Il film black Tea racconta l’incrocio tra culture africana e cinese a guangzhou nel 2024
“Black Tea”, film di Abderrahmane Sissako, esplora l’amore e l’identità in un quartiere di Guangzhou, dove culture africana e cinese si intrecciano, affrontando temi di migrazione e comprensione reciproca.

"Black Tea" (2024) di Abderrahmane Sissako racconta una delicata storia d’amore tra una donna africana e un uomo cinese a Guangzhou, esplorando temi di identità, migrazione e dialogo interculturale attraverso la cerimonia del tè. - Unita.tv
“Black Tea”, film uscito nel 2024 e diretto da Abderrahmane Sissako, porta sullo schermo una storia d’amore ambientata in un quartiere di Guangzhou dove la cultura africana si intreccia con quella cinese. La pellicola esplora temi di identità e confronto culturale nelle dinamiche di una comunità multiculturale unica nel suo genere. Dopo la presentazione in anteprima, il film è disponibile nelle sale italiane a partire dal 10 aprile 2025.
Un quartiere di guangzhou tra cultura cinese e diaspora africana
Il racconto si svolge in uno scenario particolare, dove l’incontro tra la diaspora africana e la comunità cinese Han crea un ambiente culturalmente composito. Guangzhou, città nel sud della Cina, si presenta come un luogo in cui tradizioni diverse si sovrappongono e a volte si scontrano. In questo contesto, Sissako offre una narrazione che indaga sul senso dell’identità attraverso la lente delle interazioni quotidiane.
Il regista mauritano-francese ha scelto di mettere in scena persone spinte a cercare un dialogo e una comprensione non detti, nel silenzio delle loro azioni. L’ambiente urbano, con le sue strade, mercati, botteghe di tè, diventa il palcoscenico di una convivenza precaria ma carica di significati. Le culture si toccano e si allontanano, in un gioco di sguardi e gesti che svelano tensioni e affinità. Questa cornice fa emergere la realtà complessa delle migrazioni attuali e delle secondi generazioni che cercano un proprio posto.
Leggi anche:
Il film si differenzia da alcune opere che si limitano al racconto di conflitti sociali aprendo invece a una riflessione fatta di dettagli, di silenzi, di accettazione reciproca che si costruisce fuori dalle parole. Guangzhou diventa così, dentro la pellicola, una sorta di ponte tra mondi che normalmente restano separati e poco dialogano.
La ricerca di una nuova vita
La trama si concentra sulla figura di Aya, giovane donna della Costa d’Avorio che sceglie di rifiutare un matrimonio combinato imposto dalla sua famiglia. Questo gesto non è solo una ribellione personale, ma l’atto che apre la strada a una nuova vita in Cina. Aya si trasferisce a Guangzhou, dove riesce a trovare lavoro in una piccola bottega specializzata nella vendita e preparazione del tè.
Lì conosce Cai, il proprietario del negozio, un uomo riservato e segnato da passato doloroso, tra cui la separazione dalla moglie Ying. Cai introduce Aya alla cerimonia del tè, rituale che assume un ruolo centrale nella loro relazione. Si tratta di un linguaggio fatto di gesti, tempi e silenzi, che trascende le parole e aiuta i due a comprendere l’altro.
Il legame che nasce tra Aya e Cai non segue la classica trama romantica, ma offre uno sguardo calibrato sugli scambi umani che si possono costruire senza la necessità di esprimersi in modo verbale. La loro vicinanza cresce come un movimento lento, fatto di piccoli momenti condivisi e di empatia silenziosa.
I personaggi principali e la loro complessità interiore
Aya, interpretata da Nina Mélo, rappresenta una figura forte e determinata. La scelta di cancellare un destino già scritto la scaraventa in un mondo nuovo, dove deve affrontare difficoltà e adattamenti. La sua forza sta nella capacità di rimanere salda alle sue idee pur attraversando un ambiente completamente diverso, fatto di lingue, abitudini e valori lontani dal suo paese di origine.
Chang Han interpreta Cai, uomo riservato con un passato che lo rende cauto nelle relazioni. La separazione con la moglie Ying pesa sulle sue scelte e sul suo modo di stare con gli altri. Il rapporto con Aya gli offre l’opportunità di riaprire spazi interiori chiusi e di esprimersi attraverso un codice poco verbale: la cerimonia del tè.
Wu Ke-Xi interpreta Ying, la moglie separata di Cai. Anche se la sua presenza non domina la scena, il suo ruolo è cruciale per capire le dinamiche che coinvolgono Cai, evidenziando il senso del distacco e della ferita emotiva che il personaggio porta con sé.
Questi tre personaggi incarnano le differenze culturali e personali in modo concreto, con le loro fragilità e resistenze, mostrando come la convivenza e la comunicazione possano trasformarsi in processo non lineare, fatto di scoperta e accettazione.
