Mafia, strage di via D’Amelio e la pista nera: nuovi sviluppi sulle indagini a 33 anni dai fatti
La strage di via D’Amelio riaccende il dibattito sul dossier “mafia-appalti” e i possibili legami con ambienti neofascisti, mentre le indagini su complici esterni restano aperte e controverse.

L'articolo ripercorre la strage di via D’Amelio del 1992, evidenziando il ruolo di Cosa Nostra e le ipotesi di coinvolgimento di ambienti neofascisti legati alla "pista nera", ancora oggetto di indagini e controversie. - Unita.tv
La ricorrenza della strage di via D’Amelio, avvenuta nel 1992, ripropone sotto i riflettori un tema ancora aperto e dibattuto: il dossier “mafia-appalti” e la possibile influenza di ambienti neofascisti legati alla cosiddetta “pista nera”. Il programma FarWest, in onda su Rai 3, ha ripreso l’inchiesta originaria di Falcone e Borsellino, rimasta centrale nel racconto della lotta contro Cosa Nostra, mentre le ombre sul coinvolgimento di altri attori nello spietato agguato non si diradano.
Il dossier mafia-appalti di falcone e borsellino, un’eredità ancora al centro delle inchieste
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno dedicato anni della loro attività giudiziaria a smascherare le radici economiche della mafia. Nel loro lavoro emergeva un quadro complesso, con infiltrazioni approfondite negli appalti pubblici e regionale, un terreno fertile per la corruzione e il finanziamento di Cosa Nostra. Proprio questo dossier rappresenta una chiave di lettura fondamentale per capire le dinamiche che hanno portato alle stragi di inizio anni ’90, quando la mafia rispose con ferocia inevitabile alle indagini più dure.
Le indagini e le ipotesi di collegamento con estremismi
I magistrati si concentrarono su un intreccio di interessi criminali, ma le indagini hanno anche lasciato aperti interrogativi su possibili collegamenti tra la mafia e altre realtà estreme. Il dossier conteneva dichiarazioni, intercettazioni e prove che hanno guidato il maxiprocesso e le successive inchieste. Eppure, alcuni aspetti sembrano ancora sfuggire alla chiarezza, soprattutto l’eventuale cooperazione di esponenti di estrema destra, la pista cosiddetta “nera”, che ha appesantito il quadro politico e sociale di quegli anni.
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La strage del 19 luglio 1992, che ha stroncato la vita di Paolo Borsellino, è stata formalmente attribuita a Cosa Nostra. Sentenze definitive e processi hanno confermato il ruolo di esponenti mafiosi nell’organizzazione dell’attentato. Oggi, oltre trent’anni dopo, il racconto ufficiale resta saldo ma non privo di zone d’ombra.
Complicità e coinvolgimenti esterni
Il dibattito si concentra su un possibile secondo livello di complicità, dove compaiono ipotesi di connivenze con apparati deviati dello Stato e con gruppi neofascisti. Fra questi l’attenzione si sposta su Avanguardia Nazionale e figure come Paolo Bellini, già militante dell’estrema destra, che avrebbe avuto contatti con esponenti mafiosi come Antonio Giosè. Questi incontri segreti sono stati al centro di alcune indagini tese a scoprire se esistessero accordi per l’esecuzione delle stragi e un appoggio politico-criminale dietro la campagna di terrore.
La pista nera e la richiesta di archiviazione: punti di vista a confronto
Lo sviluppo più recente legato alla pista nera parte da un fascicolo aperto nel maggio 2022 per approfondire il ruolo di Bellini e di altri membri dell’estrema destra eversiva nel quadro della strage di via D’Amelio. L’inchiesta ha fatto luce su presunti incontri con Cosa Nostra e sull’ipotesi che la morte di Borsellino fosse pianificata non solo da mafia, ma anche da altri soggetti con interessi politici.
Dopo quasi tre anni di lavoro, la Procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo per la mancanza di prove sufficienti a sostenere la pista nera in tribunale. Tuttavia, la decisione non mette del tutto fine alle polemiche, perché l’avvocato Fabio Repici, legale di uno dei fratelli di Borsellino, ha contestato duramente questa conclusione.
Repici sostiene che non siano stati esaminati in modo approfondito i legami tra Bellini e Giosè, lasciando insolute questioni fondamentali sull’estensione delle responsabilità e le vere dinamiche che portarono alla strage. La GIP Graziella Luparello è stata chiamata a valutare l’opposizione e potrà riaprire l’indagine se riterrà che ci siano elementi nuovi da approfondire, mantenendo così viva la discussione su questa complessa pagina della storia italiana.
Riflessi della pista nera sulla memoria pubblica e sulla lotta antimafia
Il confronto intorno alla pista nera riaccende interrogativi sulla capacità dello Stato di affrontare tutte le complicità dietro la mafia. L’ipotesi che la strage di via D’Amelio sia stata frutto di un intreccio fra mafia, gruppi eversivi e servizi deviati, rappresenta un nodo irrisolto.
Questo scenario pesa sul racconto della memoria pubblica, alimentando dubbi e richieste di verità che sono arrivate anche dal mondo giudiziario e civile. Le ricorrenze di luglio, con le celebrazioni ufficiali della legalità, invitano a riflettere su quanto la storia di quegli eventi sia stata scandagliata e quanti capitoli restino da scrivere.
Il tema della mafia e dei suoi legami con poteri occulti si ripropone continuamente nel dibattito politico e sociale, proprio perché è strettamente collegato a meccanismi criminali che ancora oggi mettono in pericolo la coesione e la sicurezza del paese. La richiesta di ulteriori indagini sulla pista nera dimostra che non tutto il passato è stato chiarito e che la corsa alla verità continua, con tutti i suoi passaggi delicati e controversi.