L’universo starebbe morendo prima del previsto: nuovi calcoli riducono la durata stimata dell’universo
Gli esperti dell’Università di Radboud rivedono le tempistiche della fine dell’universo, stimando una durata residua significativamente più breve grazie alla radiazione di Hawking e ai modelli fisici aggiornati.

Una ricerca dell’università di Radboud rivede al ribasso la durata stimata dell’universo, basandosi su nuovi calcoli della radiazione di Hawking applicata a vari corpi celesti, indicando una fine cosmica più vicina rispetto alle precedenti stime. - Unita.tv
Gli esperti dell’università di Radboud nei Paesi Bassi hanno pubblicato dati che innalzano dubbi sulle tempistiche legate alla fine dell’universo. In base ai loro ultimi calcoli, il cosmo si spegnerà in un lasso di tempo inferiore rispetto a quanto si credeva finora. Il punto di partenza sono le radiazioni di Hawking, fenomeno ancora al centro degli studi sulla vita delle stelle e dei buchi neri. Questo nuovo lavoro porta a rivedere la durata delle ultime fasi dell’universo e apre questioni legate ai processi che guidano la morte degli oggetti più massicci nello spazio.
Calcoli aggiornati sulla radiazione di hawking e l’impatto sulla durata dell’universo
La ricerca dell’università di Radboud si basa su modelli fisici e matematica complessa, volti a stimare il tempo necessario alle chiamate “nane bianche” per spegnersi completamente attraverso la radiazione di Hawking, un fenomeno previsto per i corpi celesti caratterizzati da un intenso campo gravitazionale. I ricercatori hanno calcolato che la durata residua per la morte di questi resti stellari si aggira attorno a anni, cioè un numero con 78 zeri.
Questo dato sembra spaventoso se considerato in valore assoluto, ma è significativamente più breve rispetto alla stima precedente, che indicava un tempo sospinto fino a anni, un numero con 1.100 zeri. Il confronto evidenzia come i modelli fisici debbano essere rivisti, per comprendere l’effettiva durata dell’esistenza del cosmo prima della sua fine definitiva. La radiazione di Hawking qui estesa non riguarda solo i buchi neri, ma anche altri corpi gravitando nello spazio.
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Tale risultato, pubblicato sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, è frutto del lavoro interdisciplinare fra specialisti di fisica quantistica, teoria dei buchi neri e matematica, un gruppo che ha verificato la validità della radiazione di Hawking anche su corpi differenti.
La nascita e lo sviluppo del progetto studiando la fine dell’universo dal 2023
L’indagine che ha portato a questo aggiornamento è partita nel 2023, quando vennero diffuse le prime indicazioni su dati preliminari. La durata totale dell’universo è stata misurata concentrandosi sulle proprietà della radiazione di Hawking applicata alle nane bianche, considerate le stelle con la vita più lunga. Al termine dello studio, i ricercatori hanno stimato che il cosmo finirà nell’ordine dei anni.
Heino Falcke, fisico a capo del progetto, ha sottolineato che la nuova cifra segna una fine “prima del previsto”, sebbene il tempo sia, comunque, estremamente lungo. Tradurre questo numero in anni, mesi o giorni risulta quasi impossibile: si parla di un orizzonte temporale eterno dal punto di vista umano, anche se molto più ristretto rispetto ai valori finora considerati.
Questo risultato modifica le ipotesi consolidate nelle cosmologie moderne e invita a ripensare la evoluzione futura della materia e delle strutture cosmiche. Gli effetti di questa scoperta avranno impatto sulle previsioni di lungo periodo e su modelli teorici che finora hanno stimato una vita dell’universo ancora più estesa.
Teoria di hawking e l’evaporazione di buchi neri e altri corpi celesti
La teoria alla base di questa ricerca risale al 1975, quando Stephen Hawking propose che i buchi neri non sono eterni, ma possono emettere particelle e radiazione elettromagnetica fino a perdere massa, un processo che porta alla loro “evaporazione”. Ciò ha rivoluzionato la fisica, mettendo in discussione l’idea tradizionale di corpi spaziali sempre attrattivi e in crescita costante.
Gli scienziati di Radboud hanno applicato questa teoria anche ad altri corpi dotati di campo gravitazionale, come le stelle di neutroni e le nane bianche, trovando che il tempo necessario alla loro completa evaporazione tramite la radiazione di Hawking dipende dalla densità e massa. Sorprendentemente, la durata stimata per il decadimento delle stelle di neutroni e dei buchi neri è simile, nonostante la differenza nel campo gravitazionale.
Altri oggetti come la Luna o un essere umano, secondo i calcoli, avrebbero tempi di decadimento ancora più lunghi, dell’ordine di anni. Il matematico Walter van Suijlekom, del gruppo di lavoro, ha definito questo studio come un esempio di collaborazione efficace tra fisica e matematica, capace di aprire nuovi quesiti su come funziona davvero il cosmo e di far progredire la conoscenza scientifica attorno al destino finale dell’universo.