Incontro zelensky-putin ad ankara, la sfida per un cessate il fuoco e i nodi irrisolti del conflitto ucraino
Un possibile summit tra Zelensky e Putin ad Ankara potrebbe segnare un cambiamento nelle relazioni tra Ucraina e Russia, ma le incertezze diplomatiche e i nodi irrisolti restano significativi.

Il possibile incontro tra Zelensky e Putin ad Ankara rappresenta una delicata fase diplomatica nel conflitto ucraino, con molte incognite e nodi irrisolti, mentre Turchia e Stati Uniti giocano ruoli chiave nella mediazione. - Unita.tv
L’ipotesi di un confronto diretto fra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin sta scuotendo la scena diplomatica internazionale. Previsto ad Ankara, questo possibile summit si inserisce in un contesto di guerra che dura ormai da anni, provocando distruzioni e migliaia di vittime. Con i riflettori puntati sulla partecipazione o meno del presidente russo, le incognite restano molte, a partire dai temi della contesa che ancora impediscono una intesa tra Kiev e Mosca.
Zelensky e putin, un possibile faccia a faccia a ankara tra incertezze e premesse diplomatiche
L’appuntamento fissato per giovedì 15 ad Ankara potrebbe rappresentare una novità nelle relazioni tra Ucraina e Russia. Un incontro diretto tra Zelensky e Putin, tuttavia, resta incerto visto che il Cremlino non ha confermato ufficialmente la presenza di Putin, suggerendo che potrebbe partecipare solo il ministro degli esteri Lavrov. Zelensky ha messo una condizione netta: parteciperà solo se a sua volta sarà presente Putin.
Gli equilibri diplomatici non sembrano ancora maturi, perché al momento i principali nodi di discussione non hanno trovato una base comune. Tali questioni riguardano soprattutto la sovranità sui territori contesi, la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, e il controllo delle vie fluviali strategiche per l’Ucraina, secondo quanto sottolineato da David Witkoff, rappresentante Usa impegnato nelle negoziazioni. Prima del dialogo tra i due presidenti, sono attesi altri incontri fra le rispettive delegazioni per definire meglio i termini di un eventuale accordo.
Leggi anche:
La partita diplomatica e le condizioni iniziali
La partita è complicata. Zelensky fino a poco tempo fa proibiva per legge ogni trattativa con Mosca e, anzi, aveva chiesto un cessate il fuoco di almeno 30 giorni per aprire qualsiasi discussione di pace. Dal canto suo, Mosca ha sempre respinto questa ipotesi. In mezzo resta l’impegno di Trump, che ha insistito perché Zelensky accetti la proposta di dialogo russa senza aspettare la tregua militare. Le condizioni, dunque, restano lontane dal trovare un’intesa.
Il ruolo degli stati uniti tra pressione diplomatica e margini di manovra limitati
Gli Stati Uniti continuano a essere un attore chiave nelle trattative. Trump, nonostante la sua uscita dall’attività politica di primo piano, ha spinto per una svolta negoziale definendo un possibile ruolo anche per sé stesso negli incontri a livello di capo di stato. Tuttavia, i segnali indicano un crescente scetticismo da parte sua. Ha fatto capire che, in caso di un nuovo insuccesso, Washington potrebbe ritirarsi dal tavolo delle trattative.
Complessità nella gestione della crisi
La gestione della crisi ucraina si è dimostrata più complessa del previsto. Trump aveva ipotizzato di risolverla rapidamente, in pochi giorni, ma ha dovuto ammettere la difficoltà della situazione. Per questo, una possibile sua partecipazione diretta agli incontri non avrebbe potuto prescindere da incontri preliminari approfonditi. Non si può infatti pensare a una trattativa risolutiva in un solo faccia a faccia senza che già siano stati affrontati e limati i punti di frizione.
