Gli Usa lasciano ad erdogan la mediazione tra russia e ucraina, un ruolo chiave in un gioco geopolitico complesso

Gli Stati Uniti consolidano il controllo sulle risorse ucraine, mentre la Turchia di Erdogan emerge come mediatore tra Mosca e Kiev, ridefinendo gli equilibri geopolitici e territoriali.
Gli Stati Uniti hanno rafforzato il controllo sulle risorse ucraine e affidano alla Turchia di Erdogan il ruolo di mediatore tra Mosca e Kiev, escludendo l’Europa dalla gestione della crisi. Un accordo di pace richiederà all’Ucraina concessioni territoriali, mentre Ankara si afferma come fulcro delle nuove alleanze geopolitiche regionali e globali. - Unita.tv

Gli Stati Uniti hanno ottenuto un controllo significativo sulle risorse e sulle infrastrutture ucraine grazie a un accordo stretto recentemente. Ora, preferiscono affidare alla Turchia di Erdogan il compito delicato di mediare fra Mosca e Kiev. Questo passo non è casuale: Washington evita di peggiorare i rapporti con la Russia, soprattutto dopo aver ottenuto dall’apparente distensione sul fronte iraniano e il dialogo con gli Houthi nello Yemen. La situazione intorno alla guerra in Ucraina assume così nuove sfumature, con vari attori internazionali che si muovono per ridefinire equilibri e interessi.

Il ruolo della turchia e la strategia condivisa fra mosca, washington e ankara

La Turchia di Erdogan viene vista come partner affidabile dal Cremlino nel percorso verso una possibile tregua o accordo di pace. Gianandrea Gaiani, esperto di analisi militare, sottolinea che americani, russi e turchi condividono un interesse comune: escludere l’Europa dalle dinamiche della crisi ucraina. In questa partita, l’Europa rischia di pagare il prezzo di aver gestito male la crisi sul campo, restando ai margini di una mediazione che si sposta ad Ankara. Nei prossimi giorni, una possibile visita di Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky in Turchia potrebbe concretizzare un incontro diretto.

Compromessi territoriali inevitabili

Per arrivare a un’intesa, è inevitabile che l’Ucraina rinunci a parte dei suoi territori, in particolare cinque regioni che la Russia rivendica, inclusa la Crimea. Questo scenario spiazza chi sperava in una negoziazione senza compromessi territoriali importanti e sottolinea come la Turchia sia ormai centro di una diplomazia alternativa. Il Cremlino, infatti, punta a un accordo che limiti l’ingerenza europea, scelta che riflette anche il risentimento verso Bruxelles.

Le sfide di un incontro diretto tra putin e zelensky

L’eventuale colloquio fra Putin e Zelensky segna un passaggio cruciale ma riporta a fermenti profondi in Ucraina. Gli Stati Uniti, che hanno assicurato il controllo su risorse strategiche ucraine, hanno chiarito di voler lasciare ad altri il peso di trattare la fine della guerra. Questo spiega l’intervento della Turchia, che è stata messa in gioco anche da Mosca e sostenuta in passato da Trump, la cui alleanza con Erdogan rafforza la posizione turca.

La posizione russa e americana

Per Mosca, l’Europa è un avversario non più credibile, traditrice delle condizioni che aveva in Ucraina. Gli americani, dal canto loro, preferiscono tenere gli europei in una posizione subordinata. Il risultato è che Ankara diventa il fulcro di una mediazione impossibile per Bruxelles. La risposta russa all’ultimatum europeo di una tregua di 30 giorni è netta: la sospensione delle ostilità arriverà solo dopo che l’Ucraina accetterà cessioni territoriali e rinuncerà all’adesione alla Nato.

La questione territoriale: cosa può accettare l’ucraina?

Uno degli snodi più delicati resta la resa o meno delle regioni occupate. Putin, forte di una posizione militare e politica consolidata, punta a riconoscere ufficialmente la Crimea come territorio russo e vuole che le altre quattro aree passino sotto il controllo di Mosca o rimangano congelate nello status attuale di conflitto. Di fatto, questo equivarrebbe a un ridisegno dei confini ucraini.

Zelensky, dal canto suo, rischia l’isolamento interno se dovesse accettare cessioni considerate da molti ultranazionalisti inaccettabili. Le pressioni militari aumentano, soprattutto visto che in certe zone di Kiev il presidente è protetto da mercenari stranieri per timori di instabilità. I gruppi che non amano compromessi territoriali costituiscono un problema per la stabilità politica e le trattative.

