La banda della Uno bianca ha segnato un periodo oscuro nella storia criminale italiana, con una lunga serie di reati compiuti tra il 1987 e il 1994. Composta in gran parte da agenti della Polizia di stato, questa banda ha messo in allarme intere regioni, dalla Emilia-Romagna alle Marche, con attacchi violenti che hanno portato alla morte di 24 persone e al ferimento di oltre 100. La vicenda ha lasciato un segno profondo, anche per le implicazioni legate alla doppia vita tra poliziotti e criminali.
Com’è composta la banda e chi sono i protagonisti principali
La banda della Uno bianca era formata quasi esclusivamente da agenti della Polizia di stato, con un solo componente esterno, Fabio Savi, camionista di professione. I protagonisti principali erano i fratelli Roberto e Alberto Savi, insieme a Marino Occhipinti, Pietro Gugliotta e Luca Vallicelli. Tutti vantavano ruoli attivi nelle forze dell’ordine e questo doppio ruolo ha reso la loro scoperta particolarmente scioccante.
L’arresto di Roberto Savi
Roberto Savi, considerato il capo, fu il primo ad essere arrestato: avvenne mentre era al lavoro, nella centrale operativa della Questura di Bologna. L’arresto segnò l’inizio della fine per la banda.
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Man mano che le indagini procedevano, furono bloccati uno dopo l’altro gli altri membri del gruppo. Fabio e Alberto Savi vennero arrestati a distanza di pochi giorni, insieme a Eva Mikula, fidanzata di Fabio. Lei fu successivamente prosciolta ma risultò fondamentale per far luce sulle responsabilità del gruppo. Nei giorni successivi toccò a Pietro Gugliotta, impegnato anch’egli in servizio alla centrale operativa, e poi a Marino Occhipinti, che lavorava nella sezione narcotici della squadra mobile, e infine a Luca Vallicelli, agente alla scuola della polizia stradale di Cesena.
La lunga scia di sangue e le vittime dei crimini
Tra il 1987 e il 1994 la banda della Uno bianca ha messo a segno oltre 100 azioni criminali. Questi attacchi hanno seminato il terrore tra l’Emilia-Romagna e le Marche, arrivando a coinvolgere molte altre parti dell’Italia. Tra le vittime, si contano 24 morti e 102 feriti, numeri che indicano la gravità e la violenza delle azioni compiute.
La banda agiva con rapidità, spesso utilizzando l’auto modello Fiat Uno bianca da cui ha preso il nome, e riusciva a sfuggire agli agenti, tranne che alla fine gli arresti hanno bloccato questa escalation.
Modus operandi della banda
Le modalità dei crimini includevano rapine, sparatorie, attentati, con un uso pesante delle armi da fuoco. L’efferatezza dei fatti ha fatto sì che l’intero centro-nord Italia vivesse anni di paura, dato che nessuno si aspettava che agenti di polizia fossero coinvolti in quei fatti violenti. Durante quegli anni si sono susseguiti molti episodi che hanno fatto scalpore e interrogato gli inquirenti anche dopo la cattura della banda.
Pene e condanne: i destini dei membri della banda
I processi contro i membri della banda della Uno bianca si conclusero con pene severe. I fratelli Roberto e Fabio Savi, ritenuti i capi criminali, furono condannati all’ergastolo e sono detenuti nel carcere di Bollate. Alberto Savi, invece, è stato recluso in Veneto e dal 2019 ha ottenuto alcuni permessi premio. Marino Occhipinti, anch’egli condannato all’ergastolo, ha scontato la pena e nel 2018 è tornato in libertà, dopo un periodo di semilibertà iniziato nel 2012.
Gli altri membri e le loro pene
Pietro Gugliotta ricevette una condanna a 18 anni di carcere. Luca Vallicelli, che aveva patteggiato una pena di poco più di tre anni, venne rilasciato nel 2008 grazie a un indulto, dopo 14 anni di reclusione. Questi diversi destini mostrano come la giustizia abbia seguito strade diverse in base ai ruoli e alle responsabilità accertate nel corso dei processi.
Un episodio tragico legato a questa storia riguarda Giuliano Savi, padre dei fratelli condannati. Nel 1998 si tolse la vita all’interno di un’auto identica a quella usata dalla banda, sottolineando come la vicenda abbia lasciato ferite profonde anche nelle famiglie coinvolte. Nel corso degli anni, il caso ha continuato a suscitare interesse e dibattito, anche per il doppio volto di poliziotti e criminali che si era celato dietro questa rete di violenza.