In italia il 60% della popolazione non paga le tasse: le conseguenze sul welfare, lavoro e natalità
L’evasione fiscale in Italia supera il 50%, gravando su un ristretto gruppo di contribuenti e alimentando povertà, debito pubblico e una natalità in calo, con impatti sociali significativi.

L'articolo evidenzia come l'evasione fiscale in Italia, che supera il 50%, grava su una minoranza di contribuenti, compromettendo la sostenibilità del welfare, aumentando il debito pubblico e aggravando povertà e denatalità, con conseguenze negative sulla crescita economica e sociale del paese. - Unita.tv
L’evasione fiscale in Italia supera il 50%, causando un forte squilibrio nel sistema di contribuzione statale. Solo una minoranza sostiene il peso delle tasse necessarie per finanziare sanità, istruzione e assistenza sociale. Questa dinamica grava su una fetta limitata della popolazione, mentre quasi un quinto degli italiani vive in condizioni di povertà. Contemporaneamente, la natalità continua a calare, creando un circolo vizioso che blocca la crescita economica del paese da decenni.
L’attuale distribuzione del carico fiscale e la sua incidenza sulla società
Oggi in Italia circa il 59% della popolazione non versa tasse dirette, mentre un altro 24% paga solo quelle minime, necessarie per usufruire dei servizi pubblici di base. Chi resta a sostenere questa mole fiscale è un ristretto gruppo, circa il 17%, composto da contribuenti con redditi superiori ai 35 mila euro lordi annui. Questi soggetti si trovano a dover sopportare una pressione tributaria molto elevata, spesso definita punitiva rispetto alle loro capacità.
Dati di spesa pubblica fondamentale
I dati mostrano infatti che questa minoranza contribuisce a coprire le spese di servizi fondamentali come la sanità, che da sola assorbe circa 60 miliardi di euro, l’istruzione con 66 miliardi, e le attività assistenziali che richiedono oltre 83 miliardi. Questo squilibrio evidenzia una falla nel sistema fiscale italiano, dove la capacità contributiva è concentrata su poche spalle mentre gran parte della popolazione riduce o evita il pagamento delle tasse. Per di più, questa situazione alimenta tensioni sociali e rischia di compromettere la sostenibilità a lungo termine del welfare.
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L’impatto dell’evasione fiscale sul debito e l’equità del sistema
Le ripercussioni dell’evasione raggiungono anche i conti pubblici. L’impegno crescente dello Stato a erogare servizi e bonus per combattere povertà e disuguaglianze si traduce in un indebitamento pari al 135% del PIL, il più alto in Europa. L’accumulo di debito limita le manovre finanziarie del governo e aumenta le difficoltà a garantire stabilità economica.
Aumento di bonus e agevolazioni
Nell’ultimo periodo il ricorso a bonus e agevolazioni è aumentato notevolmente, come strumento per sostenere fasce di popolazione in difficoltà. Tuttavia, questo incremento, seppure necessario, ha pesato ulteriormente sulle finanze pubbliche già compromesse dal mancato gettito fiscale. Il risultato è un circolo vizioso: meno tasse raccolte, più spesa per assistenza, più debito pubblico accumulato.
Povertà e natalità: connessioni e conseguenze sulla crescita demografica e sociale
I dati sulla povertà in Italia sono preoccupanti. La povertà assoluta riguarda circa 5,8 milioni di persone, mentre quella relativa investe altri 8,7 milioni di cittadini. Queste cifre equivalgono grosso modo al 10% della popolazione. A questi vanno aggiunti circa 30 milioni di ISEE presentati ogni anno per accedere a bonus e agevolazioni. Questi numeri dipingono un quadro in cui molte famiglie vivono situazioni economiche precarie.
Effetti della povertà sulla natalità
Una delle conseguenze dirette di questa condizione è l’abbassamento della natalità. Le persone coinvolte nella lotta quotidiana per arrivare a fine mese si trovano con meno risorse, energie e prospettive per pianificare una famiglia o allargare quella esistente. La denatalità, ormai una costante da decenni, aggrava ulteriormente le difficoltà economiche e sociali del paese perché riduce la base futura di contribuenti e lavoratori.
Gli incentivi alla natalità rischiano di svanire o di non raggiungere l’impatto sperato se non si affrontano contemporaneamente le cause economiche e sociali del disagio. Per molte famiglie, garantire un futuro sereno ai figli resta un’impresa ardua davanti a condizioni di povertà estesa e pesanti pressioni fiscali su chi contribuisce.
Le prospettive delle misure fiscali e le dichiarazioni dei politici
In questo scenario complesso, le spinte politiche si concentrano su misure come la pace fiscale che, secondo fonti ufficiali, dovrebbe essere definita entro l’estate 2025. Il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato l’impegno a chiudere questa pratica entro quella data. Nel frattempo, il ministro dell’economia Giancarlo Leo ha annunciato un taglio dell’Irpef per il ceto medio, pensato come sollievo fiscale per una parte della popolazione che si trova nel mezzo tra le fasce più ricche e quelle meno abbienti.
Possibili impatti e criticità future
Queste mosse puntano a riequilibrare la pressione fiscale e stimolare la partecipazione alla contribuzione. Restano aperti i nodi legati all’evasione strutturale e a come questi interventi possano agire concretamente su un sistema che da troppo tempo si scontra con sacche ampie di non contribuzione.
Le misure previste vanno quindi monitorate con attenzione, considerando l’ampiezza delle problematiche di fondo. Se la realtà resta quella di una porzione consistente della popolazione esclusa dal regime fiscale ordinario, ogni tentativo di sostegno economico rischia di riflettersi solo parzialmente sulla qualità dei servizi e sul senso di equità.