Home La pensione dei giovani in Italia: tra incertezze, età sempre più alta e possibili novità

La pensione dei giovani in Italia: tra incertezze, età sempre più alta e possibili novità

Il futuro pensionistico degli under 35 in Italia è segnato da difficoltà crescenti, con un’età pensionabile che si avvicina ai 70 anni e carriere lavorative sempre più instabili.

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Il futuro pensionistico degli under 35 in Italia si presenta difficile, con età pensionabile che si avvicina ai 70 anni e carriere lavorative spesso discontinue, mentre si discutono riforme per rendere il sistema più equo e sostenibile. - Unita.tv

Il futuro pensionistico degli under 35 in Italia si presenta con crescenti difficoltà che si intrecciano con l’allungamento dell’età lavorativa e la necessità di versare più contributi. L’istituto previdenziale nazionale evidenzia criticità che colpiscono soprattutto chi ha iniziato a lavorare dopo il 1990, aggravate da carriere non lineari. La riforma fornero ha adeguato l’età pensionabile alle speranze di vita crescenti, spingendo la soglia a valori quasi impensabili per i giovani di oggi e i nati dopo gli anni novanta.

La situazione attuale: età pensionabile che si sposta sempre più avanti

L’istituto nazionale di previdenza sociale ha più volte segnalato le difficoltà del sistema pensionistico, soprattutto nei confronti di chi ha carriere discontinue o ha iniziato a lavorare da poco. Per chi oggi ha meno di 35 anni l’uscita dal lavoro sembra destinata a una soglia attorno ai 70 anni. Questo vale anche se la legge attuale potesse subire delle modifiche, ma dati ufficiali indicano che la pensione anticipata è fuori portata senza strumenti particolari.

La riforma fornero e l’impatto sull’età lavorativa

La riforma fornero, entrata in vigore a metà degli anni 2010, ha stretto i parametri tra età anagrafica e contributi versati. In particolare, con l’allungamento della vita media, rivisto ufficialmente in aumento, si spinge a posticipare il pensionamento a valori più elevati. Infatti, senza eventi estremi che riducano la durata media della vita, come la pandemia di covid, non si prevedono ritocchi al ribasso.

A livello temporale, per gli italiani nati dopo il 1990 e ancor più per quelli dell’ultimo decennio, l’accesso alla pensione senza penalizzazioni potrà avvenire agli inizi degli anni settanta. Tenere il lavoro fino a quell’età, con un mercato del lavoro già complesso per i giovani, pone diversi interrogativi su come gestire la vita professionale e personale. Inoltre, è importante considerare che questa soglia potrebbe ulteriormente aumentare.

Gli effetti concreti per i giovani: una prospettiva meno vantaggiosa

Il calcolo previdenziale attuale rende meno favorevole la pensione agli under 35 rispetto ai lavoratori più anziani. Le carriere discontinui sono frequenti tra i giovani, con contratti a tempo determinato, interruzioni e periodi di disoccupazione che incidono sul versamento dei contributi. Di conseguenza, molti rischiano di accumulare una somma insufficiente per raggiungere i requisiti minimi richiesti o percepire un assegno adeguato.

Secondo studi della ragioneria generale dello stato, la soglia massima per l’accesso alla pensione sarà raggiunta nel 2084, con un’età di circa 70 anni e 8 mesi. Chi nasce oggi e non ha altre alternative dovrà puntare su un modello di vita lavorativa estremamente lungo. Un altro dato importante indica che già nel 2067 questa soglia sarà vicina ai 70 anni per chi è nato nel 1997, rendendo evidente la tendenza.

Incertezza finanziaria e mercato del lavoro

Questa realtà rischia di tradursi in uno stato di incertezza finanziaria per una larga parte della popolazione, soprattutto se consideriamo i cambiamenti del mercato del lavoro e la volatilità occupazionale. I giovani, infatti, devono tenere conto di un quadro nel quale pensioni più basse e uscite posticipate si sommano a condizioni lavorative spesso instabili.

Le ipotesi di modifica e le proposte in discussione

La situazione difficile non è destinata a restare immutata. Negli ambienti politici e sindacali si dibatte sulle possibili soluzioni per mitigare l’effetto negativo sulle nuove generazioni. Tra le idee al vaglio c’è la volontà di destinare il trattamento di fine rapporto direttamente a fondi pensione complementari, così da incrementare la liquidità destinata alla previdenza integrativa.

Anche la possibilità di scegliere autonomamente un fondo pensione privato sta emergendo come opzione per rafforzare il futuro economico dei lavoratori giovani. Questa scelta richiede però una valutazione attenta, dato il numero di prodotti finanziari e il livello di rischio associato.

Ruolo dei sindacati nella discussione sulle riforme

I sindacati mantengono un impegno costante per avviare discussioni capaci di portare riforme adeguate. Questi gruppi cercano soluzioni che superino le rigidità attuali del sistema pensionistico e che offrano maggiori tutele a chi si trova con carriere frammentate o precarie.

Le prospettive per il pubblico impiego e le prossime tappe

Nel pubblico impiego, si registra una riduzione delle uscite pensionistiche, con un andamento diverso rispetto al settore privato. Le ultime analisi aggiornate al maggio 2025 mostrano che le nuove regole impongono un innalzamento dell’età pensionabile anche ai dipendenti statali. Le uscite sono sempre più distanziate nel tempo, con soglie che convergono verso i 70 anni.

È importante ricordare che qualsiasi cambiamento dipenderà dalle scelte politiche dei prossimi governi e dal dialogo tra parti sociali. Il confronto è in corso, ma la realtà dei numeri e delle normative vigenti impone condizioni rigorose.

Il quadro delineato da istituzioni come inps e ragioneria generale dello stato conferma un futuro pensionistico complesso, ma con margini di intervento che potrebbero modificare alcune regole.

Già nei prossimi anni si vedranno interventi mirati per migliorare il sistema e offrire risposte concrete a chi oggi si trova ad affrontare queste sfide. Le voci in campo tendono a spingere per cambiamenti finalizzati a rendere il sistema più equo, soprattutto per quel segmento di lavoratori che ha subito maggiori difficoltà nel percorso lavorativo.