Il ricordo dei conclavi di 1978 e le sfide del conclave 2025 tra italiani divisi e protagonismi globali

La scelta del nuovo papa nel 2025 si preannuncia complessa, influenzata dalle dinamiche storiche dei conclavi del 1978 e dalla crescente presenza di cardinali provenienti da continenti emergenti.
L'articolo analizza i conclavi del 1978 come punto di svolta storico per la Chiesa cattolica, evidenziando le tensioni tra correnti italiane e l'emergere di figure internazionali, e riflette sulle dinamiche e le sfide attese per l'elezione papale del 2025. - Unita.tv

La scelta del nuovo papa è una pagina cruciale della storia della Chiesa cattolica, dove antichi equilibri e nuovi scenari si incrociano. L’esperienza dei conclavi del 1978 rappresenta un tassello importante per comprendere le dinamiche attese nel prossimo appuntamento elettorale del 2025. La dialettica tra personalità italiane e figure provenienti da altri continenti sembra destinata a influenzare profondamente la prossima elezione. Il ricordo di Giuseppe Siri, Giovanni Benelli, Karol Wojtyła e le svolte degli ultimi conclavi offrono una mappa per interpretare le correnti in gioco oggi.

Il ruolo di giuseppe siri e il doppio confronto del 1978

Nel mese di agosto del 1978, durante i novendiali in memoria di Paolo VI, il cardinale Giuseppe Siri si rivolse ai suoi colleghi porporati sottolineando la necessità di impegnarsi duramente per lasciar agire lo Spirito Santo nella Cappella Sistina. Il cardinale, arcivescovo di Genova, aveva già esperienza di partecipazione a due conclavi, nel 1958 e nel 1963, e si apprestava a vivere il suo terzo nell’estate di quell’anno. In realtà, pochi sapevano che sarebbe stato protagonista anche di un quarto conclave a ottobre, un evento senza precedenti nella storia moderna della Chiesa.

Siri rappresentava contemporaneamente la figura del “papabile” e del “papa-maker”, ruolo che gli aveva consentito di influire nelle elezioni pontificie precedenti. Nella prima tornata del 1978, in un clima complesso segnato dal declino della salute di Paolo VI, fu tra i mediatori principali che favorirono la rapida elezione di Albino Luciani. Questo esito non fu casuale ma frutto di accordi faticosi e calcoli precisi, l’“azione con fatica di uomini” evocata da Siri. La politica interna della Chiesa e le divisioni tra porporati circondavano ogni scelta e la capacità di trovare un’intesa rapida evitò ulteriori tensioni.

Quando invece morì Giovanni Paolo I dopo appena 33 giorni di pontificato, nel conclave di ottobre 1978 il confronto si fece più duro. Siri si trovò coinvolto in uno scontro diretto con Giovanni Benelli, altro cardinale italiano emerso come leader di una corrente progressista. Quattro scrutini serrati si conclusero senza un vincitore chiaro. Il duello tutto italiano evidenziò la spaccatura interna del collegio cardinalizio. Alla fine, nessuno dei due riuscì a ottenere i voti necessari e si aprì la strada all’elezione di Karol Wojtyła, il primo papa non italiano dai tempi di Adriano VI.

Il conclave di 1978 come spartiacque tra italia e mondo esterno nella scelta del papa

Il conclave del 1978 segnò una netta cesura nelle strategie di elezione del pontefice. Da un lato c’era infatti un gruppo italiano diviso tra tradizione e riforma, con un cardinale conservatore come Siri che rappresentava il vecchio episcopato, e un giovane progressista come Benelli che incarnava le spinte verso un cambiamento. Dall’altro lato si profilava l’ingresso sulla scena di una figura esterna, Karol Wojtyła, proveniente dalla Polonia e simbolo di una Chiesa impegnata a confrontarsi con il mondo e con i mutamenti geopolitici.

Il conciliabolo tra porporati, da una parte legati alla Curia e dall’altra alla periferia ecclesiastica e pastorale, rifletteva le tensioni del post-Concilio Vaticano II, ancora vive in quegli anni. Paolo VI aveva avviato un’apertura verso il mondo ma anche un’attenzione rigorosa alla tradizione. Quel delicato equilibrio rendeva il conclave un vero campo di battaglia.

