India blocca le acque del chenab verso il Pakistan e rompe il trattato delle acque dell’indo

La crisi tra India e Pakistan si intensifica dopo l’interruzione del flusso d’acqua del fiume Chenab, violando il trattato delle acque dell’Indo e aumentando le tensioni militari nella regione del Kashmir.
La decisione dell’India di interrompere il flusso d’acqua del fiume Chenab verso il Pakistan ha violato un trattato storico, aggravando le tensioni già elevate tra i due Paesi nel contesto di conflitti e rivalità geopolitiche regionali. - Unita.tv

La tensione tra India e Pakistan ha raggiunto un punto critico con la mossa di New Delhi di interrompere il flusso d’acqua del fiume Chenab verso il Pakistan. Questo gesto ha violato il trattato delle acque dell’Indo, un accordo rimasto in vigore per oltre mezzo secolo, resistendo a quattro conflitti armati. L’azione si inserisce in un contesto di forte instabilità, dove dopo attentati nel Kashmir indiano, scaramucce al confine e l’espulsione di diplomatici, i due paesi sembrano avvicinarsi a uno scontro più acceso.

L’interruzione dell’acqua del chenab e la rottura del trattato

Il governo indiano ha deciso di agire direttamente sulla diga di Baglihar, una struttura che regola il passaggio delle acque del Chenab, uno dei principali fiumi che attraversano la regione del Kashmir e raggiungono il territorio pakistano. Questa decisione ha interrotto il normale flusso verso il Pakistan, violando così il trattato del 1960 conosciuto come trattato delle acque dell’Indo, il quale aveva garantito un accordo pacifico circa l’uso delle acque fluviali tra le due nazioni. L’accordo era riuscito a sopravvivere a momenti di forte tensione e a quattro guerre, risultando una delle rare intese rimaste attive tra India e Pakistan.

L’azione di Nuova Delhi è stata letta come un azzardo politico che rischia di aggravare ulteriormente le relazioni bilaterali. Non si tratta solo di una questione idrica ma di un segnale chiaro sulle intenzioni di rivedere gli equilibri storici nella regione contesa del Kashmir. La presa di posizione arriva in un momento in cui i rapporti diplomatici sono già in uno stato di crisi profonda, con la chiusura dei confini e l’espulsione reciproca di diplomatici.

Il contesto di tensione militare lungo il confine

Dopo gli attentati verificatisi nel Kashmir controllato dall’India, si sono registrati scontri minori lungo la linea di confine tra i due paesi. Questi episodi hanno portato a un’escalation di comunicazioni aggressive e all’avvio di esercitazioni militari su entrambe le sponde. Il 2025 vede dunque una nuova fase di contrasti che rischia di sfociare in un conflitto aperto. Il governo pakistano ha segnalato di attendersi un’offensiva militare indiana, alimentando preoccupazioni per una possibile emergenza militare.

Risale al 2019 un evento simile, quando l’India aveva effettuato un attacco aereo dimostrativo in risposta a un attentato. In quel caso la tensione si era poi leggermente alleggerita, ma oggi il quadro risulta diverso. La leadership indiana, sotto il primo ministro Narendra Modi, ha investito molto nella promessa di pacificazione del Kashmir. Tuttavia, la destabilizzazione dell’area potrebbe convincere Modi ad adottare misure più decise per controllare le violenze e mantenere la stabilità interna.

I fattori geopolitici che complicano la crisi nel kashmir

Il Kashmir rimane un territorio diviso, con l’area dominata dall’India ben militarizzata e sotto controllo, mentre la parte pakistana sfugge in parte al controllo di Islamabad. Questo crea una zona grigia dove si annidano tensioni e insurrezioni. Il partenariato cresce tra Pakistan e Cina, complice anche il deterioramento dei rapporti tra pakistani e Stati Uniti. La riduzione della collaborazione militare tra Washington e Islamabad ha eliminato un canale di comunicazione importante, aumentando i rischi di incomprensioni e tensioni incontrollate.

Nel frattempo, a seguito della guerra nel Ladakh del 2020, l’India ha spostato il proprio interesse verso la competizione con la Cina lungo la linea di controllo effettivo . Modi ha cercato di mantenere un clima di distensione con il Pakistan per potersi concentrare sulla sfida cinese. Tuttavia, gli sviluppi recenti mostrano come i due fronti rimangano interconnessi e la crisi nel Kashmir non sia da considerarsi isolata.

I rapporti militari e le influenze internazionali nell’area

L’India accelera la modernizzazione delle proprie forze armate per affrontare la minaccia cinese lungo l’Himalaya, mentre il pakistano si trova con un bilancio militare di circa 8 miliardi di dollari, molto inferiore ai 79 miliardi stanziati da New Delhi. La Cina, con un budget stimato di 400 miliardi, mantiene un ruolo chiave, organizzando manovre militari importanti proprio sull’Himalaya e mostrando un chiaro sostegno al Pakistan, specie per la protezione dei cantieri e delle infrastrutture coinvolte nella Belt and Road Initiative.

Le rimostranze cinesi verso il governo pakistano riguardano la concessione di sicurezza alle proprie presenze nell’area. Questo contribuisce a rendere il rapporto tra i due più complesso e a complicare l’equilibrio nell’area. Nel frattempo gli Stati Uniti riducono i rapporti militari con il Pakistan a seguito del ritiro dall’Afghanistan. Il ruolo di Washington rimane ambiguo, con alcune figure repubblicane, come il vicepresidente J.D. Vance e il direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard, che esprimono supporto alla lotta indiana contro il terrorismo.

Donald Trump, in cerca di rilancio politico, aveva tentato di riavviare collaborazioni in termini di sicurezza anche sulle risorse minerarie pakistane. Le mosse future di Washington potrebbero oscillare tra un sostegno indiretto all’India e una volontà di lasciare aperto il confronto, testando la capacità cinese di risposta. Le tensioni in Asia si intrecciano così con gli interessi globali, dove uno scontro tra India e Pakistan sostenuti da superpotenze potrebbe modificare gli equilibri regionali e mondiali.