La crescita dei risultati educativi in Europa resta ferma nonostante anni di ricerche e riforme

Il rapporto PISA 2024 evidenzia stagnazione e disuguaglianze nei risultati educativi in Europa, con alcuni paesi asiatici che mostrano progressi. Necessarie riforme integrate per migliorare l’equità e la qualità dell’istruzione.
L’articolo analizza i risultati stagnanti del programma PISA in Europa, evidenziando disuguaglianze socio-economiche e iniziative di riforma in alcuni paesi, e propone raccomandazioni per migliorare qualità ed equità nel sistema educativo europeo. - Unita.tv

Negli ultimi venticinque anni, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha guidato un programma internazionale di valutazione delle competenze degli studenti, noto come PISA. L’obiettivo era identificare le migliori strategie per migliorare la scuola basandosi sui dati raccolti tra i vari Paesi. Eppure, i risultati più recenti mostrano come molti stati europei continuino a registrare performance piatte o addirittura peggioramenti. Dalla lettura alla matematica, dai paesi del vecchio continente a quelli anglosassoni, i progressi sono minimi, mentre realtà asiatiche e di altre regioni sembrano guadagnare terreno. Esaminiamo nel dettaglio le dinamiche emerse dal rapporto europeo pubblicato nel gennaio 2024 e le riforme adottate da alcuni Stati membri, per capire cosa manca ancora per ribaltare questa tendenza.

L’evoluzione dei risultati pisa in europa e il ruolo delle disuguaglianze

Dal lancio del programma PISA nel 2000 l’attenzione si è concentrata sulla capacità di valutare non solo le competenze di base in lettura, matematica e scienze, ma anche le disparità legate a fattori sociali ed economici. Il rapporto europeo del 2024 indica che in media un quinto circa degli studenti europei si colloca al di sotto del livello minimo di competenze, con percentuali attorno al 22-23% in tutte e tre le discipline valutate.

Il problema chiave è che queste cifre sono peggiorate tra il 2009 e il 2018, e i dati del 2022 non mostrano segni di inversione di tendenza. L’impatto della pandemia di Covid-19 è stato indicato come una delle cause, anche se lo stesso OCSE riconosce che non basta a spiegare tutto. Il rapporto sottolinea che i fattori più incisivi nel determinare i risultati scolastici restano il background economico e sociale delle famiglie, la nazionalità e in misura minore il genere, unico ambito dove si è assistito a un miglioramento diffuso.

Questa situazione riguarda soprattutto i paesi dell’Europa occidentale e anglosassone, mentre alcuni Stati asiatici e arabi mostrano progressi più evidenti. L’analisi mette in luce come, pur avendo a disposizione dati concreti e strumenti, l’Unione europea fatichi a ridurre le disuguaglianze educative e ad alzare i livelli medi di apprendimento.

I paesi europei che hanno migliorato e le strategie adottate

Analizzando i risultati tra il 2009 e il 2018, emergono alcuni casi isolati di miglioramento, anche se di entità modesta. Paesi come Lettonia, Polonia, Slovenia, Estonia, Bulgaria, Portogallo e Svezia hanno mostrato progressi limitati, soprattutto in matematica e scienze, con qualche passo avanti anche in lettura per alcuni.

Questi miglioramenti sono stati accompagnati da interventi specifici: in Polonia e Slovenia è stato allungato il periodo dell’istruzione obbligatoria; Bulgaria ha investito nell’educazione precoce; Portogallo ha riorganizzato la rete scolastica e puntato alla riduzione della ripetenza degli anni scolastici; in Slovenia e Svezia si è dato spazio alla formazione professionale alternativa. Riforme curriculari più orientate al benessere degli studenti, al problem solving e all’autonomia didattica sono state introdotte soprattutto in Estonia, Lituania e Polonia.

Il rapporto evidenzia però che la decentralizzazione scuola-per-scuola funziona se sostenuta da sistemi di valutazione affidabili, cosa non sempre realizzata. Le misure efficaci messe in atto hanno richiesto tempo e coordinamento, oltre a una certa stabilità politica, elementi spesso carenti nel contesto europeo.

