Il rapporto istat 2025 sotto la lente: economia, occupazione, demografia e sfide sociali in italia
Il rapporto dell’Istat del 2025 evidenzia l’andamento economico e demografico in Italia, con record di occupazione ma persistenti disuguaglianze territoriali e di genere, richiedendo riforme urgenti.

Il rapporto ISTAT 2025 evidenzia una crescita economica rallentata, record storico di occupazione ma persistenti disuguaglianze territoriali e di genere, e preoccupanti trasformazioni demografiche che mettono a rischio lo sviluppo sostenibile dell’Italia. - Unita.tv
Il rapporto annuale dell’istat, presentato a maggio 2025, offre una fotografia affidabile dell’andamento economico, demografico e sociale in italia. Con dati che coprono l’ultimo anno e riflessioni sui trend di medio periodo, la relazione del presidente Francesco Maria Chelli mette in luce luci e ombre di un paese che tenta ancora di uscire dalle tensioni generate dalla pandemia e dai contraccolpi geopolitici recenti. Questo documento diventa così un importante strumento per comprendere l’attuale stato della società italiana, le trasformazioni in atto e le difficoltà che – soprattutto sul piano demografico e occupazionale – stanno segnando il paese.
Andamento economico e crescita rallentata dopo la pandemia
Nel 2025 l’economia italiana prosegue una crescita modesta , simile alla media europea, ma lontana da un’espansione solida. Il recupero dagli effetti della pandemia da Covid-19 resta visibile soprattutto nell’aver superato i valori di produzione di febbraio 2020, ma il cammino è incerto a causa delle tensioni internazionali che influenzano gli scambi commerciali. Le famiglie italiane sono riuscite, grazie all’aumento dell’occupazione, a sostenere i consumi con un incremento dello 0,6%. Il potere d’acquisto ha però subito un duro colpo negli ultimi anni, nonostante i rinnovi contrattuali che hanno in parte arginato l’inflazione. I salari reali dei dipendenti restano infatti inferiori del 4,5% rispetto al 2021, segno che l’aumento dei prezzi ha pesato sia sul lavoratore che sulla domanda interna.
Le imprese mostrano una produttività in calo . Questa flessione sembra collegata all’uso limitato delle tecnologie digitali, soprattutto nelle piccole aziende e nel settore dei servizi, dove si concentrano molte nuove assunzioni. Inoltre, la domanda di figure qualificate, specialmente giovani laureati, rimane bassa, un segnale che pesa sulla crescita della qualità del lavoro e la competitività del sistema produttivo.
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Record storico di occupazione e disparità territoriali e di genere
L’occupazione ha raggiunto livelli impensabili fino a pochi anni fa. Nel primo trimestre 2025 si registra un aumento di 450 mila persone occupate rispetto allo stesso periodo del 2024, con un totale di 24,9 milioni di lavoratori, record storico per l’italia. Anche il tasso di occupazione sale al 63%, grazie soprattutto a un incremento di contratti a tempo indeterminato e di lavori a tempo pieno.
Nonostante questi numeri da record la fotografia mostrata dall’istat non cancella alcune difficoltà strutturali. Il tasso di occupazione rimane inferiore di quasi 9 punti rispetto alla media europea. Le differenze tra uomini e donne restano marcate: le donne occupate sono il 17,8% in meno rispetto agli uomini. I divari territoriali poi restano aggravati dalla distanza tra il Mezzogiorno e il Nord del paese, con un gap di oltre 20 punti percentuali. A questo si aggiunge la presenza significativa di forme di lavoro precario: circa un terzo dei giovani e un quarto delle donne occupate sono inseriti in lavori vulnerabili, caratterizzati da salari bassi e contratti poco sicuri.
Questi elementi mostrano come la crescita occupazionale non sia ancora stata in grado di includere tutte le fasce della popolazione e le aree territoriali, mantenendo profonde disuguaglianze che rischiano di frenare la capacità di sviluppo duraturo del paese.
Trasformazioni demografiche: popolazione stabile ma con segnali preoccupanti
Il numero di residenti in italia si mantiene intorno ai 59 milioni, interrompendo un ciclo decennale di calo grazie ai flussi migratori positivi. Gli immigrati, provenienti in gran parte da paesi esterni all’UE, bilanciano le partenze degli italiani all’estero e il saldo naturale negativo causato da un calo delle nascite. Le nascite si attestano a 370 mila, valore inferiore del 200 mila rispetto al 2008. Nel frattempo l’aspettativa di vita è tornata ai livelli pre-pandemia.
Tre fattori limitano però l’aumento della popolazione: la diminuzione delle donne in età fertile, mutamenti degli stili di vita e la disgregazione dei nuclei famigliari tradizionali. Scende al 28,2% la quota di coppie con almeno un figlio, mentre sale al 41% quella dei nuclei monocomposti, costituiti da genitori soli o coppie non sposate. Inoltre aumenta rapidamente il numero di anziani che vivono da soli, già quasi 6 milioni e destinati a crescere ulteriormente nei prossimi 15 anni.
Questi cambiamenti hanno effetti importanti sulla società e l’economia: calano i livelli di solidarietà familiare, cresce la povertà e la difficoltà di accesso ai servizi essenziali. L’allungamento della vita porta a un aumento delle persone non autosufficienti, che richiedono maggiore spesa pubblica e assistenza familiare per il lavoro di cura.
Sfide sociali e lavorative tra cambiamenti generazionali e carenza di riforme
All’interno del mercato del lavoro, la presenza delle generazioni nate nel boom demografico sta diminuendo. Questi lavoratori sono in uscita verso la pensione mentre i giovani che terminano gli studi da poco sono sempre meno. Le imprese fanno fatica a trovare nuovi lavoratori e alcune zone rischiano di restare scoperte.
L’istat non esprime giudizi sulle singole misure politiche, ma evidenzia l’assenza di un programma riformatore adeguato a contenere le criticità crescenti. I problemi strutturali rischiano di minare la solidità del sistema produttivo e la coesione sociale. Il mancato ricambio generazionale, la scarsa produttività e i divari territoriali restano nodi difficili da sciogliere.
Il rapporto sottolinea l’importanza di combinare investimenti tecnologici, formazione e miglioramento delle organizzazioni del lavoro per valorizzare competenze e aumentare la produttività. Però l’impatto della demografia sull’economia e sui servizi fatica a farsi strada nel dibattito politico. Spesso l’attenzione si limita a misure temporanee che non affrontano le conseguenze a lungo termine.
La gestione delle risorse finanziarie deve orientarsi verso scelte che bilancino sostenibilità e sviluppo. Servono interventi mirati che coinvolgano imprenditori, manager, lavoratori e le loro rappresentanze per migliorare redditi e condizioni di lavoro. Intanto, le spese pubbliche per sostenere redditi e famiglie sono aumentate negli ultimi 18 anni, in gran parte destinate a misure non produttive e poco collegati alla crescita.
I dati dell’istat mostrano così una situazione dove si incrociano crisi demografiche, diseguaglianze e rallentamenti economici che richiedono una revisione delle strategie di sviluppo e una più forte capacità di risposta da parte delle istituzioni e della società nel suo complesso.