Home Il dibattito sul terzo mandato per i presidenti delle regioni a statuto speciale divide il panorama politico e giuridico italiano

Il dibattito sul terzo mandato per i presidenti delle regioni a statuto speciale divide il panorama politico e giuridico italiano

Il dibattito sul terzo mandato per i presidenti delle Regioni italiane si intensifica, con differenze tra Regioni ordinarie e speciali, mentre la Corte Costituzionale esamina le normative in conflitto.

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L'articolo analizza il dibattito politico e giuridico sul terzo mandato dei presidenti delle Regioni italiane, con particolare attenzione alle differenze tra Regioni ordinarie e a statuto speciale, e alle implicazioni della sentenza della Corte Costituzionale. - Unita.tv

Il tema del terzo mandato per i presidenti delle Regioni italiane resta aperto su diversi fronti, politici e giuridici. In particolare, le Regioni a statuto speciale presentano una situazione distinta rispetto a quelle ordinarie, creando un confronto acceso. Si discute soprattutto della possibilità di permettere un terzo mandato nei territori con statuto speciale, mentre nelle regioni ordinarie esiste un limite chiaro da due mandati consecutivi. Dietro questa discussione, ci sono ricadute politiche concrete, con partiti che puntano a cambiare la maggioranza regionale approfittando delle diversità normative.

La cornice costituzionale e legislativa del terzo mandato per i presidenti regionali

L’articolo 122 della Costituzione italiana fissa le regole base per l’elezione e i casi di ineleggibilità dei presidenti regionali e dei loro consigli. Specifica che le modalità devono rispettare leggi regionali entro i “principi fondamentali” dettati invece da leggi dello Stato. Tra queste spicca la legge n. 165 del 2004, che impone il divieto di un terzo mandato consecutivo per i presidenti delle Regioni ordinarie. In sostanza, chi ha già svolto due mandati consecutivi non può essere rieletto subito.

Il nodo della decorrenza del conteggio

Un nodo non semplice riguarda la decorrenza del conteggio: quando parte il limite dei due mandati? Dal momento in cui la legge nazionale è entrata in vigore oppure da quello della legge regionale? Questa differenza ha creato spazi per interpretazioni diverse, con alcune regioni che hanno tentato di aggirare il divieto.

La sentenza della corte costituzionale e i tentativi di aggirare il divieto in campania

Nel 2025 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale una legge della Regione Campania che permetteva di eludere il divieto dei due mandati. Il ricorso riguardava proprio una norma che impiegava un calcolo diverso per il conteggio. La sentenza ha imposto un limite chiaro e ha ribadito la validità del divieto previsto dalla legge statale.

Questo caso ha acceso un faro sulle differenze tra Regioni ordinarie e speciali, sollevando dubbi sulle norme applicabili ai presidenti di Regioni a statuto speciale. Per queste ultime infatti gli statuti, che sono leggi costituzionali, attribuiscono competenze esclusive in materia elettorale, e dalle Regioni speciali come Trentino Alto Adige arrivano segnalazioni di legislazioni che consentono il terzo mandato.

Il contenzioso sulle regioni a statuto speciale tra competenze esclusive e principi fondamentali

Le Regioni a statuto speciale godono di ambiti di legislazione esclusiva su diverse materie, incluse quelle elettorali. Il Trentino, per esempio, ha approvato una legge che consente al presidente un terzo mandato, diversamente da quanto stabilito per le regioni ordinarie. Il governo centrale ha impugnato questa legge, considerandola in contrasto con la legge nazionale e con i principi fondamentali.

La decisione della corte attesa

Il caso è oggi all’esame della Corte, che dovrà decidere se la competenza della Regione in materia elettorale possa davvero derogare al limite di mandato. L’orientamento della sentenza sulla Campania suggerisce tuttavia una linea di rigore sul vincolo. Le Regioni speciali come Bolzano hanno avuto presidenti al potere per più mandati, senza per questo compromettere la tenuta democratica, ma resta il dubbio su quale sia la soglia di equilibrio su un piano nazionale.

Le implicazioni politiche e le attese dei partiti sul terzo mandato regionale

Il divieto di un terzo mandato interessa direttamente gli equilibri politici nelle regioni del Nord Italia, dove partiti come la Lega detengono la maggioranza e dove Fratelli d’Italia e Forza Italia guardano con interesse alle possibilità di cambio di maggioranza. Le contestazioni legislative mostrano in questo senso la tensione interna al centrodestra, che cerca nuovi spazi di potere.

A livello politico, la questione del terzo mandato mette in scena un conflitto tra la tutela della libertà di scelta degli elettori e la durata del potere degli eletti. Dietro il limite infatti c’è la precauzione che l’elezione ripetuta di uno stesso presidente possa alterare le condizioni di parità in campagna elettorale e influenzare l’azione amministrativa.

La necessità di armonizzazione nel rispetto della libertà degli elettori e dei principi comuni

Nonostante le competenze esclusive concesse alle Regioni a statuto speciale, molti ritengono che le norme fondamentali sulle cariche elettive vadano uniformate, specialmente quando si tratta di presidenti eletti direttamente dal popolo. Il divieto al terzo mandato nasce dalla volontà di preservare la libertà elettorale e di scongiurare l’uso prolungato del potere.

Dietro la regola è riconoscibile una forma di sfiducia verso la possibilità che i governanti prolungino la loro presenza per interessi propri, senza possibilità di controllo. Questo limite rappresenta una salvaguardia per la democrazia locale e nazionale. Per molti la regola dovrebbe valere per tutti o non valere per nessuno, nel rispetto della coerenza istituzionale e del sistema elettorale uniforme.

La riflessione aperta sul rapporto tra fiducia degli elettori e limiti ai mandati

Nel dibattito si è anche aperta una riflessione più ampia: è giusto basare le regole solo sulla sfiducia verso chi detiene il potere? Non potrebbe invece affidarsi maggiormente alla capacità di giudizio degli elettori e alla responsabilità degli eletti? In questo contesto si ipotizza che una revisione delle regole sui mandati possa considerare maggiormente la fiducia e la buona fede nell’amministrazione pubblica.

Resta il fatto che le decisioni formali riguardano tutta la politica nazionale. Se sarà la Corte a decidere, come spesso accade, potrà solo annullare norme e non crearne di nuove. Per ora il futuro del terzo mandato in Italia si muove tra queste incertezze, in attesa delle scelte definitive dei giudici o della politica.