Il vicepresidente della palestina propone uno Stato unico e uguali diritti in un accordo con israele
Hussein al-Sheikh propone un accordo per uno Stato unico tra palestinesi e israeliani, con Gerusalemme come capitale, in un contesto di crescente crisi umanitaria e tensioni regionali.

Hussein al-Sheikh, vicepresidente palestinese, propone uno Stato unico con uguaglianza di diritti e Gerusalemme capitale, promuovendo dialogo e riconciliazione in un momento di crisi e tensioni con Israele. - Unita.tv
Il vicepresidente dello Stato della Palestina, Hussein al-Sheikh, ha lanciato una proposta inedita nel contesto del complesso conflitto tra palestinesi e israeliani. Dopo anni di negoziati e tensioni che hanno segnato il Medio Oriente, al-Sheikh ha aperto la possibilità di firmare immediatamente un accordo basato su uno Stato unico, invece della storica formula dei due Stati. La sua proposta prevede uguaglianza di diritti per tutti i cittadini e Gerusalemme come capitale, segnando un cambio di strategia rispetto alle negoziazioni tradizionali. Questa posizione è arrivata in un momento delicato, tra tensioni crescenti e l’intensificarsi della crisi umanitaria nella regione.
Dalla lunga ombra di abu jahed al ruolo di vicepresidente palestinese
Hussein al-Sheikh, noto per anni con il nome di battaglia Abu Jahed, ha trascorso più di quindici anni lontano dai riflettori internazionali prima di emergere come figura chiave della leadership palestinese. Nato 64 anni fa da famiglia di profughi, ha ottenuto la carica di primo vicepresidente di Ramallah il 26 aprile scorso, un ruolo mai ricoperto in precedenza nella storia palestinese. La sua nomina è stata proposta da Mahmoud Abbas, e approvata dal Comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Al-Sheikh ha così assunto la guida in un momento particolarmente difficile, caratterizzato da una crisi interna e da contrasti con Israele. Nel primo lungo intervento pubblico come erede designato, ha mostrato una particolare attenzione nel non parlare di lasciti o eredità, ma di soluzioni concrete. Ha, inoltre, dato un segnale chiaro sulla sua posizione riguardo Hamas, definendo l’attacco del 7 ottobre un colpo anche contro l’autorità palestinese, pur sottolineando la necessità di mantenere un dialogo aperto con israeliani ed evitare di confondere l’intero popolo ebraico con le responsabilità di alcune fazioni.
Il dialogo con israele e la gestione dei permessi per i palestinesi
Uno dei compiti di al-Sheikh da anni è gestire l’ufficio che si occupa dei rapporti con Tel Aviv riguardo ai permessi di lavoro e alle cure mediche per i palestinesi che devono recarsi in Israele. Questo ruolo lo ha portato a essere il mediatore di una realtà difficile, dove le tensioni si intrecciano con le necessità del popolo palestinese. Al-Sheikh, che ha passato quasi undici anni in carcere duro per il suo coinvolgimento nella resistenza armata, ha imparato l’ebraico durante la detenzione, dimostrando la sua volontà di comunicare e mediare. Rispondendo alle accuse che lo indicano come collaboratore degli occupanti, il vicepresidente ha chiarito che non c’era altra scelta se non quella di dialogare per assicurare ai palestinesi i permessi indispensabili. Questo tipo di mediazione ha spesso rappresentato un punto di equilibrio in mezzo a una situazione esplosiva, aiutando le persone più vulnerabili ad accesso a servizi essenziali.
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Reazioni alle operazioni militari e la posizione europea secondo al-sheikh
Hussein al-Sheikh ha espresso sorpresa e delusione per la risposta della comunità internazionale alle operazioni militari israeliane, in particolare per il modo in cui Regno Unito e Francia hanno criticato con toni durissimi il primo ministro Netanyahu. Per il vicepresidente palestinese, alcune posizioni europee risultano troppo severe, mentre la decisione dell’Italia di non unirsi alle richieste di fermare gli attacchi a Gaza ha lasciato l’amaro in bocca. Ha condannato con forza gli spari rivolti dalle forze israeliane contro inviati diplomatici arabi e internazionali nei pressi di Jenin, un episodio che ritiene inaccettabile e che richiede un intervento urgente della comunità mondiale. Al-Sheikh ha ribadito la necessità di porre fine alle incursioni nei territori palestinesi e ha rinnovato la richiesta di riconoscimento dello Stato della Palestina, una questione fondamentale per ristabilire una prospettiva politica e di pace.
Il 7 ottobre e la risposta palestinese alla crisi
Intervistato sulle conseguenze dell’attacco condotto da Hamas il 7 ottobre, al-Sheikh ha messo in discussione la legittimità del massacro causato quel giorno, domandando se possa giustificare quello che ha definito un genocidio in risposta israeliana. Il vicepresidente ha condannato la risposta sproporzionata di Israele, sottolineando la necessità urgente di fermare il conflitto. Al-Sheikh ha chiesto sforzi concertati a livello internazionale per affrontare l’emergenza umanitaria che si è aggravata a Gaza. Sulla scena americana, ha mostrato prudenza riguardo all’amministrazione Biden, sottolineando come Trump sia assorbito da altre priorità soprattutto interne e da dossier esteri, e ha ringraziato Papa Leone XIV per le sue parole e il sostegno espresso verso Gaza. Ha infine annunciato l’intenzione di incontrarlo a breve, testimoniando un’apertura verso canali diplomatici anche internazionali.
Unione palestinese contro la divisione e le sfide con israele
Per al-Sheikh, uno degli obiettivi principali è il rilancio della riconciliazione tra i vari gruppi palestinesi che spesso hanno mostrato divisioni insanabili. Sostiene con forza che il popolo palestinese non deve farsi dividere, perché Israele da decenni ha tra i propri piani quello di frammentare l’unità palestinese. Pur ammettendo la mancanza di fiducia nella leadership israeliana attuale, senza possibilità di costruire a breve termine rapporti efficaci, ribadisce che una eventuale pace passa necessariamente da un accordo. Ricorda come la storica intesa tra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin sia un modello da riprendere, benché entrambi fossero stati poi assassinati. Questo passaggio contiene un monito a guardare al futuro senza ignorare le difficoltà del passato, riconoscendo che il percorso verso un accordo richiede passaggi delicati e la volontà di superare le guerre e le divisioni interne.