Home La scuola di specializzazione in medicina e cure palliative: sfide e prospettive del sistema sanitario italiano

La scuola di specializzazione in medicina e cure palliative: sfide e prospettive del sistema sanitario italiano

La scuola di specializzazione in medicina e cure palliative, istituita nel 2022, affronta la crescente domanda di assistenza per malattie progressive, ma fatica ad attrarre giovani medici e garantire personale adeguato.

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La scuola di specializzazione in medicina e cure palliative, istituita nel 2022, mira a formare specialisti per migliorare l’assistenza ai pazienti terminali, ma affronta difficoltà nell’attrarre giovani medici e nel garantire una formazione adeguata, nonostante il crescente fabbisogno nel settore. - Unita.tv

La nascita della scuola di specializzazione in medicina e cure palliative rappresenta, dal 2022, un tentativo ufficiale di rispondere alla crescente domanda di assistenza per pazienti con malattie progressive e prognosi infausta. Il decreto 909 del 27 maggio 2022 ha istituito un percorso formativo quadriennale mirato a formare specialisti capaci di migliorare la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie. Eppure, l’adesione dei giovani medici a questa scuola resta ancora al di sotto delle attese, con implicazioni significative su un sistema sanitario che vede un fabbisogno in crescita costante per cure palliative.

L’istituzione della scuola e la necessità di potenziare le cure palliative

Il ministero dell’Università e della Ricerca ha approvato una scuola di specializzazione dedicata alle cure palliative nel 2022, con durata di quattro anni e 240 crediti formativi universitari . Questo percorso mira a formare professionisti capaci di seguire pazienti affetti da malattie croniche e degenerative, che non rispondono più a trattamenti specifici e si trovano in situazioni di prognosi infausta. Il focus è soprattutto sulla qualità della vita e sull’assistenza globale, che coinvolge anche le famiglie.

La scuola si inserisce in un contesto normativo che spinge verso il rafforzamento delle reti di cure palliative nelle regioni italiane. La Legge 106 del 2021 prevede che entro il 2025 tali reti debbano essere completate, mentre il decreto ministeriale 77/22 ne definisce il ruolo nell’ambito del territorio sanitario. La programmazione sanitaria punta a raggiungere entro il 2028 la copertura del 90% dei pazienti che necessitano di queste cure, obiettivo che resta impegnativo vista la situazione attuale.

Richieste crescenti e carenze nel personale

Le cure palliative sono sempre più richieste considerando l’aumento delle patologie cronico-degenerative e il progressivo invecchiamento della popolazione. L’Italia conta ogni anno tra 450mila e 540mila persone che necessitano dell’intervento di équipe specializzate, in ambito ospedaliero, residenziale o domiciliare. Si registra però un significativo deficit di figure professionali: servirebbero almeno 1600 medici e 4500 infermieri dedicati alle cure domiciliari, mentre il personale attuale copre solo parzialmente questo fabbisogno, con carenze rispettivamente del 50% e del 66%.

Gli ostacoli nell’attrarre giovani medici alle cure palliative

Le prime due annualità della scuola di specializzazione hanno mostrato numeri di immatricolazione molto bassi rispetto alle borse disponibili. Nel 2021-2022, su 112 posti erano iscritti solo 38 medici, mentre nel 2022-2023 la disponibilità di borse è salita a 140 ma le iscrizioni sono scese a 40. Anche tra chi inizia il percorso si registra un alto tasso di abbandono: 10 medici hanno lasciato la specializzazione per optare per geriatria, medicina interna o altre branche.

Dietro queste scelte ci sono motivazioni diverse. Alcuni specializzandi trovano la formazione troppo vincolante o limitata nelle opzioni professionali successive. Altri non si sentono pronti o disposti ad affrontare quotidianamente il confronto con il fine vita, un tema che coinvolge questioni etiche non banali. Questo genera un numero che resta intorno ai 68 giovani medici pronti a specializzarsi in cure palliative dal 2026 in avanti.

