Home Governo meloni e il caso del terzo mandato dei governatori tra tensioni nella maggioranza e spinte regionali

Governo meloni e il caso del terzo mandato dei governatori tra tensioni nella maggioranza e spinte regionali

Il dibattito sul terzo mandato per i governatori regionali, innescato dalla sentenza della Corte costituzionale, crea tensioni nel governo Meloni tra Lega e Fratelli d’Italia, minacciando l’unità della coalizione.

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Il governo Meloni è diviso sulla possibilità per i governatori regionali, soprattutto nelle regioni a statuto speciale, di ottenere un terzo mandato, con tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia che rischiano di compromettere l’unità della coalizione. - Unita.tv

La questione del terzo mandato per i governatori regionali ha acceso un duro confronto all’interno del governo meloni. La vicenda parte da una sentenza della Corte costituzionale che ha annullato la legge della Campania, voluta dal presidente Vincenzo De Luca, ma si è subito estesa alle regioni a statuto speciale, dove il dibattito politico si fa più acceso. Nel centro della polemica ci sono soprattutto i governatori leghisti del Friuli-Venezia Giulia e del Trentino che cercano di blindare la terza rielezione. Le tensioni in maggioranza sono palpabili e la partita si gioca sul futuro della coalizione e sulle strategie elettorali nei territori.

La sentenza della corte costituzionale e le sue conseguenze sulle regioni a statuto ordinario

Il punto di partenza è una sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittima la legge elettorale campana, approvata per consentire al presidente Vincenzo De Luca un terzo mandato consecutivo. Il pronunciamento si riferisce a una regione a statuto ordinario, un elemento che introduce incertezza sulle regole valide per regioni con statuizioni diverse. In Campania la legge voluta dal presidente Pd è stata bocciata perché violava i limiti previsti per il mandato dei governatori. Questa decisione ha acceso un faro anche sulle regioni a statuto speciale dove la normativa elettorale può differire da quella ordinaria e le autonomie locali esercitano un ruolo diverso.

Il contenzioso giuridico tra regioni ordinarie e autonome

Il contenzioso giuridico e politico si è quindi spostato sulle regioni autonome come Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, dove i governatori sono già al secondo mandato e puntano a ottenere la possibilità di una terza candidatura. A questo si lega il nodo dei rapporti all’interno della coalizione di centrodestra e dei tentativi di difesa dell’autonomia regionale rispetto alla legislazione nazionale, in un gioco d’equilibri tra partiti in quel contesto decisivi.

Le tensioni in maggioranza tra fratelli d’italia e lega per le elezioni regionali

Il confronto politico è diventato acceso proprio in virtù degli interessi incrociati all’interno della maggioranza. La Lega, che governa Friuli-Venezia Giulia e Trentino con Massimiliano Fedriga e Maurizio Fugatti, vuole permettere ai propri governatori di affrontare un terzo mandato, anche se le prossime elezioni sono lontane, fissate per il 2028. Questo ha creato frizioni con Fratelli d’Italia, che ha spinto invece per bloccare queste possibilità.

Dopo che il ministro Luca Ciriani ha parlato pubblicamente del tema, alcuni assessori leghisti e di Forza Italia hanno scelto di dimettersi in segno di protesta, gettando benzina sul fuoco della crisi interna. Questi esponenti rivendicano il diritto delle regioni autonome di avere più libertà nel disciplinare i propri sistemi elettorali rispetto ai vincoli ventilati da FdI. La corsa al terzo mandato ha portato Fratelli d’Italia a chiedere al Consiglio dei ministri di impugnare la legge elettorale del Trentino, votata recentemente, che apre la strada alla terza candidatura del presidente Fugatti.

Dissenso interno e conseguenze sulla coalizione

Questa mossa ha provocato il dissenso anche all’interno del partito meloniano locale, con due consiglieri provinciali che hanno abbandonato FdI in segno di dissenso. Per la Lega, questa impugnazione rappresenta un rischio di precedente che potrebbe riguardare anche Friuli-Venezia Giulia, mettendo ulteriormente in crisi l’unità della coalizione.

Strategia politica e giochi di potere dietro la battaglia per il terzo mandato

Dietro la decisione di Fratelli d’Italia di accelerare sull’impugnazione c’è una strategia chiara. Bloccare la riconferma certa dei governatori leghisti serve a ridisegnare gli equilibri della coalizione nei territori chiave. Fedriga, ad esempio, gode di alto consenso secondo un recente sondaggio che lo segnala come il secondo governatore più apprezzato in Italia. Fermare la sua rielezione significa provare a obbligare la Lega ad aprire un tavolo di trattative per condividere le candidature e non lasciare il controllo totale.

Il gioco non riguarda solo Friuli e Trentino, ma mira anche al Veneto e alla Lombardia, regioni dove la coalizione di centrodestra si gioca molto in vista delle prossime tornate elettorali. Dal canto suo Salvini ha cercato di smorzare la tensione, definendo queste mosse “questioni locali” e lasciando intendere che non ci saranno rotture irreparabili.

Lo scontro ha però messo in luce le difficoltà di mantenere coesa una coalizione con interessi così diversi e radicati nei territori, soprattutto quando si parla di posti di potere consolidati come quelli delle presidenze regionali.

Le sfide nelle regioni a statuto speciale e la relazione con i partiti locali

Il caso assume contorni complicati se si considera il forte ruolo delle autonomie nelle regioni a statuto speciale. Qui la normativa elettorale spesso differisce rispetto a quella delle regioni ordinarie, lasciando spazio a margini più ampi per decisioni locali. La volontà del governo meloniano di intervenire con impugnazioni nazionali incontra però la resistenza dei politici che rappresentano gli interessi dei loro elettori nei territori.

Non a caso si sono create divisioni anche negli stessi partiti, in particolare in FdI, dove alcuni esponenti locali hanno rifiutato di seguire le direttive nazionali. Gli amministratori di queste regioni si sono costruiti un consenso stretto con segmenti specifici dell’elettorato, fatto di rapporti diretti e ascolto delle necessità concrete.

Di fronte a questo scenario la politica nazionale rischia di perdere molto se decide di alienare questi territori. I leader locali vedono infatti poche garanzie di conquista di candidati o poltrone a Roma, cosa che spinge alla difesa delle posizioni acquisite sul posto. Le linee politiche nazionali faticano a farsi largo senza rischiare ulteriori divisioni.

Il caso del terzo mandato rappresenta così un crocevia importante per il centrodestra. Non solo dal punto di vista giuridico, ma anche e soprattutto nella capacità di tenere insieme interessi diversi e mantenere lo spirito di una coalizione di governo alle prese con sfide interne e regionali di grande peso.