La nomina di papa leone xiv ha subito attirato l’attenzione sulle dinamiche interne del conclave 2025, che ha visto una sfida serrata tra il cardinale Pietro Parolin e il cardinale Robert Francis Prevost. Le prime rilevazioni dello scrutinio hanno svelato un testa a testa che ha anticipato una scelta rapida rispetto alle attese di un’elezione più lunga. Scorrendo le tappe del conclave e le possibili ragioni dietro la decisione è possibile comprendere meglio le linee di forza che segneranno il pontificato del nuovo Papa.
Il voto del conclave e la sorpresa della rapidità
Già poche ore dopo l’inizio del conclave si è diffusa la notizia del terzo scrutinio: Parolin aveva raccolto 49 voti, Prevost 38. Al termine della prima votazione pomeridiana del giovedì, Parolin avrebbe raggiunto e forse superato la soglia dei 89 voti necessari, in un collegio composto da 133 cardinali elettori. Un dato che colpisce, considerando che la maggiorzione in passato è stata spesso preceduta da lunghi confronti e dalle classiche fumate nere. Questa rapidità richiama episodi analoghi del passato, come i conclavi del 1939 o del 1978, quando il Papa è stato scelto in poco più di un giorno.
Composizione e unità nel collegio cardinalizio
La composizione molto eterogenea del collegio dei cardinali, con una larga presenza da varie parti del mondo, aveva fatto prevedere tempi più lunghi. Tuttavia l’unità mostrata nel voto testimonia una volontà netta di armonia interna e di visibilità pubblica della comunione nella Chiesa, che è apparsa come elemento centrale fin dal primo saluto e dall’omelia di papa leone xiv. La rapidità nelle decisioni ha rotto le attese, con pochi cardinali entrati in Sistina già alla terza partecipazione e molti altri alla seconda, segno di una composizione fresca.
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Il ruolo dei principali candidati e le dinamiche di voto
Le prime fasi hanno confermato alcune regole non scritte del conclave: il candidato che ambisce al soglio deve vedere aumentare il proprio consenso turno dopo turno. Parolin è risultato il più votato al primo scrutinio serale, ma i dati indicano che il suo consenso non è cresciuto significativamente nei due scrutini successivi del mattino, contraddicendo uno dei principi interpretativi dello Spirito Santo nelle consultazioni. Questo blocco ha probabilmente aperto la strada ad altri candidati.
Robert Francis Prevost sembra aver raccolto un numero consistente di voti, comparabili a quelli di papa Francesco nel suo conclave, soprattutto provenienti da cardinali del Nord e Sudamerica, anche se con una diversa distribuzione. Il terzo scrutinio ha mostrato infatti un avvicinamento tra Prevost e Parolin, segno che il segretario di Stato ha cominciato a perdere consenso. Infine, nel quarto voto, la preferenza per Prevost è salita notevolmente probabilmente spingendo Parolin fuori dalla corsa diretta, mentre la fascia più ampia degli elettori ha optato per un accordo rapido.
Analogie e differenze con i conclavi recenti
Le cronache hanno paragonato l’attuale conclave a quelli del 2005 e 2013. Nel 2005, Joseph Ratzinger, già favorito fin dall’inizio, era cresciuto progressivamente fino a superare i due terzi il primo pomeriggio seguente l’Extra omnes. Nel 2013 invece il cardinale Angelo Scola perse consenso da subito, lasciando spazio a Bergoglio che portò a termine il conclave. Qui, la dinamica si ribalta: Parolin sembra essersi trovato in una posizione simile a quella di Scola, mentre Prevost assume il ruolo del “piano B” che ha avuto successo.
Voti distribuiti e figure emergenti
Un’ulteriore esplorazione riguarda altri voti distribuiti tra figure come Matteo Zuppi, Pierbattista Pizzaballa, Luis Antonio Tagle, Jean-Marc Aveline e il giovane arcivescovo ucraino Mykola Bychock, che in parte potrebbero aver indirizzato il consenso verso Prevost e la sua base elettorale americana. Questi dati, non ancora ufficiali, mostrano la complessità di un voto che si è sviluppato in meno tempo del previsto ma con alta frammentazione iniziale.
Le possibili conseguenze curiali e la conferma di parolin
La conferma o meno di Parolin alla segreteria di Stato appare uno degli appuntamenti più attesi dopo il conclave. Parolin, diplomatico da anni al servizio della Santa Sede e vicino a papa Francesco, ha guidato la Congregazione dei Vescovi negli ultimi due anni. La sua esperienza e la sua posizione lo pongono in un ruolo centrale per la gestione della Curia. A differenza della posizione assunta dal suo predecessore Bertone, Parolin ha moderato la dinamica autoritaria della Segreteria, riducendo le interferenze politiche e la pressione sugli altri dicasteri.
Il contesto vede però tensioni interne, emerse con il caso del cardinale Angelo Becciu, che hanno complicato la riorganizzazione della Curia, rendendo la strategia del nuovo papa un nodo da sciogliere con attenzione. Restano sul tavolo questioni delicate riguardanti l’impatto della Curia sull’azione della Chiesa e le linee di governo che il pontificato di Leone XIV dovrà definire, evitando però rotture radicali in questa fase iniziale.
Il clima internazionale e gli equilibri interni della chiesa
Il calibro internazionale del conclave, con voci che hanno parlato di un papa non liberal e capace di influenzare scene politiche come quella americana, ha attirato l’attenzione soprattutto negli Stati Uniti. Il cardinale Prevost, con una base elettorale diffusa nel continente americano, è stato descritto come un candidato che avrebbe tenuto un dialogo diretto con il popolo senza lasciarsi incasellare in etichette politiche occidentali.
Nel contesto di geopolitica ecclesiastica, figure come il cardinale Claudio Gugerotti, vicino a Prevost e attivo nei rapporti con le chiese orientali, rappresentano la generazione di dirigenti della Chiesa in crescita. Questo contribuisce a delineare un pontificato che riconosce equilibri interni complessi, tra tradizioni storiche e nuove sfide globali. L’elezione di papa leone xiv si inserisce così in uno scenario delicato, dove ogni scelta avrà peso nella definizione dei rapporti interni e internazionali della Chiesa cattolica.