La commissione europea presenta il piano per eliminare la dipendenza dall’energia russa entro il 2025

L’Unione europea affronta sfide nella riduzione della dipendenza dal gas russo, con divisioni tra Stati membri e prezzi elevati che minacciano la sicurezza energetica e la crescita economica.
L’Unione europea cerca di ridurre la dipendenza dal gas russo tra divisioni interne, prezzi energetici elevati e sfide tecnologiche, mentre si avvicina l’inverno con incertezze sulla sicurezza e l’unità energetica. - Unita.tv

L’Unione europea continua a cercare una soluzione concreta per porre fine al legame con l’energia proveniente dalla Russia. Dopo il significativo calo nelle importazioni di gas russo avvenuto negli ultimi anni, la situazione registra alcune difficoltà e inversioni di tendenza. Il nuovo piano della Commissione europea, in attesa di approvazione da parte del Parlamento e dei governi, punta a superare gli ostacoli attuali mentre emergono divisioni tra gli Stati membri sulla strategia da adottare.

Il calo delle importazioni di gas russo e le sfide attuali

Dalla primavera del 2022, quando venne lanciato il piano iniziale, l’Europa aveva raggiunto la riduzione di quasi metà del gas importato dalla Russia. La quota passò infatti dal 45% al 19%, un risultato operativo importante. Nonostante ciò, nel corso del 2024, si è verificato un ritorno parziale all’uso del gas russo, complicando il percorso verso l’indipendenza energetica.

Il decremento è stato ottenuto attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e l’aumento delle infrastrutture per il gas naturale liquefatto . Adesso, con nuovi piani in discussione, la Commissione punta a un abbandono completo. Tuttavia, questa decisione si scontra con la necessità dell’unanimità tra i Paesi membri per imporre nuove sanzioni. Paesi come Ungheria e Slovacchia hanno già manifestato il loro dissenso, colpiti dalle ripercussioni dirette sui rispettivi mercati energetici.

La questione non riguarda solo l’Europa nel suo insieme, ma soprattutto le realtà nazionali che fronteggiano tensioni commerciali e sociali provocate dai costi elevati dell’energia. Questo genera un clima di incertezza durante le trattative e rallenta la decisione finale sulle misure da adottare.

Prezzi elevati e differenti visioni dei governanti

I prezzi dell’energia che pesano sull’economia europea

L’impatto più evidente si osserva nel mercato dell’elettricità in Italia, Germania e altri grandi centri produttivi. I prezzi di oggi sono nettamente superiori a quelli del periodo pre-crisi, arrivando a doppiare o triplicare i valori del 2021. Questo influisce sulla competitività delle imprese in settori cruciali, rallentando la crescita economica.

Inoltre, il problema della sicurezza energetica resta aperto. Gli stoccaggi di gas, indispensabili per superare i mesi più freddi, hanno raggiunto livelli molto bassi rispetto agli scorsi anni. Il vincolo europeo impone uno stoccaggio minimo del 90% entro l’inizio di novembre, ma la realtà mostra come la richiesta e il costo per mantenere tali quantitativi stanno diventando difficili da sostenere.

La scelta della germania e le tensioni nell’unità europea

Il dibattito in corso a Bruxelles include persino la possibilità di ridurre questi obiettivi, viste le tensioni sui prezzi e le difficoltà finanziarie per gli operatori del settore. Così, l’Unione si trova divisa tra la necessità di garantire riserve per l’inverno e la volontà di non aggravare ulteriormente il mercato energetico già scosso.

Mentre l’Europa studia soluzioni comuni, la Germania ha scelto di modificare i propri limiti di riempimento degli stoccaggi. Ha deciso di abbassare dal 90% all’80% la soglia obbligatoria entro il primo novembre e di cancellare l’obiettivo intermedio dell’80% da raggiungere entro ottobre.

Questa decisione arriva basandosi sulle valutazioni dei propri esperti che considerano il mercato più stabile e con maggiori capacità di rigassificazione rispetto al passato. Eppure, questa scelta può destabilizzare l’unità delle strategie europee, perché arriva prima delle decisioni definitive a livello comunitario.

Il comportamento tedesco in questo senso dimostra come le priorità nazionali prevalgano spesso sulle indicazioni provenienti da Bruxelles. Il risultato è un’Europa frammentata, in cui ogni Paese agisce per sé stesso e l’inverno 2025 si avvicina con una certa fragilità sul fronte energetico.

Influenze naturali e tecnologiche sulla transizione energetica

I fattori naturali e tecnologici che complicano il percorso della transizione

Il comunicato europeo per presentare il nuovo piano parte da un’immagine forte: una turbina eolica. L’energia da fonti rinnovabili dovrebbe essere la chiave per uscire dalla dipendenza, ma l’inverno appena trascorso ha evidenziato i limiti del sistema.

Temperature più rigide della media e una produzione eolica ridotta hanno costretto a utilizzare gas e idrocarburi per garantire la domanda. Non basta guardare ai valori medi degli ultimi decenni per prevedere la produzione eolica del prossimo inverno con sicurezza.

I sistemi di accumulo energetico, come le batterie, richiederebbero investimenti e capacità tali da assorbire una quota significativa del Pil europeo per diventare davvero efficaci. Al momento, l’Europa non dispone di strumenti sufficienti per superare queste difficoltà nel breve termine.

Sfide tra riduzione della dipendenza, prezzi elevati e sicurezza da rafforzare

Dopo tre anni dalla prima iniziativa, l’Europa ha fatto passi avanti nel tagliare la dipendenza dal gas russo. Il risultato è importante, ma non basta a risolvere i nodi più urgenti. Il problema della sicurezza energetica è ancora aperto, la volatilità dei prezzi rende difficile la pianificazione economica e molte imprese vivono un momento complesso.

Questi scenari mettono in crisi la strategia che punta solo sulle rinnovabili senza considerare altre fonti energetiche, come l’estrazione di idrocarburi vicini o il nucleare convenzionale. La reticenza o l’impossibilità di affrontare questi temi limita la capacità dell’Europa di assorbire shock energetici futuri.

Il confronto tra Stati membri e la necessità di scelte condivise restano elementi chiave per il futuro. Nel frattempo la stagione fredda si avvicina e le risposte concrete sono ancora poche.