Il rapporto istat 2025 evidenzia famiglie sempre più piccole e a rischio il futuro demografico ed economico dell’italia
Il rapporto dell’Istat evidenzia un preoccupante calo demografico in Italia, con un aumento delle famiglie mononucleari e una diminuzione delle nascite, che influiscono su lavoro e povertà.

Il rapporto Istat evidenzia il declino demografico italiano, con famiglie sempre più frammentate, calo delle nascite, aumento della povertà e fuga di giovani, minacciando il ricambio generazionale nelle imprese e la sostenibilità sociale ed economica del paese. - Unita.tv
L’ultimo rapporto annuale dell’Istat sulla realtà demografica e sociale italiana mette in luce segnali preoccupanti per il nostro paese. Le famiglie italiane mostrano tendenze di ridimensionamento, con una crescita significativa dei nuclei composti da una sola persona e un calo costante delle coppie con figli. Questa situazione incide non solo sul numero degli abitanti, ormai sceso sotto i 59 milioni, ma anche su aspetti chiave come il lavoro, la povertà e il ricambio generazionale nelle imprese.
La crescita dei single e la frammentazione delle famiglie italiane
Nel biennio 2023-2024, più del 36% delle famiglie italiane risultano essere formate da persone sole, mentre le coppie con figli scendono sotto il 30%, toccando un dato storico del 28,2%. Non si tratta solo di giovani adulti che vivono da soli; una parte consistente di questa quota riguarda gli anziani over 75, specie donne, che abitano da sole. La diminuzione delle famiglie tradizionali dipende da diversi fattori, tra cui la scelta di posticipare o rinunciare alla genitorialità, l’instabilità lavorativa, i problemi legati all’accesso alla casa, e l’aumento di separazioni e divorzi. Queste cause si intrecciano dando forma a un fenomeno chiamato “inverno demografico” che ridisegna profondamente la composizione della società italiana.
L’impatto del lavoro e del mercato immobiliare
Il ruolo delle difficoltà legate al lavoro e al mercato immobiliare emerge in modo netto. Le nuove generazioni si confrontano con un contesto where stabilità economica e sicurezza abitativa non sono garantite. Questo spinge molte coppie a rinviare la scelta di avere figli, aumentando ulteriormente la già bassa fecondità. Il risultato è una popolazione che si riduce e invecchia, con meno famiglie numerose e più nuclei isolati.
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Il calo delle nascite e l’aumento della povertà nella popolazione italiana
L’andamento demografico registra un segno meno che si traduce in numeri concreti: le nascite del 2024 sono state appena 370mila, circa 200mila in meno rispetto al 2008. Il numero medio di figli per donna scende al livello minimo storico di 1,18. Un segnale preoccupante che riguarda anche il tessuto sociale più ampio. Parallelamente cresce la percentuale di famiglie in povertà e quella di nuclei abitativi composti da una sola persona. Nel rapporto si evidenzia come questa evoluzione stia incidendo negativamente sul welfare e sulla tenuta sociale.
Fuga all’estero dei giovani più istruiti
Un capitolo delicato riguarda i giovani più istruiti, tra i 25 e i 34 anni, che scelgono di lasciare l’Italia alla ricerca di migliori opportunità. Nel 2023 gli espatri di giovani laureati hanno raggiunto la cifra di 21mila persone. I rientri sono pochi e troppo frammentati per compensare le perdite. Nei dieci anni precedenti la popolazione giovanile persa si avvicina ormai a 100mila unità. Questo esodo alimenta il calo demografico e riduce le possibilità per un ricambio generazionale solido.
La crisi del ricambio generazionale nelle imprese italiane
Non solo famiglie, il problema si estende anche al mondo del lavoro e delle aziende. Il rapporto dell’Istat segnala come molte imprese affrontino il rischio di un passaggio generazionale problematico. Nel 30,2% delle aziende, soprattutto piccole realtà con meno di 10 dipendenti, il rapporto tra lavoratori sopra i 55 anni e under 35 supera 1,5. Questo squilibrio crea difficoltà a mantenere attive e competitive le aziende, date le poche risorse giovani disponibili per prendere il posto dei dirigenti più anziani.
Differenze tra grandi e piccole imprese
Le grandi imprese mostrano meno questa criticità, sia perché attraggono più giovani sia per la maggiore capacità finanziaria. Ma la massa delle aziende italiane è composta da piccole e medie realtà che faticano a trovare un ricambio adeguato. La scarsa natalità e la fuga di giovani all’estero alimentano questa tendenza negativa. Il calo del ricambio rischia di rallentare le attività produttive e l’innovazione, compromettendo la solidità dell’economia nel medio periodo.
Le ricadute sociali e demografiche a partire dalla relazione del presidente istat alla camera
Il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, ha presentato il rapporto nel gennaio 2025 alla Camera dei Deputati, sottolineando la situazione complessa che vive l’Italia. Il paese ha una tra le popolazioni più anziane al mondo. Oltre alla crisi demografica si affianca un dato grave sulla povertà assoluta, che coinvolge oggi 5,7 milioni di cittadini su 59 milioni totali.
L’ingresso in età adulta avviene in ritardo rispetto al passato, le famiglie senza figli sono sempre più numerose e i nuclei “ricostruiti” rappresentano ormai il 41% del totale. Queste ultime includono coppie non sposate, genitori soli e persone che vivono da sole senza essere vedove. Questa evoluzione sociale riduce le risorse per la crescita, la cura e il sostegno reciproco, risorse fondamentali per il lavoro e per sostenere la longevità di imprese e servizi. Il rallentamento demografico si lega così a problemi strutturali del paese, con effetti sulla sostenibilità economica e sociale.