Israele pronto a entrare a Gaza con tutta la sua forza, tensioni e crisi umanitaria in crescita
Israele intensifica l’offensiva contro Hamas nella striscia di Gaza, mentre la crisi umanitaria si aggrava e i tentativi diplomatici per una tregua incontrano forti opposizioni internazionali.

L'articolo descrive l'intensificarsi del conflitto tra Israele e Hamas, con Netanyahu che annuncia una nuova offensiva a Gaza, mentre la crisi umanitaria peggiora e i tentativi diplomatici restano bloccati. - Unita.tv
L’escalation tra Israele e Hamas si intensifica mentre Benyamin Netanyahu annuncia che l’esercito è pronto a una nuova offensiva nella striscia di Gaza. Nel contesto della guerra, si acuisce la crisi umanitaria, mentre i tentativi diplomatici faticano ad avanzare tra opposizioni internazionali e scontri sul terreno. Le ultime notizie rivelano tensioni accese in Medio Oriente e un peggioramento delle condizioni di vita nella regione.
Netanyahu conferma che la guerra proseguirà senza tregua
Il primo ministro Israele Benyamin Netanyahu ha dichiarato, durante un incontro con i riservisti, che l’esercito sta per lanciare un’operazione su vasta scala nella striscia di Gaza. Ha sottolineato che non esistono alternative al proseguimento del conflitto fino alla “completa sconfitta di Hamas”. Questo chiaro messaggio esclude qualsiasi possibilità di un cessate il fuoco negoziato in tempi brevi.
Netanyahu ha spiegato che una possibile pausa nelle operazioni militari, se avverrà, sarà solo momentanea e serve a scopi tattici, non come passo verso una trattativa di pace. La linea del governo resta quindi intransigente, con l’obiettivo dichiarato di distruggere le capacità operative del gruppo armato palestinese e garantire la sicurezza ai cittadini israeliani.
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L’annuncio arriva in un momento di pressioni internazionali crescenti, con molte nazioni e organizzazioni umanitarie che chiedono una tregua duratura per alleviare le sofferenze nella striscia di Gaza, ma Israele non mostra aperture su questo fronte. Al contrario, ogni accenno a una possibile sospensione viene visto come una pausa per riorganizzarsi e riprendere il conflitto con maggior forza.
La crisi umanitaria a Gaza tra assedio e carenze di risorse essenziali
L’agenzia UNRWA ha diffuso dati preoccupanti sulle condizioni di vita nella striscia di Gaza. Circa il 75% delle famiglie palestinesi non ha accesso regolare all’acqua potabile. Gli ospedali, tra cui il principale ospedale Nasser, rischiano di chiudere per mancanza di carburante necessario ai generatori di corrente, alcune strutture sono già ferme.
Testimoni oculari riferiscono che i bombardamenti colpiscono non solo obiettivi militari ma anche rifugi provvisori e tende di civili sfollati. La presenza di continue azioni militari impedisce alle squadre di soccorso di operare in sicurezza e impedisce la distribuzione di aiuti. Questa situazione ha trasformato Gaza in una zona di assedio quasi totale, con la popolazione civile che paga un prezzo altissimo.
Le condizioni igieniche precarie e la scarsità di medicinali amplificano la tensione sociale e sanitaria. Senza contare l’impatto psicologico sulle famiglie, già duramente provate dal conflitto e dalla costante paura dei raid. L’assedio prolungato ha trasformato una crisi militare in una vera emergenza umanitaria.
Le divisioni diplomatiche e le tensioni nel golfo e nei territori palestinesi
Il tentativo di avviare un corridoio umanitario tramite un piano congiunto tra Stati Uniti e Israele non ha trovato l’appoggio necessario. Russia, Cina e persino il Regno Unito hanno bocciato il progetto, evidenziandone carenze e squilibri. Mosca ha definito quel piano “sbilanciato”, Pechino ha parlato di un aggravio delle sofferenze causato dal blocco israeliano mentre Londra ha criticato la mancanza di garanzie per la protezione dei civili.
I rapporti tra stati arabi si fanno tesi. Mohammed bin Salman, principe ereditario dell’Arabia Saudita, ha chiesto una soluzione duratura, ma Israele ha risposto con raid sui porti yemeniti di Ras Isa e Hodeidah, dopo aver intercettato un missile proveniente dal territorio yemenita.
Scontri in cisgiordania
La situazione è tesa anche in Cisgiordania. Scontri e operazioni militari israeliane continuano in città come Ramallah, Jenin e Abwein. Negli ultimi giorni si sono registrati feriti, arresti e demolizioni di abitazioni. Proteste contro l’occupazione vengono represse con forza, aumentando il rischio di un’escalation in territori già in stato di tensione da diverse settimane.
I colloqui a doha e l’impasse tra ostaggi e raid militari
Una delegazione israeliana si è spostata a Doha per negoziare una possibile tregua, ma la posizione di Netanyahu resta inflessibile: nessuna tregua fino alla completa eliminazione di Hamas. Questo atteggiamento duro entra in conflitto con la cauta speranza degli Stati Uniti, che hanno definito il rilascio dell’ostaggio italo-americano Edan Alexander come un “gesto di buona volontà”.
Nonostante ciò nei pressi di Khan Younis, l’ospedale europeo costruito con fondi dell’Unione Europea, è stato colpito da un attacco israeliano. Si sospetta l’obiettivo fosse Mohammed Sinwar, nuovo leader di Hamas, ma il bombardamento ha causato la morte di 28 persone. L’ospedale è ora quasi inoperativo: reparti chiave come terapia intensiva, sistemi di ossigeno e corrente sono danneggiati. Anche giornalisti sono stati vittime, con una lunga lista di reporter uccisi da inizio guerra.
L’inviato speciale americano Steve Witkoff ha visitato famiglie di ostaggi parlando di “progressi concreti”, ma rimane chiaro che la pressione militare e politica mette a dura prova i negoziati. Con il presidente Trump in tour diplomatico nel golfo e le truppe israeliane sotto ordini stringenti, il futuro della tregua appare incerto, mentre la popolazione civile continua a sopportare le conseguenze del conflitto.