Un divario preoccupante per la formazione futura

Questo scenario indica un divario preoccupante, date le necessità attuali e future del sistema sanitario. Nei prossimi dieci anni, almeno 600 specialisti in cure palliative andranno in pensione senza sostituti all’altezza, mentre la formazione di un medico palliativista richiede almeno un decennio. Per ovviare, si valuta il ricorso a specializzazioni equipollenti come la medicina generale o la geriatria, integrate da master di alta formazione per garantire competenze adeguate nella palliativa.

Le difficoltà formative e organizzative della scuola di specializzazione

Una recente indagine tra gli specializzandi ha restituito un quadro non uniforme della qualità dei percorsi universitari dedicati alle cure palliative. La natura multidisciplinare di questa branca medica complica la strutturazione di un corso stabile e coerente: si intrecciano aspetti medici, sociali e psicologici, rendendo diverso il lavoro rispetto a specializzazioni più settoriali.

Inoltre, molte sedi universitarie non possono contare su docenti dedicati esclusivamente alla medicina palliativa. Questi professionisti risultano ancora pochi e spesso mancano percorsi di ricerca scientifica consolidati nel campo, riducendo le possibilità di approfondimento e sviluppo accademico.

Un altro problema è la scarsa presenza di corsi dedicati alle cure palliative durante la laurea in medicina. Non si attribuiscono crediti specifici ai futuri medici per questa area, sebbene la normativa richieda a chi si specializza di acquisire competenze su vari temi, dalla fisiopatologia del dolore alla comunicazione con pazienti e famiglie, passando per l’etica medica. L’assenza di una base formativa adeguata rende complesso l’apprendimento e il consolidamento di queste conoscenze.

Impatto sulla preparazione e la ricerca accademica

Questa situazione rischia di indebolire la preparazione degli specializzandi e limitare la crescita scientifica del settore. Promuovere ricerca e formazione di qualità diventa quindi imprescindibile per migliorare la risposta sanitaria in ambito palliativo.

La complessità emotiva e il dibattito etico nel percorso degli specializzandi

Oltre agli aspetti formativi, la scelta di specializzarsi in cure palliative espone i giovani medici a sfide emotive intense. La quotidiana presenza di pazienti in fase terminale può generare tensioni psicologiche e dubbi esistenziali, specialmente in relazione al ruolo del medico nella gestione del fine vita.

Un elemento di incertezza riguarda la possibilità di essere coinvolti in situazioni riconducibili al suicidio medicalmente assistito, tema al centro di un acceso dibattito etico e giuridico in Italia. La discussione pubblica, spostata spesso sulla libertà del paziente di scegliere la morte, tende a oscurare la legge 38 del 2010, che sancisce il diritto alle cure palliative.

Questa percezione crea confusione e può scoraggiare chi si affaccia a questa specializzazione, in quanto molti medici desiderano prima di tutto assistere e accompagnare il malato nella vita presente, non accelerarne la fine. Il bilanciamento tra diritto alla vita, trattamento del dolore e desideri del paziente resta un nodo complesso nella formazione e nella pratica quotidiana.

Aspetti psicologici e dilemmi etici

La complessità emotiva di questa pratica richiede supporti adeguati per gli specializzandi, così da prevenire il burnout e fornire strumenti per affrontare la sofferenza personale e professionale.

Uno sguardo alla cultura della vita nelle cure palliative

La creazione della scuola di specializzazione nelle cure palliative segna un passo importante per la sanità italiana. Il percorso formativo si inserisce in un più ampio impegno per rafforzare la preparazione accademica a vari livelli, dalla laurea ai master, coinvolgendo tutte le figure professionali che compongono le équipe di cura.

L’approccio richiesto ai futuri specialisti deve superare la cultura centrata sulla morte per abbracciare quella del valore della vita fino all’ultimo momento. La professionalità medica si fonda su principi etici e deontologici che impongono di accompagnare il malato con rispetto, attenzione e competenza, tenendo conto dei suoi bisogni e di quelli delle famiglie.

Rafforzare la formazione universitaria in questo ambito stimolerà anche nuove generazioni di medici a scegliere queste discipline, recuperando terreno sul fronte delle carenze di personale. La strada è impegnativa, ma necessaria per garantire una risposta sanitaria adeguata alle sfide sociali ed epidemiologiche del futuro.