L’Europa in crisi si ritrova a roma con un nuovo papa americano e tensioni politiche crescenti
Tensioni politiche in Europa nel 2025, con il nuovo papa americano e le divisioni tra leader su Ucraina e riarmo, mentre l’instabilità geopolitica continua a crescere.

Nel 2025 l’Europa affronta tensioni politiche e diplomatiche legate alla guerra in Ucraina, divisioni tra leader e una storica elezione a papa di un pontefice americano, mentre emergono complesse dinamiche economiche e militari. - Unita.tv
Il 2025 si apre con un clima teso negli ambienti politici ed ecclesiastici europei. Mentre i leader europei si incontrano a Roma, città simbolo del primo trattato Ue, la Chiesa cattolica accoglie un pontefice non europeo, con cittadinanza statunitense, per la prima volta nella sua storia. Nel frattempo, le recenti dispute tra i governi europei e le difficili relazioni internazionali su Ucraina, Nato e Medio Oriente segnano un momento di forte instabilità per il Vecchio Continente.
Il nodo Ucraina e la spaccatura tra i leader europei in conferenza a Tirana
Il cosiddetto “incidente di Tirana” ha acceso un acceso confronto fra la premier italiana Giorgia Meloni e alcuni colleghi di Francia, Germania e Regno Unito. La questione cruciale riguarda il sostegno militare all’Ucraina nella guerra contro la Russia. La premier Meloni ha ribadito la posizione italiana di non inviare truppe, confermando la scelta del governo di non aderire alla missione dei cosiddetti “Volenterosi”, guidata appunto da Francia, Germania e Regno Unito.
Durante l’incontro si è registrata una critica esplicita di Emmanuel Macron, che ha accusato Meloni di diffondere “fake news” riguardo ai lavori in Albania, ma la telefonata proposta da Meloni con l’ex presidente Usa Trump, al ritorno da Riyad, è stata percepita come improvvisata e senza esito concreto. I media internazionali hanno ignorato questa iniziativa, considerandola priva di peso, anche in relazione alla ripresa dei colloqui tra Russia e Ucraina in Turchia, paese membro Nato partner degli europei.
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I “Volenterosi” insistono sulla linea del confronto con Mosca, mentre Trump e Meloni spingono per una tregua. La guerra continua, sostiene Putin, rafforza posizioni interne e giustifica riarmamenti in Europa. Sul tema del riarmo, il governo italiano mostra cautela, mentre il presidente Sergio Mattarella sostiene apertamente programmi di rafforzamento militare come “Readiness 2030”.
Crisi dei leader europei e tensioni nei rapporti diplomatici
Il gruppo dei leader europei appare sempre più fragile e diviso. A Tirana, la scena della “banda dei Tre” ha rappresentato un momento di debolezza storica per Francia, Germania e Regno Unito che, dentro e fuori l’Ue, faticano a sostenere posizioni comuni. Il premier britannico Keir Starmer ha appena siglato un accordo con gli Usa per una tregua sui dazi, un passo che segnala un mutamento nei rapporti internazionali.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha subito una pesante battuta d’arresto al suo primo voto di fiducia parlamentare, compromettendo le sue chances di guidare efficacemente la Germania e influenzare il quadro geopolitico europeo. Macron, architetto della “Comunità politica europea”, una struttura senza riconoscimento internazionale, sembra impegnato in giochi di potere sempre meno accettati sul piano interno ed esterno.
In Francia, il governo guidato da Bayrou vacilla sotto la pressione degli elettori e delle forze economiche. Un sondaggio di Le Figaro mostra che oltre il 70% dei francesi non si fida più di Macron e vorrebbe un referendum sulle pensioni. Il leader del Medef ha dichiarato apertamente che la situazione di stallo potrebbe costare cara al Paese se si protrae fino alla fine del mandato presidenziale nel 2027.
Il conclave e la svolta storica del papa americano nella santa sede
Nella cornice di queste tensioni politiche, a Roma si è svolto un conclave rapido, con un esito inatteso. È stato scelto papa Leone XIV, primo pontefice cittadino statunitense. La scelta segna un cambiamento significativo nella storia della Chiesa cattolica. Il centro decisionale, tradizionalmente europeo, ha ceduto a un candidato proveniente dall’America Latina, già membro della Conferenza episcopale peruviana.
Le ricostruzioni attribuiscono al cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, un ruolo centrale nel sostenere l’elezione di Robert Francis Prevost, candidato americano. Parolin ha spinto per un conclave snello che mostrasse unità, escludendo possibilità politiche alternative che coinvolgessero altri candidati europei o italiani, come il cardinale Matteo Zuppi o Pierbattista Pizzaballa, figura con lunga esperienza in Medio Oriente.
Il risultato ha messo in luce la crisi interna dell’Europa, che contava su 52 elettori contro 133 appartenenti al collegio cardinalizio. Il nuovo papa rappresenta una Chiesa globale, ma segna anche una divisione nelle tradizioni e nelle influenze passate.
Intrecci economici e geopolitici fra media, industria e interessi industriali in europa
Nel contesto italiano, il dibattito politico e mediatico appare influenzato anche da rapporti con grandi gruppi industriali e finanziari. L’attenzione è particolare verso il gruppo Gedi, controllato da Exor della famiglia Agnelli. La presenza di Exor in Stellantis e la partecipazione dello Stato francese nell’azionariato generano una rete di interessi economici complessa.
John Elkann, presidente di Stellantis, ha recentemente chiesto, sul Financial Times, un cambio della politica industriale europea nel comparto auto. Parallelamente Leonardo, azienda statale italiana, e Rheinmetall, gruppo tedesco con fondi americani, hanno presentato un’offerta per acquisire le attività militari di Iveco Defence, controllata da Exor.
Questo intreccio si inserisce in un quadro in cui l’Italia mantiene una posizione prudente sui programmi di riarmo, evitando piani troppo ambiziosi e costosi come quelli proposti dalla Germania di Merz e dalla Francia in difficoltà finanziarie. Lo spread italiano è recentemente sceso sotto la soglia di 100 punti, segnale di un certo grado di stabilità finanziaria, ottenuta anche grazie alle scelte moderate del governo Meloni.