Ciò non toglie che gli accordi già firmati dagli Usa con Kiev, in particolare il fondo per la ricostruzione e la gestione delle risorse, sono un segnale di sostegno concreto. Ma il clima di guerra rende improbabile l’immediato avvio delle operazioni previste. Intanto, la prosecuzione dei combattimenti favorisce le spinte territoriali russe e rende incerta la stabilità politica ucraina. Gli Usa si trovano quindi in una posizione delicata, dove conviene mantenere un interlocutore affidabile come Zelensky almeno nel breve periodo.
Europa e turchia: una rinegoziazione delle alleanze e della mediazione nel conflitto
A differenza di Stati Uniti e Turchia, l’Europa appare sempre più marginale nel contesto della crisi ucraina. Vladimir Putin ha più volte puntato a mettere pressione sulla Ue con minacce di nuove sanzioni in risposta alle prese di posizione di Bruxelles. La scelta di Ankara come sede dei colloqui rafforza il ruolo della Turchia, la quale mantiene rapporti sia con Kiev sia con Mosca.
La posizione strategica della turchia
La posizione della Turchia è stata ambigua ma strategica sin dall’inizio del conflitto. Pur fornendo aiuti militari all’Ucraina, ha continuato ad acquistare petrolio russo, diventando così un punto di mediazione importante. La sua capacità di mantenere aperti i canali con entrambe le parti le fornisce un vantaggio diplomatico significativo. Ankara si è inoltre posizionata come un luogo sicuro in cui organizzare incontri multilaterali.
L’Europa, al contrario, ha mostrato una gestione meno pragmatica. Le istituzioni europee hanno mantenuto una linea dura verso Mosca, imponendo sanzioni mentre rinunciavano ad accordi come la ripresa dell’importazione di gas russo tramite Nord Stream 2. L’atteggiamento resta conflittuale, privo di iniziative concrete per facilitare una soluzione politica. Analogamente, le figure politiche europee, dal cancelleria ai rappresentanti esteri, non hanno raccolto la sfida di un ruolo più attivo nel negoziato.
Le condizioni sul tavolo e le prospettive del negoziato tra kandi non ancora sciolti
Sul tavolo delle trattative ci sono questioni delicate da risolvere, prima di immaginare una pace duratura. La cessione di alcune aree territoriali da parte dell’Ucraina alla Russia rimane uno degli argomenti più controversi. Kiev non può accettare di perdere interamente il controllo di zone strategiche, ma Mosca non pare disposta a rinunciare facilmente.
La centrale nucleare di Zaporizhzhia poi, è diventata un punto caldo nel conflitto perché il suo controllo implica rischi per la sicurezza e questioni di sovranità importanti. Ogni decisione su questo tema richiede un accordo molto dettagliato e stringente per evitare incidenti gravi.
Vie fluviali fondamentali e controllo strategico
Infine, gli accessi alle vie fluviali fondamentali come il Dnepr e i collegamenti al Mar Nero rappresentano un elemento vitale per l’economia ucraina, per esempio per il trasporto di merci e risorse. Il permesso russo o la negoziazione di diritti di passaggio fanno parte della trattativa, complicata da interessi opposti e reciproca diffidenza.
Le delegazioni diplomatiche dei due stati, insieme ai mediatori internazionali, dovranno lavorare molto per trovare un terreno comune. Il vertice tra Zelensky e Putin potrebbe arrivare solo dopo un lungo percorso fatto di incontri preparatori. Senza questa base, un faccia a faccia rischierebbe di risultare infruttuoso, anzi di minare definitivamente altre possibilità di dialogo. La complessità del conflitto non consente scorciatoie dell’ultimo minuto.
L’evoluzione della crisi ucraina si compatta attorno a questi incroci di interessi e strategie. Si attende adesso di vedere se la Turchia riuscirà a garantire un incontro effettivo tra i due leader e se l’equilibrio diplomatico potrà reggere alle spinte contrarie. La tensione rimane alta, mentre il mondo osserva una partita che si gioca sul filo della guerra e della pace.