Castro, ridimensionando alcuni movimenti emersi in passato. Ciò non ha però impedito ai magistrati di continuare le ricerche, ampliando i controlli e spingendosi in direzioni diverse. La scoperta di dna non identificati su alcuni reperti indica che non tutte le piste sono state chiuse.

Seguendo queste tracce emergenti, gli inquirenti analizzano le implicazioni pratiche delle nuove evidenze, sperando di riuscire a delineare complicità ulteriori o dettagli funzionali all’identificazione completa degli esecutori. Lo sforzo si concentra anche sul far luce su ogni porzione di territorio e scena del crimine su cui la memoria delle indagini precedenti si è posata in modo meno approfondito, per non lasciare oggetti o tracce senza un esame dettagliato. La ricerca del dna e i relativi accertamenti scientifici rappresentano adesso un passaggio obbligato in questa direzione.