i danni dell’uso eccessivo di smartphone e social media sulla salute mentale della generazione Z
L’uso eccessivo di tecnologia digitale tra i giovani della generazione Z provoca disturbi fisici e psicologici, evidenziando la necessità di un’educazione più consapevole e relazioni autentiche.

L'articolo analizza l'impatto negativo della tecnologia digitale sulla generazione Z, evidenziando disturbi psicologici e fisici legati all'uso eccessivo di smartphone e social, e sottolinea la necessità di un'educazione più consapevole e relazioni autentiche per contrastare questo disagio. - Unita.tv
L’impatto della tecnologia digitale sugli adolescenti nati dopo il 1996, cioè la generazione Z, si manifesta in una serie di disturbi fisici e psicologici. L’eccessivo allontanamento dalla realtà tangibile e l’immersione continua nei mondi virtuali creati da smartphone e social network stanno creando problematiche sempre più evidenti nel benessere complessivo dei giovani. La riflessione sugli effetti negativi di questo cambiamento si è fatta più intensa dopo l’uscita di “La generazione ansiosa”, il libro di Jonathan Haidt pubblicato nel 2024, che ha messo sotto la lente i risvolti sulla salute mentale di queste abitudini digitali.
Segnali di allarme nell’uso di smartphone e social nella generazione Z
L’utilizzo massiccio dei dispositivi digitali tra i giovani ha portato al diffondersi di disturbi che spaziano dall’ansia alla depressione, senza trascurare le conseguenze sul fisico, come problemi legati alla postura e al sonno. L’isolamento sociale, generato dalla sostituzione degli incontri reali con interazioni online, ha intensificato la sensazione di solitudine e fragilità emotiva. La dipendenza dalle notifiche e la ricerca costante di approvazione nei social hanno modificato i comportamenti, creando un nuovo tipo di vulnerabilità.
Osservazioni di jonathan haidt sui rischi digitali
Queste problematiche, già evidenti da anni, sono state analizzate con attenzione dallo psicologo americano Haidt che, nel suo libro, ha messo in relazione la crescita di disturbi mentali con l’uso smisurato di tecnologie. Ha osservato inoltre come parte della responsabilità riguardi una scarsa protezione dei giovani all’interno del mondo virtuale, dove i pericoli sono amplificati dalla facilità di accesso e dalla mancanza di controlli adeguati.
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Reazioni di scuole ed educatori all’uso di tecnologia tra i giovani
In molti Paesi europei si sta registrando un aumento delle proposte per limitare l’uso degli smartphone dentro e fuori dalla scuola. Diversi Stati hanno introdotto regolamenti più restrittivi per cercare di frenare la dipendenza digitale. Tuttavia, questo sforzo istituzionale spesso si scontra con la resistenza degli stessi adolescenti, sebbene in molti casi non emergano opposizioni significative dalla generazione Z. Questo lascia intuire una consapevolezza crescente da parte dei giovani riguardo ai rischi legati a un’immersione incontrollata nella tecnologia.
Alla scuola viene affidato il compito di mediare e di educare a un uso più critico e consapevole di social e dispositivi mobili. Ma qui nascono le tensioni: molte iniziative si sono limitate a raccomandazioni generiche e poco incisive. Gli insegnanti vengono spesso visti come semplici accompagnatori, senza una reale assunzione di responsabilità educativa capace di guidare i ragazzi verso scelte più equilibrate.
Ruolo ambiguo dei genitori nella gestione del digitale e della protezione
Anche le famiglie si sono trovate a un bivio complesso nel rapporto con smartphone e social. Molti genitori hanno puntato a rispettare l’autonomia dei figli, rendendo però difficile un controllo efficace. Di contro, la paura per la sicurezza dei ragazzi ha spinto alcune famiglie a instaurare misure iperprotettive, trasformando lo smartphone in una sorta di surrogato parentale che dovrebbe sopperire a una vera presenza adulta, spesso mancante o confusa.
Secondo Haidt, questa iperprotezione ha ridotto la capacità dei giovani di affrontare esperienze concrete, determinando una sorta di isolamento affettivo e sociale già prima della diffusione di internet. L’ansia degli adulti di salvaguardare i figli ha finito per limitare occasioni di crescita naturale, trasmettendo l’idea che la realtà sia pericolosa e da evitare.
Il contesto scolastico e la separazione tra il mondo reale e quello digitale
Dagli anni ’90 la scuola si è trovata ad affrontare una contraddizione: ha spesso favorito un apprendimento calato in un ambiente protetto e artificiale, slegato dalla quotidianità e dai problemi reali degli studenti. Questo modello ha influito negativamente sullo sviluppo di abilità relazionali, comunicative e sulla fiducia in sé stessi. In sostanza, la scuola non ha educato i giovani a confrontarsi con la complessità del mondo reale ma ha contribuito, almeno in parte, a rafforzare questa separatezza difficile da colmare.
Episodio emblematico riportato da haidt
Haidt riporta un episodio ironico ma emblematico in cui una maestra presenta la propria scuola a due genitori dicendo: “Abbiamo creato un ambiente sicuro e non giudicante che non preparerà affatto vostro figlio alla vita reale”. La frase racchiude una critica al sistema educativo che protegge troppo e non offre un vero confronto con i rischi della vita.
Radici culturali e sociali di una crisi di identità e di significato
Il deterioramento del rapporto dei giovani con la realtà si collega anche a dimensioni più profonde, come la perdita di senso e di identità, temi su cui Luigi Giussani aveva acceso l’attenzione già negli anni ’90. Giussani descriveva una realtà svuotata di senso, in cui la persona si sente estranea a se stessa e al mondo. Paragonava questo stato a una “Chernobyl dell’io”, richiamando la distruzione e la contaminazione provocate dal disastro nucleare.
Questa crisi culturale allontana i giovani dal riconoscimento delle proprie emozioni e aspirazioni, lasciandoli soli davanti a timori e insicurezze. L’esperienza di un incontro significativo, che dia un senso autentico all’esistenza, diventa un passaggio fondamentale ancora oggi, ma sempre più raro nel contesto attuale.
Urgenza di un ritorno a una cultura della vita e di relazioni autentiche
La sfida che si pone oggi è quella di ricostruire una rete di relazioni e un sistema educativo che sappiano rispondere ai bisogni reali delle nuove generazioni. La scuola, come comunità, può rappresentare un luogo di solidarietà e di confronto per affrontare questi problemi. Serve ripensare la didattica e le relazioni educative superando la logica della prestazione e recuperando il desiderio e la passione per la conoscenza.
Solo riallacciando un rapporto diretto con ciò che è reale si può contrastare il disagio crescente, dando modo ai giovani di ritrovare la fiducia e la capacità di vivere pienamente. Il momento richiede interventi decisi, non solo nel regolamentare l’uso dei device digitali, ma anche nel promuovere un sistema educativo che non si limiti a contenere rischi, ma sappia mostrare e valorizzare la vita nella sua dimensione più vera.