Fattori interni alla scuola e influenze esterne sugli apprendimenti

Lo studio indica alcuni fattori che contribuiscono a questi miglioramenti parziali. Gli studenti che seguono più di quattro ore di matematica a settimana tendono a ottenere risultati migliori, come osservato in Estonia, Lettonia e Portogallo.

In tutti i paesi esaminati, un ambiente scolastico disciplinato e l’assenza di bullismo favoriscono un clima di apprendimento positivo. In Svezia il sostegno degli insegnanti e il loro interesse per gli studenti emergono come fattori determinanti. Il senso di appartenenza alla scuola riduce l’abbandono e aumenta la motivazione, mentre la cooperazione fra studenti favorisce l’apprendimento.

L’analisi ha anche sottolineato come molti fattori di successo non siano facilmente influenzabili dalle politiche scolastiche: lo status economico-sociale, la presenza di libri in casa, la lingua madre e l’etnia restano elementi chiave delle performance. Ciò rende ancora più complesso intervenire per migliorare l’equità.

La difficoltà di identificare riforme realmente efficaci e il valore delle indagini combinate

Un aspetto centrale del rapporto riguarda la difficoltà di trarre conclusioni definitive sulle politiche più efficaci per migliorare i sistemi educativi. Molti interventi presentano effetti di breve termine o troppo localizzati per poter essere generalizzati. Alcuni risultati sono persino ambigui, come nel caso del clima scolastico, che può essere sia causa che conseguenza del successo degli studenti.

Per ovviare a questi limiti, lo studio ha combinato analisi statistiche sofisticate con indagini qualitative, comprendenti interviste a insegnanti, dirigenti scolastici e rappresentanti istituzionali. Solo così si è potuto contestualizzare meglio i dati numerici e comprendere le dinamiche dell’implementazione delle riforme.

Esempi recenti vengono dalla Bulgaria, dove il prescuola ha mostrato un’efficacia duratura nel migliorare le competenze, anche se in modo contenuto. In Polonia, il ritardo nell’offerta della formazione professionale ha migliorato le prestazioni medie, specialmente tra studenti che ne avevano più bisogno. A Portogallo la riduzione della ripetenza ha influenzato positivamente gli studenti coinvolti, riducendo il sotto rendimento.

Raccomandazioni per sostenere un cambiamento duraturo nelle scuole europee

Il rapporto si conclude con alcune indicazioni per disegnare politiche educative più integrate e coerenti. Suggerisce di evitare sovrapposizioni e contraddizioni fra misure diverse, garantendo tempi adeguati per la loro maturazione. Chiede inoltre che scelte delicate, come il curriculum e le prove nazionali, siano affidate a organismi tecnici indipendenti, non soggetti a pressioni politiche a breve termine.

Affrontare in modo paritetico il miglioramento della qualità e l’equità appare un passaggio obbligato. Va inoltre perseguita una comunicazione efficace con insegnanti e altri soggetti coinvolti, coltivando un consenso ampio intorno agli obiettivi.

Monitoraggi e sperimentazioni suggestive sono infine strumenti necessari per adattare le strategie alla realtà concreta delle scuole. La politica educativa deve considerare che alcuni risultati emergono solo nel medio-lungo periodo, e che occorre accompagnare ogni azione con sostegni adeguati.

Riflessioni storiche e sviluppi recenti nel quadro dei risultati educativi europei

L’analisi delle esperienze di successo indica ancora una volta il peso della storia sociale e istituzionale di ciascun paese. Le differenze fra paesi dell’est Europa, come Slovenia e Polonia, e quelli dell’Europa occidentale hanno radici profonde. Alcune riforme sembrano risentire di tradizioni culturali consolidate, che influenzano le scelte di politica scolastica.

Un elemento interessante è il cosiddetto effetto Flynn, osservato attraverso i decenni come un aumento medio dei punteggi IQ in molti paesi dal 1938 in poi. Studi recenti documentano una possibile inversione di questa tendenza in alcune nazioni europee avanzate, con un calo progressivo che potrebbe essere legato a fattori sociali quali la diminuzione della lettura, l’aumento del tempo speso in videogiochi o l’uso di sostanze.

Queste dinamiche restano oggetto di dibattito e non sono ancora ben integrate nel discorso sulle politiche scolastiche. Rimangono spunti importanti per chi si occupa di riformare e cercare soluzioni efficaci per la scuola europea nel prossimo futuro.