Abderrahmane sissako e la sua evoluzione narrativa con black tea
Abderrahmane Sissako si è affermato come regista capace di affrontare temi sociali complessi con sguardo attento e rispettoso. Il suo precedente film “Timbuktu” ha raccontato la vita sotto il controllo di fondamentalisti in Mali con un tono di resistenza e di denuncia.
Con “Black Tea”, Sissako cambia registro concentrandosi su una storia che parla di cura, di incontri pacifici e di affetti che nascono oltre le difficoltà culturali. Il suo occhio resta quello di chi racconta verità difficili ma senza clamori, dando spazio ai dettagli e ai silenzi tra i personaggi.
La scelta di ambientare il film a Guangzhou, in Cina, e di raccontare l’esperienza di una donna africana aprono inoltre alla dimensione globale delle migrazioni e degli scambi culturali. Sissako mette in scena un racconto che tiene insieme l’intimità delle scelte individuali e la complessità delle trasformazioni sociali in atto.
Le riprese a guangzhou, una città al crocevia tra due mondi
Le riprese del film si sono svolte effettivamente a Guangzhou, città simbolo dello scambio commerciale e culturale che coinvolge Cina e Africa. Questo luogo offre un contesto ricco di contrasti e di vita quotidiana intensa, dai mercati alle zone residenziali frequentate da comunità di immigrati.
La produzione, gestita da Cinéfrance Studios e Archipel 35, ha puntato a restituire con precisione l’atmosfera del quartiere dove si svolge la storia. Le strade affollate, le botteghe di tè, i rapporti tra negozianti e clienti compongono un ritratto realistico che restituisce il senso di un luogo di passaggio e di incontro.
Guangzhou qui non è solo sfondo, ma elemento vivo che accompagna e influenza le vicende. Si percepisce la commistione di tradizioni, lingue, usi diversi, che convivono in modo a volte fragile e a volte armonico. Le immagini catturate mostrano la vitalità di questa mescolanza, offrendo allo spettatore uno spaccato preciso e privo di stereotipi facili.
La cerimonia del tè come linguaggio e simbolo nel film
Il rituale della cerimonia del tè occupa un posto centrale nella narrazione, diventando molto più di un semplice gesto tradizionale. Aiuta a superare le barriere linguistiche e culturali tra Aya e Cai, trasformandosi in una forma di dialogo silenzioso ma carico di significati.
La cerimonia si mostra come rituale di calma, rispetto e attenzione, un momento di pausa e di ascolto che crea una connessione profonda tra i personaggi. In situazioni dove le parole si fanno insufficienti o assenti, le azioni della preparazione e degustazione del tè costituiscono un vero e proprio codice di comunicazione.
Questo elemento riflette il valore di tradizioni millenarie nel sostenere rapporti umani, riconfermandone l’attualità e la capacità di creare ponti culturali anche in contesti migratori. La cerimonia diventa, nel film, simbolo di un rispetto reciproco e di un’apertura all’altro.
Riflessioni sull’impatto culturale e sociale di black tea
La pellicola si propone di far riflettere sulle dinamiche della convivenza tra culture diverse in un mondo dove le migrazioni ampliano gli incontri non sempre privi di tensioni. “Black Tea” porta in primo piano il tema dell’amore inteso come possibilità di comprensione oltre i confini nazionali e culturali.
Inoltre, la storia di Aya solleva la questione della condizione femminile e della ricerca di autonomia in contesti tradizionali dove la libertà individuale può risultare limitata.
Questo film offre quindi uno spunto per discutere, senza frasi fatte o semplificazioni, di temi attuali come il multiculturalismo e i cambiamenti sociali legati all’incontro tra culture diverse all’interno delle società contemporanee.
Possibili critiche e polemiche attorno a black tea
Non è escluso che “Black Tea” possa suscitare discussioni critiche sul modo in cui racconta le culture rappresentate. Alcuni potrebbero considerare la rappresentazione cinese e africana non sufficientemente complessa o troppo blanda nel mostrare le contraddizioni di quei mondi.
La scelta di concentrarsi su una storia d’amore silenziosa in un ambiente multiculturale potrebbe essere vista come riduttiva rispetto alla realtà spesso difficile e conflittuale di questi incontri.
Eppure, il rispetto con cui Sissako si approccia ai suoi protagonisti suggerisce un intento diverso, volto a mostrare aspetti meno evidenti ma altrettanto importanti dell’esperienza migrante e dell’incontro tra culture. Saranno le reazioni del pubblico e della critica a chiarire come verrà recepito questo racconto.
“Black Tea” si presenta allora come un’opera che, partendo da un’ambientazione specifica e da vite segnate da scelte difficili, porta al centro l’esplorazione delle relazioni umane e dell’esperienza interculturale in modo misurato e puntuale.