Wojtyła, proveniente da un contesto marcato dall’opposizione al regime comunista, portava con sé un profilo di papa non compromesso con la tradizione italiana. Non solo fu percepito come una scelta capace di superare le divisioni interne, ma anche come un segnale di rinnovamento della Chiesa cattolica, con uno sguardo più ampio rispetto ai confini europei centrali. Quel passaggio rappresentò l’inizio di una nuova era, in cui le tappe verso una Chiesa più globale acquistarono maggior forza.

Il confronto con i conclavi recenti e la lezione per il 2025

I due conclavi del 21° secolo, quello del 2005 che elesse Joseph Ratzinger e quello del 2013 che scelse Jorge Mario Bergoglio, mostrano percorsi più lineari rispetto agli equilibri del 1978, ma conservano insegnamenti preziosi. Alla morte di Giovanni Paolo II, il collegio cardinalizio era fortemente condizionato dai nomi indicati dal pontificato precedente. Ratzinger fu subito indicato come successore naturale, anche se dovette affrontare tensioni interne.

Nel 2013, la rinuncia di Benedetto XVI aprì scenari nuovi. Angelo Scola, cardinale italiano con un curriculum di rilievo, sembrava il papabile più accreditato. Tuttavia le divisioni nel collegio italiano riaprirono la strada a Bergoglio, una figura proveniente dal Sud America fino ad allora poco considerata da alcuni ambienti ecclesiastici europei. La sua elezione mostrò quanto la Chiesa oggi sia aperta alla presenza di leader di aree dal peso crescente, come l’America latina.

Il quadro attuale del conclave 2025 è segnato da una presenza di porporati con esperienze e visioni diverse, anche se pochi hanno già partecipato ai precedenti conclavi degli scorsi decenni. Fra i nomi in gioco spicca quello di Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo, che fu considerato papabile nel 2013. Molti altri protagonisti di quel conclave sono oggi fuori dalla possibilità di voto per il limite di età o mancanza di incarichi attivi.

L’equilibrio fra correnti italiane ancora frammentate e possibili candidature dall’Asia o dagli Stati Uniti resta un elemento chiave da seguire nei giorni della scelta. Le alleanze e gli orientamenti seguiranno il ritmo degli eventi in Vaticano. Quel che appare certo è che il mondo attende una guida in grado di incarnare una visione inclusiva.

I segnali di una chiesa in evoluzione e gli scenari per il futuro prossimo

I conclavi passati tracciano un percorso che aiuta a comprendere le spinte in atto per la decisione imminente. Lo scontro tra conservatorismo e innovazione, tra identità italocentrica e apertura globale, sono fattori che si ripropongono costantemente. La presenza di cardinali provenienti da continenti emergenti conferma la natura multiforme della Chiesa.

Nel 1978, la figura di Wojtyła cambiò le carte in tavola e portò la Chiesa verso una stagione caratterizzata da nuove frontiere politiche ed ecclesiali. Nel 2013, Bergoglio simbolizzò una Chiesa più vicina ai territori del Sud del mondo, ai problemi sociali e alla pastorale concreta. Oggi, mentre il conclave si avvicina, i media e gli osservatori puntano i riflettori sulle divergenze italiane e sul ruolo che le realtà extraeuropee potrebbero assumere.

Lo si capisce da alcune scelte già in parte anticipate nei primi scrutini del conclave precedente, ma anche dalla composizione attuale del Collegio cardinalizio. Una Chiesa con un volto sempre più globale cerca una guida in grado di raccogliere sensibilità diverse senza rinunciare a un messaggio coerente. L’ombra degli scenari geopolitici internazionali, dalla pressione degli Stati Uniti alla crescente influenza asiatica, si allunga sulla decisione finale.

Il futuro papa sarà chiamato a navigare queste correnti, conciliando passato e presente con la richiesta di risposte reali a problemi urgenti. Il ricordo di Siri, Benelli e Wojtyła resta parte di questa storia fatta di tensioni e compromessi, che si rinnova ogni volta nella Cappella Sistina.