Negli ultimi anni la formazione continua ha ricevuto un’attenzione crescente in Italia, con un impegno finanziario significativo che copre diversi ambiti. Dai fondi del Fse agli stanziamenti straordinari del Pnrr, senza dimenticare i nuovi investimenti del ministero del lavoro sulle competenze digitali e green, il panorama della formazione per gli adulti mostra segnali importanti di cambiamento. Questo articolo riporta i dati più aggiornati, le sfide ancora aperte e le possibili traiettorie per il futuro del mercato del lavoro italiano.
Stato attuale della formazione continua in italia: dati e principali risultati
Il venticinquesimo rapporto sulla formazione continua, realizzato dall’inapp per conto del ministero del lavoro, disegna un quadro in progressivo miglioramento rispetto agli anni passati. Nel 2023 la partecipazione alle attività di formazione ha superato l’11,6% tra la popolazione lavorativa, con un aumento di due punti percentuali rispetto all’anno precedente. Questo dato segna un avanzamento positivo rispetto alla tradizionale stagnazione italiana in questo campo.
A pesare su questo risultato sono stati circa 550mila lavoratori coinvolti nei programmi del fondo nuove competenze e altri 2 milioni partecipanti a corsi finanziati dai fondi interprofessionali. Quest’ultimi rappresentano un attore chiave nel settore, in grado di influenzare la formazione di una parte consistente della forza lavoro. Con i nuovi fondi stanziati per potenziare ulteriormente le nuove competenze, si prevede il coinvolgimento di almeno un milione di persone entro breve termine.
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Il progresso si riflette anche nella posizione europea dell’Italia, che ha guadagnato quattro posizioni nel ranking relativo alla formazione degli adulti, passando dal diciottesimo al quattordicesimo posto. Nonostante si rimanga sotto la media europea, questo avanzamento indica una inversione di tendenza rispetto alla situazione precedentemente stabile e stagnante.
Disparità territoriali e di genere nella partecipazione ai corsi di formazione
Nonostante i dati incoraggianti, permangono divari significativi tra le aree geografiche e tra uomini e donne nella frequenza ai corsi di formazione. Le regioni del centro-nord mostrano una partecipazione più alta, spesso con maggior coinvolgimento femminile rispetto a quello maschile. Al contrario nel sud la partecipazione complessiva è più contenuta, accompagnata da una significativa riduzione del coinvolgimento delle donne.
Un ulteriore aspetto critico riguarda la dimensione delle imprese. I lavoratori dipendenti di piccole e medie imprese partecipano molto meno rispetto a quelli delle grandi aziende, un elemento che evidenzia la necessità di un’azione più capillare sul territorio. Per questo è importante rinforzare le reti territoriali che aggregano fondi, enti formativi e istituzioni locali, così da adattare l’offerta formativa alle caratteristiche variegate del tessuto produttivo italiano.
Risaltano anche le disparità nella partecipazione in base al livello di istruzione. La quota di percorsi formativi è infatti molto più alta tra i lavoratori con titoli di studio elevati rispetto a quelli con qualifiche basse. Per i disoccupati, lo scenario è ancora più critico, con una partecipazione che resta attorno al 7%. Questo elemento impoverisce le possibilità di inserimento lavorativo per fasce già fragili della società .
Tra sfide e opportunità : mismatch formativo e formazione green-digitale
Il lancio di programmi di formazione specifici per le competenze digitali e green riflette l’urgenza di rispondere alle trasformazioni del mercato del lavoro. L’avanzamento tecnologico ha profondamente modificato i fabbisogni delle imprese, creando un divario tra le capacità disponibili sul territorio e quelle richieste. La formazione continua si presenta quindi non solo come uno strumento per mantenere il posto di lavoro, ma anche per evitare che questa distanza si allarghi.
Gli investimenti in certificazione delle competenze rappresentano un passo fondamentale per connettere le competenze acquisite formalmente e informalmente con le necessità produttive. Si punta a valorizzare sia il sapere tecnico sia le competenze trasversali, comprese quelle nate dall’esperienza diretta sul lavoro e dagli scambi tra generazioni diverse di lavoratori.
La sfida rimane anche quella di incrementare la partecipazione dei lavoratori meno qualificati e dei disoccupati, categorie dove il divario appare più marcato. Il rafforzamento delle politiche attive del lavoro e la personalizzazione dei servizi formativi potrebbero facilitare l’inclusione di questi gruppi, favorendo così una copertura più equa e sostenibile.
Il ruolo centrale dei fondi interprofessionali e delle reti territoriali
I fondi interprofessionali si confermano come attori centrali nel panorama della formazione continua in Italia. Grazie alla loro flessibilità e capacità di coinvolgimento diretto dei soggetti economici e delle imprese, hanno promosso un’offerta formativa ampia e articolata. Il loro coinvolgimento in servizi come l’inserimento lavorativo e la certificazione delle competenze è considerato strategico per migliorare gli esiti formativi.
Resta però ampia la possibilità di crescita, soprattutto in relazione al coinvolgimento territoriale. Una maggiore collaborazione con enti locali, istituzioni e realtà produttive potrebbe garantire una migliore distribuzione delle risorse e un’offerta più adatta alle esigenze specifiche di ogni area.
Solo attraverso una rete solida e operativa, in grado di riguardare sia grandi che piccole imprese, sarà possibile rispondere alle sfide del mismatch e sostenere politiche di formazione efficaci, per favorire lo sviluppo professionale di lavoratori di ogni livello e provenienza.
Prospettive di coinvolgimento dei lavoratori e management aziendale
Uno degli snodi fondamentali per migliorare l’impatto della formazione continua riguarda la partecipazione attiva sia dei lavoratori sia del management aziendale. Coinvolgere entrambe le parti permette di programmare investimenti mirati e coerenti con le esigenze di crescita professionale e con i cambiamenti del mercato.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario diffondere una coscienza condivisa, resa possibile solo con un investimento costante e distribuito nel tempo. Solo così si potrà ridurre il divario formativo e colmare il gap tra domanda e offerta di competenze.
L’assenza di un dialogo efficace tra le azienda e i lavoratori rischia di lasciare profonde lacune, soprattutto in un sistema come quello italiano, caratterizzato da un tessuto produttivo molto frammentato. Anche la più piccola impresa dovrebbe entrare nel circuito di formazione, considerandolo parte integrante delle proprie dinamiche produttive.
Il futuro del lavoro italiano, dunque, dipende molto da questa capacità di organizzare la formazione come un processo continuo, radicato nelle specificità territoriali e aperto a tutte le fasce di lavoratori.