Allo stesso tempo, l’Ucraina ha accumulato risultati importanti in questi anni di guerra: ha mantenuto la sua esistenza come stato sovrano, ha mobilitato il sostegno europeo e americano, e detiene la forza necessaria per negoziare. Tuttavia, la dipendenza da Washington per il controllo delle risorse limita la sua autonomia decisionale, costringendo Kiev a accettare una pace che dovrà necessariamente includere concessioni territoriali.

Prospettive di conflitto e implicazioni regionali

Le alternative davanti all’Ucraina sembrano ridursi drasticamente: proseguire la guerra rischia di peggiorare la situazione, portando a ulteriori perdite di territorio, mentre un accordo negoziato richiede di abbandonare almeno il 21% delle attuali aree sotto controllo. Nel frattempo, minacce esterne all’unità territoriale si fanno più concrete, con episodi come l’arresto di agenti ungheresi e la possibile volontà di Romania e Polonia di rivedere i confini in zone di minoranza.

Questo clima di tensione amplia il rischio di fratture interne e di nuove crisi lungo i confini occidentali ucraini. Il futuro della regione appare dunque dipendere non solo dal confronto diretto fra Russia e Ucraina, ma anche dalla stabilità degli stati vicini e dalla capacità del governo di tenere insieme una società malmessa dalla guerra.

L’accordo sui minerali e l’assistenza militare tra washington e kiev

L’intesa sui minerali firmata recentemente consegna parte della ricchezza ucraina agli Stati Uniti in cambio di un supporto militare. Questo supporto non è più “donato” ma pagato dall’Ucraina con le sue risorse, a indicare un cambiamento nel rapporto di forza. Le forniture militari serviranno a mantenere la capacità difensiva, e sarà questo un punto fondamentale delle negoziazioni future.

L’Ucraina dovrà probabilmente rinunciare alla possibilità di sviluppare capacità militari offensive in grado di minacciare Mosca, come i missili a lunga gittata. Questa richiesta russa si scontra con i piani europei, che puntano ancora a sostenere Kiev con armi capaci di colpire in profondità, creando una spaccatura evidente all’interno dei paesi occidentali.

L’isolamento europeo e le nuove alleanze geopolitiche

L’Europa, in questa partita, si trova marginalizzata. Le divisioni interne, gli errori di gestione e una strategia debole hanno ridotto il ruolo politico del continente. Le istituzioni europee, sotto la guida di von der Leyen, mostrano segni di fragilità e rischiano di pagare il conto di scelte sbagliate, mentre la NATO appare un organismo dove i veri protagonisti restano gli Stati Uniti.

Il sostegno militare europeo rischia di confinare i Paesi a un ruolo subalterno, come semplici acquirenti di armi made in USA, senza peso nelle decisioni globali. Il fatto che gli USA preferiscano lasciare ad Ankara il ruolo di mediatore è un segnale anche di questa debolezza europea.

Rapporti tra stati uniti, russia e turchia dopo l’accordo sui minerali

Lo sganciamento diretto degli Stati Uniti dalla mediazione fa parte di un disegno più ampio. Washington vuole mantenere buone relazioni con Mosca per facilitare altre trattative cruciali, come quella sul nucleare iraniano e la pace nello Yemen con gli Houthi. Putin ha concesso l’apertura verso l’Iran e questa collaborazione ha spinto gli USA a evitare uno scontro frontale in Ucraina.

Erdogan gode di un legame sempre più stretto con Trump, specie in Medio Oriente, dove la Turchia esercita una forza crescente. La posizione di Ankara frena anche le aspirazioni europee nel Mediterraneo e nell’Asia Minore, mentre gli USA sembrano orientati a seguire questa via, pur a caro prezzo per Bruxelles.

Le implicazioni mediorientali e il nuovo assetto delle alleanze

Nel Mediterraneo, la Turchia estende la sua influenza e si propone come interlocutore imprescindibile, anche nei rapporti con Israele e Palestina. L’atteggiamento di Trump – che valuta di abbandonare Netanyahu e di riconoscere lo Stato di Palestina – potrebbe portare ad un riassetto importante nelle relazioni politiche in Medio Oriente.

Questa eventualità aprirebbe a nuove alleanze e segnerebbe uno spostamento rispetto al tradizionale allineamento occidentale. La Turchia, in questo scenario, può sfruttare la nuova posizione per consolidare il suo ruolo internazionale, complicando ulteriormente le dinamiche attorno alla crisi ucraina.

Il nodo politico-militare che si sta sciogliendo in queste settimane avrà effetti molto più ampi di quello che appare a prima vista, coinvolgendo non solo Europa e Russia ma anche gli equilibri globali. Il ruolo di Ankara più che mai si conferma essenziale nel futuro di una guerra che ha già modificato i confini e le alleanze del pianeta.