Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan ha comunicato lo scioglimento ufficiale e la cessazione della lotta armata durante il suo 12° congresso. Questa decisione segna una svolta dopo decenni di guerra con lo stato turco, che hanno causato migliaia di vittime nella regione. La notizia, diffusa dall’agenzia filo-curda Anf e poi confermata in un comunicato ufficiale, apre la strada a possibili cambiamenti politici in un territorio segnato da tensioni profonde.
La decisione storica durante il 12° congresso del pkk e il ruolo di abdullah Öcalan
Lo scioglimento del pkk è arrivato alla fine del 12° congresso del gruppo, evento che si è svolto la scorsa settimana. Abdullah Öcalan, fondatore e leader storico rinchiuso da 26 anni nel carcere di Imrali, aveva già espresso a febbraio la volontà di fermare la lotta armata. Öcalan definiva il conflitto “un ostacolo alla pace”. Il comitato direttivo ha accolto questo appello, adottando un cessate il fuoco immediato a marzo.
Questa presa di posizione ha aperto la porta a trattative e mediazioni condotte dal partito filo-curdo Dem. Un dato significativo è il sostegno di Devlet Bahçeli, leader dell’Mhp e alleato di Erdogan, che ha supportato inaspettatamente il processo di dialogo. La decisione rappresenta un cambiamento radicale, avvenuto a fronte di mesi di trattative informali in un contesto segnato da repressione e arresti di attivisti curdi.
Leggi anche:
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva definito la mossa di Öcalan un’“opportunità storica”, sottolineando l’importanza politica di questa svolta. Erdogan ora si trova nell’impegno di gestire le istanze curde che riguardano circa il 20% della popolazione turca senza provocare nuove divisioni.
Le richieste curde tra riconoscimento culturale e autonomia amministrativa
Tra i temi sul tavolo emergono alcune richieste precise della minoranza curda. In primo luogo, il riconoscimento costituzionale dell’identità linguistica e culturale del popolo curdo. La questione riguarda soprattutto le province del sud-est della turchia, dove vivono numerose comunità curde.
Oltre a questo, si discute un tipo di autonomia amministrativa per queste aree. Per anni queste rivendicazioni erano state ignorate o respinte dal governo centrale. La loro mancata soddisfazione ha alimentato il conflitto e il senso di isolamento. Ora la situazione sembra aver raggiunto un punto di non ritorno, con la necessità di dare risposte concrete al popolo curdo.
Le tensioni accumulate per decenni negli angoli più marginali dello stato turco potrebbero trovare terreno di confronto grazie alla nuova fase aperta dallo scioglimento del pkk.
La lunga evoluzione del pkk: da gruppo secessionista a forza sottoposta a negoziazioni
Il pkk ha iniziato la sua storia nel 1978, fondato da Öcalan con l’obiettivo di ottenere l’indipendenza del Kurdistan turco. Negli anni ottanta il movimento si è trasformato in una forza paramilitare, con oltre diecimila miliziani impegnati in guerriglia, attentati e scontri nell’Anatolia orientale.
Con il passare del tempo, le istanze si sono in parte ridimensionate: da richieste di separazione totale si è passato a una linea più pragmatica, incentrata sull’autonomia locale e sulla tutela dei diritti culturali e linguistici. Nel 1995 il pkk aveva già abbandonato ufficialmente la battaglia per l’indipendenza, orientandosi verso trattative politiche.
Tra il 2009 e il 2015 sono state tentate aperture diplomatiche e riforme simboliche, come l’abolizione della pena di morte per Öcalan e alcune concessioni alla cultura curda, portate avanti dal governo Erdogan. Quelle speranze sono però svanite dopo il fallito golpe del 2016.
Da allora, la repressione è cresciuta: azioni militari di vasta portata nel sud-est, arresti di sindaci curdi eletti democraticamente, retorica dura da parte delle autorità. Questo clima aveva reso molto difficile immaginare una tregua simile a quella di oggi.
La nuova fase politica tra mediazioni e sfide per il governo di recep tayyip erdogan
La convergenza delle parti ha portato a una situazione inedita. Da un lato c’è la leadership curda che punta alla pace, guidata dall’influenza di Öcalan. Dall’altro, il partito Dem ha svolto un ruolo di mediatore nel processo. Erdogan si trova di fronte a una sfida politica delicata: riuscire a integrare le richieste della minoranza curda senza creare nuove fratture nello stato.
Il presidente turco ha interesse a pacificare le regioni interne in vista di riforme economiche e di un possibile rilancio della trattativa per l’ingresso in Europa. Il contesto internazionale inoltre invita a una riduzione delle tensioni.
Non è ancora chiaro se il governo riuscirà a trasformare questa tregua in un percorso politico duraturo. Restano da affrontare, in modo trasparente, gli aspetti più complessi legati alla rappresentanza e all’autonomia curda. L’esito di questa stagione potrebbe segnare un capitolo decisivo per la stabilità interna della turchia e per le prospettive di pace nella regione.