Mafia Grande Aracri e il maxi-processo Aemilia: il colpo più duro della ’ndrangheta in Emilia-Romagna e Nord Italia
Il maxi-processo Aemilia ha rivelato l’infiltrazione della ’ndrangheta in Emilia-Romagna e Nord Italia, con 239 arresti e 75 condanne, cambiando la percezione della mafia nel contesto settentrionale.

Il maxi-processo Aemilia ha smascherato l’infiltrazione della ’ndrangheta in Emilia-Romagna e nel Nord Italia, coinvolgendo clan, politici e imprenditori, segnando una svolta storica nella lotta alla mafia fuori dal Sud. - Unita.tv
Il maxi-processo aemilia ha segnato una svolta storica nella lotta alla ’ndrangheta fuori dal Sud Italia. Questo procedimento giudiziario ha smascherato una rete criminale radicata in Emilia-Romagna e nel Nord Italia, controllata dal clan Grande Aracri di Cutro. La docufiction “Aemilia 220 – La mafia sulle rive del Po”, in onda su Rai 2, propone un racconto dettagliato di questa vicenda, trasformando i fatti giudiziari in una narrazione che svela retroscena e conseguenze di quel colpo alla criminalità organizzata. Ripercorreremo i punti salienti del processo e lo scenario di infiltrazioni emerso.
La criminalità organizzata della ’ndrangheta in emilia: una mafia diversa dal modello tradizionale
Il clan Grande Aracri, guidato da Nicolino Grande Aracri, si è imposto in Emilia Romagna dopo una sanguinosa faida con la famiglia Dragone, già presente sull’Appennino reggiano dagli anni ’80. Questo gruppo ha saputo adattare la ’ndrangheta a un contesto nuovo, lontano dai cliché della mafia più nota con armi e tradizioni visibili. Qui la ’ndrangheta ha sfruttato le sue capacità attraverso infiltrazioni politiche e industriali, estendendo il proprio controllo a livello economico, anche tramite la sottrazione di fondi pubblici destinati a emergenze come il terremoto del 2012. La zona si è trovata a ospitare un sistema in cui personaggi di spicco delle istituzioni e del mondo imprenditoriale hanno avuto ruoli chiave, spesso collusi e complici nell’espandere gli interessi criminali.
Anni ’80, l’arrivo di antonio dragone e la guerra interna
Gli anni ’80 hanno visto l’arrivo di Antonio Dragone da Cutro, ma la guerra interna ha portato all’affermazione di Grande Aracri che ha plasmato un ambiente mafioso più raffinato, basato su ricatti economici e corruzione diffusa. Le infiltrazioni si sono mescolate agli affari legali, mostrando come la ’ndrangheta sappia orientarsi anche dentro la politica e la finanza, creando un pericolo meno visibile ma altrettanto grave rispetto ai metodi violenti più noti.
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Il maxi-processo aemilia: 239 arresti e un’aula bunker per affrontare la sfida più grande
L’avvio del processo aemilia risale all’autunno 2015, dopo una maxi-retata che ha portato agli arresti di 239 persone tra Emilia-Romagna, Lombardia e Calabria. Considerata l’imponenza del numero degli imputati, le autorità hanno dovuto predisporre un’aula bunker nella Fiera di Bologna per ospitare la prima udienza. L’ampiezza del procedimento è stata tale da richiedere un’altra aula bunker, allestita nel cortile del Tribunale di Bologna, dove si sono svolte le udienze successive con la presenza anche di giornalisti e cittadini interessati.
Il primo giorno in aula ha visto la comparsa di 147 imputati, con altri 71 soggetti rinviati al rito abbreviato, 19 con patteggiamenti e soltanto 2 assolti. Questo dato dimostra la vastità e la complessità del processo, che non riguardava solo i membri della ’ndrangheta ma anche un sistema più appoggiato a funzionari e imprenditori che hanno fornito appoggio e copertura al clan. Le aule bunker sono diventate teatro di una delle lotte giudiziarie più lunghe e articolate nella storia recente del Nord Italia.
Il ruolo delle aule bunker nel processo
Le aule bunker hanno rappresentato più di un semplice luogo fisico: sono diventate il simbolo della resistenza dello Stato contro un potere criminale che aveva cercato di infiltrarsi profondamente. La loro predisposizione ha consentito una gestione sicura e ordinata di un procedimento senza precedenti per numero e complessità.
Le condanne e il ruolo di imprenditori, politici e professionisti nel maxi-processo
Il processo aemilia si è concluso con la conferma di 75 condanne, per un totale di oltre 700 anni di carcere complessivi. I reati riconosciuti spaziavano dall’associazione a delinquere tipica delle mafie, insieme a furti e traffico di droga, fino a illeciti legati agli affari economici e politici come infiltrazioni nelle strutture amministrative e l’appropriazione indebita di fondi pubblici.
Tutti i boss coinvolti, tranne Michele Bolognino che ha ricevuto una condanna superiore a 20 anni, hanno scelto il rito abbreviato per ridurre i tempi del processo. Tra gli imputati figuravano non solo esponenti di spicco della ’ndrangheta, ma anche numerosi imprenditori con attività in Emilia-Romagna, politici locali, professionisti come avvocati e giornalisti, oltre a funzionari pubblici. Questi ultimi hanno rappresentato un tassello fondamentale nel consolidamento della rete criminale e nel farla emergere come una presenza strutturale, capace di interferire con la vita civile e istituzionale delle province coinvolte.
La sentenza e il cambio di prospettiva sulla ’ndrangheta
La sentenza ha forzato un cambio di prospettiva sull’azione della ’ndrangheta, fin qui considerata principalmente un fenomeno del Sud Italia, mettendo in luce fino a che punto la mafia si fosse saldata a un tessuto economico e politico del Nord. Le conseguenze giudiziarie hanno interessato una vasta fascia della società emiliana e non solo, segnando una pagina di lotta che continua a pesare nelle scelte per la trasparenza e la legalità.
La docufiction “Aemilia 220 – La mafia sulle rive del Po” è un modo importante per ricordare e capire un processo unico nel suo genere. Il maxi-processo ha scoperchiato una realtà delicata e inquietante, dove la ’ndrangheta ha mostrato di sapersi evolvere e di insediarsi in territori storicamente diversi dal suo luogo d’origine. Le ricadute di questo dibattimento continuano a toccare la società e le istituzioni, evidenziando la necessità di vigilanza e impegno continuo contro ogni forma di criminalità.