L’inps valuta di gestire il tfr come fondo pensionistico per il 2025 e oltre
La proposta di trasferire la gestione del TFR all’INPS mira a creare un fondo pensionistico più stabile, affrontando le sfide demografiche e garantendo una maggiore sicurezza per i lavoratori italiani.

L’articolo analizza la proposta di affidare all’INPS la gestione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per creare un fondo pensionistico più stabile in Italia, evidenziando vantaggi, limiti e possibili impatti sulla flessibilità e sicurezza dei lavoratori. - Unita.tv
L’ipotesi di affidare all’INPS la gestione del Trattamento di Fine Rapporto per costruire un fondo pensionistico più stabile sta aprendo un dibattito importante in Italia. Le tensioni generate dalla crescente disparità tra pensionati e lavoratori attivi mettono a rischio la tenuta del sistema previdenziale. In questo contesto, il nuovo progetto punta a garantire un futuro economico più solido per i lavoratori, cambiando il ruolo e la destinazione del TFR.
Le ragioni dietro la proposta di trasformare il tfr in fondo pensionistico gestito dall’inps
Questa proposta nasce dalla necessità di trovare nuove soluzioni per il sistema pensionistico italiano, messo alla prova dall’invecchiamento della popolazione. L’Italia deve fare i conti con un numero sempre più alto di pensionati rispetto ai lavoratori in attività, una dinamica che mette sotto pressione le casse previdenziali. Claudio Durigon, sottosegretario al lavoro, suggerisce di far confluire il TFR in un fondo gestito dall’INPS per creare una riserva di risorse destinata al sostegno pensionistico futuro.
Attualmente il TFR è una somma accantonata all’interno dell’azienda per il lavoratore che cambia o conclude il rapporto lavorativo. Con il nuovo modello, il denaro verrebbe versato direttamente in un fondo previdenziale gestito dallo Stato e non più dalle singole imprese. Questo favorirebbe una gestione più centralizzata e un controllo più diretto sui fondi, contrastando rischi legati alla solvibilità delle aziende. Il meccanismo consentirebbe inoltre di ridurre il fenomeno del “minimo sociale”, cioè quegli assegni troppo bassi che non garantiscono una pensione dignitosa.
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Il TFR continuerà a essere riconosciuto ai lavoratori come in passato, ma cambierà la forma di custodia e gestione. Le imprese non tratterranno più la somma, ma la verseranno all’INPS, che avrà l’onere di amministrare i capitali accumulati. In pratica, il TFR diventerebbe parte di un fondo previdenziale più ampio, con il compito di garantire una pensione integrativa o permettere un anticipo pensionistico.
Durigon ha sottolineato che a oggi molte persone non possono usufruire di un ritiro anticipato dal lavoro perché l’assegno percepito risulta troppo basso. Con questo meccanismo, chi lo desidera potrebbe uscire prima dal mercato del lavoro, purché la cifra maturata nel fondo sia sufficiente, superando di fatto alcune limitazioni attuali. Il fondo gestito dall’INPS agirebbe come un supporto economico solido per chi intraprende questa strada.
I vincoli della gestione centralizzata del tfr e le criticità per i lavoratori
Passare la gestione del TFR all’INPS impone però alcune rinunce. Tra queste, la perdita della flessibilità attuale che permette di richiedere anticipazioni dal Trattamento di Fine Rapporto in caso di necessità personali, come spese impreviste o investimenti familiari. Con la centralizzazione, il denaro potrebbe essere usato solo per fini pensionistici o per uscita anticipata dal lavoro, escludendo la possibilità di prelievi intermedi.
Questo cambiamento implica una diversa concezione del TFR, da somma liquida accessibile a risorsa previdenziale vincolata. In questo senso, si perde una forma di autonomia economica per il lavoratore. Gabriele Fava, presidente dell’INPS, ha confermato l’importanza dei fondi pensione complementari, proponendo ai giovani di costruire una pensione tramite versamenti volontari a lungo termine per aumentare il reddito futuro.
Impatti a lungo termine e possibili sviluppi per la riforma pensionistica 2025
Se la legge di bilancio per il 2025 approverà questa idea, il panorama previdenziale italiano cambierà in modo significativo. Il TFR non sarà più una risorsa che il lavoratore può gestire liberamente durante la vita lavorativa, ma sarà destinato a sostenere la pensione pubblica. La svolta tende a mettere ordine nell’uso di questi fondi, rendendo gli assegni più sicuri ma meno liquidi.
Il progetto si inserisce in una più ampia strategia di adeguamento alle sfide demografiche e sociali dei prossimi decenni. I dati Eurostat evidenziano come fra 45 anni il peso degli anziani in Italia possa superare il 65% della popolazione rispetto ad altri paesi europei, un dato che rende urgente trovare nuove soluzioni per il welfare. Ciò mette pressione per riforme che assicurino una copertura pensionistica sostenibile e adeguata da consegnare alle future generazioni.
Il futuro di questa proposta è tuttora incerto. Mentre si attendono le decisioni nel Parlamento, il confronto traccia una linea netta tra bisogno di sicurezza per i pensionati e limiti alla flessibilità nel gestire i risparmi. Le scelte che verranno prese nei prossimi mesi influenzeranno la vita di milioni di lavoratori italiani in età previdenziale.