il report istat 2024 sulle condizioni di vita in italia: dati, rischi e divari territoriali
Il rapporto dell’Istat del marzo 2025 analizza la situazione economica e sociale delle famiglie italiane, evidenziando il rischio di povertà e le differenze territoriali tra nord-est e mezzogiorno.

Il rapporto ISTAT 2025, basato sull’indagine EU-SILC, analizza la povertà e le condizioni di vita delle famiglie italiane nel 2023-2024, evidenziando forti divari territoriali e familiari nel rischio di vulnerabilità economica e sociale. - Unita.tv
Il rapporto pubblicato dall’istat a marzo 2025 fotografa la situazione economica e sociale delle famiglie italiane tra il 2023 e il 2024. Questo documento si basa su dati raccolti dall’indagine EU-SILC, coordinata a livello europeo da Eurostat, e offre una panoramica aggiornata delle difficoltà e dei cambiamenti nel modo in cui gli italiani affrontano reddito, lavoro e vivibilità. Attraverso un campione rappresentativo, istat presenta numeri precisi che testimoniano come il territorio e la composizione familiare influenzino i livelli di vulnerabilità nel Paese.
Come funziona l’indagine eu-silc per misurare reddito e condizioni di vita
L’indagine EU-SILC si posiziona come una delle principali fonti di dati a livello europeo per studiare il benessere delle famiglie. Viene condotta in italia ogni anno dall’istat e raccoglie informazioni su diversi aspetti della vita quotidiana. Oltre al reddito, vengono analizzate le caratteristiche dell’abitazione, l’accesso a servizi fondamentali, la capacità di sostenere spese impreviste e le condizioni occupazionali.
I dati per il report 2024 sono stati raccolti tra gennaio e maggio 2024, interessando 31.790 famiglie e quasi 63.000 persone distribuite in circa 850 comuni italiani. La selezione avviene con criteri statistici accurati, così da rappresentare fedelmente il quadro demografico e sociale nazionale.
Le interviste si svolgono principalmente a domicilio, usando supporti informatici per garantire precisione, o tramite chiamate telefoniche. Sono coinvolti tutti i membri della famiglia, ma le interviste dirette interessano chi ha almeno 16 anni. I dati raccolti vengono poi incrociati con archivi amministrativi di istituzioni come l’Inps o l’Agenzia delle Entrate, per rafforzare la veridicità dei risultati finali. Questo metodo consente di delineare un quadro dettagliato e affidabile della realtà italiana, utile alle istituzioni per calibrare politiche di welfare e strategie sociali.
Povertà e rischi economici in italia: la fotografia 2024
Il rapporto indica che nel 2024 circa il 23,1% della popolazione italiana, equivalente a 13,5 milioni di persone, rientra nella definizione di rischio di povertà o esclusione sociale. Questa classificazione si basa su tre criteri stabiliti a livello europeo e riguarda forme diverse di disagio.
Il primo criterio considera il rischio di povertà economica. In pratica, si tratta di famiglie il cui reddito netto equivalente risulta inferiore al 60% della mediana nazionale. Nel 2024 questa soglia è di 12.363 euro all’anno per una singola persona, poco più di mille euro al mese.
Il secondo criterio riguarda la grave deprivazione materiale e sociale. Una persona entra in questa categoria quando manifesta almeno sette segnali di disagio su tredici possibili. Tra questi spiccano l’impossibilità di coprire spese impreviste, la difficoltà nel riscaldare la casa, la rinuncia a una vacanza o a pasti proteici regolari, la mancanza di connessione internet oppure la difficoltà a mantenere relazioni sociali per motivi economici.
Infine, il terzo criterio si riferisce alla bassa intensità lavorativa, che interessa famiglie dove gli adulti lavorano meno del 20% del tempo disponibile nell’anno precedente. Alcune categorie, come studenti o pensionati, ne sono escluse.
Secondo le regole europee, si considera a rischio chi soddisfa almeno una di queste condizioni. Questo sistema permette di superare la semplice misura della povertà monetaria per evidenziare più sfumature del disagio economico e sociale.
Divari territoriali e la vulnerabilità nelle diverse famiglie italiane
La distribuzione del rischio di povertà mostra un divario importante tra il nord-est e il mezzogiorno. Nel nord-est solo l’11,2% della popolazione si trova in una condizione di vulnerabilità, mentre nel mezzogiorno la percentuale sale al 39,2%, cioè oltre un terzo dei residenti in quell’area. Questi numeri confermano differenze radicate, legate a fattori come la minore presenza di lavoro, livelli occupazionali deboli e redditi mediani inferiori nelle regioni meridionali.
La composizione delle famiglie gioca un ruolo decisivo. Le famiglie numerose, con almeno tre figli, registrano una percentuale di rischio pari al 34,8%. Allo stesso modo, i nuclei monogenitoriali, dove un solo adulto sostiene uno o più figli senza un altro adulto in casa, presentano un rischio del 32,1%. Ciò dimostra che le strutture familiari più fragili o con un carico economico alto incontrano maggiori difficoltà.
Dettagli sui singoli indicatori di rischio
Analizzando ciascun indicatore separatamente si scoprono ulteriori dettagli. Il rischio di povertà riguarda il 18,9% della popolazione. Nel mezzogiorno sale nettamente al 32,2%, mentre nel nord-est è all’8,8%. Le famiglie con membri stranieri o con molti figli, così come i nuclei monoparentali, sono più esposte. La deprivazione materiale riguarda il 4,6% della popolazione con picchi al 10,1% nel mezzogiorno. Famiglie numerose e straniere risultano molto più coinvolte. Per la bassa intensità lavorativa si arriva al 9,2% nazionale, con variazioni tra il 3,6% nel nord-ovest e il 16,9% nel mezzogiorno. Sono soprattutto le famiglie con un solo percettore di reddito e i nuclei monogenitoriali a registrare questo fenomeno.
Sfide e limiti degli indicatori multidimensionali nelle politiche pubbliche
L’approccio adottato da EU-SILC e da istat con l’uso di molteplici indicatori fornisce una lettura sfaccettata della povertà e della vulnerabilità. L’insieme di dati su reddito, deprivazione e lavoro permette di cogliere aspetti che un solo indicatore non potrebbe mostrare.
Tuttavia, questi strumenti presentano limiti importanti. Il rischio di povertà relativa misura la distanza di una famiglia dalla mediana nazionale, ma non sempre corrisponde alla reale capacità di fronteggiare necessità quotidiane essenziali. L’indicatore di grave deprivazione tende a non modificarsi rapidamente, così non registra immediatamente gli effetti di nuove situazioni economiche o di politiche sociali.
Per rendere queste rilevazioni più utili, la loro applicazione dovrebbe collegarsi strettamente alla programmazione delle misure pubbliche. Da qui dovrebbe partire la definizione delle priorità, la distribuzione dei fondi e la valutazione dei risultati concreti sul territorio. Solo adottando questa strada la statistica smette di essere un esercizio astratto e diventa uno strumento per migliorare condizioni di vita e sostenere le persone fragili.