Francia e germania contro il green deal 2.0: tensioni sull’impatto ambientale ed economico dell’ue
Il green deal europeo, lanciato nel 2019 da Ursula von der Leyen, mira alla neutralità climatica entro il 2050, ma incontra forti opposizioni in Francia e Germania per le sue misure restrittive.

Il Green Deal europeo mira a rendere l’UE climaticamente neutrale entro il 2050, ma la versione aggiornata 2.0 ha suscitato forti proteste in Francia e Germania per le sue misure restrittive, sollevando dubbi sull’impatto economico e sociale. - Unita.tv
Il green deal europeo punta a rendere l’unione europea neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. Nato nel 2019 sotto la guida della commissione di ursula von der leyen, il programma prevede tagli alle emissioni, investimenti nelle energie pulite e nuove regole per la sostenibilità. Negli ultimi mesi, due pilastri dell’ue, francia e germania, hanno manifestato una forte opposizione al progetto, specialmente alla sua versione aggiornata, indicata come green deal 2.0. Le tensioni coinvolgono settori chiave come agricoltura, industria e trasporti e mettono in discussione la reale fattibilità di alcune misure nel contesto economico attuale.
Il green deal europeo e le misure del 2.0
Lanciato nel 2019, il green deal è la risposta dell’ue alla crisi climatica con l’obiettivo di azzerare le emissioni di gas serra entro metà secolo. La versione 2.0 del piano aggiorna e intensifica alcune azioni, prevedendo nuove restrizioni ambientali. In primo piano c’è l’ampliamento della tassa sulle frontiere carbonio, che impone tariffe ai prodotti realizzati con processi ad alta emissione di anidride carbonica importati da paesi extra europei. Quest’azione mira a evitare fenomeni di delocalizzazione delle emissioni ma genera preoccupazioni per l’aumento dei costi industriali.
Altra misura riguarda la riduzione dei sussidi al diesel, soprattutto nell’agricoltura e nei trasporti, settori che in francia e germania sono particolarmente esposti a questa voce di spesa. Inoltre, il piano introduce limiti più rigidi sull’uso dei fertilizzanti azotati, utilizzati comunemente nelle campagne europee. Queste restrizioni puntano a proteggere l’ambiente e migliorare la qualità del suolo e delle acque, ma sollevano critiche per il loro impatto sui piccoli agricoltori.
Leggi anche:
Vincoli più severi vengono poi incentivati per la ristrutturazione delle terre agricole secondo principi di re-naturalizzazione, processo che comporta il ritorno di spazi naturali e biodiversità su aree precedentemente sfruttate per coltivazioni intensive. Queste novità hanno portato a tensioni forti soprattutto in francia, dove migliaia di allevatori e agricoltori hanno bloccato le strade in segno di protesta contro quello che definiscono un intervento calato dall’alto, che favorirebbe gli interessi dei grandi gruppi agroalimentari a scapito delle piccole imprese locali.
Reazioni e proteste in francia e germania
Le misure del green deal 2.0 hanno scatenato manifestazioni di ampia portata in francia e germania, due tra i membri più influenti dell’ue che tradizionalmente hanno spinto sull’integrazione europea. In francia, la protesta degli agricoltori è partita dalla contestazione delle norme più rigide sull’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti azotati, ritenuti penalizzanti soprattutto per i produttori meno strutturati. Gli agricoltori hanno bloccato autostrade e punti di accesso alle città principali per attirare l’attenzione sulle loro richieste di maggior tutela e flessibilità.
Anche in germania la protesta ha diverse facce. Oltre agli agricoltori, si sono mobilitati i lavoratori di settori come l’automotive e la chimica, preoccupati per il futuro occupazionale. Sindacati e rappresentanti dei lavoratori hanno denunciato che l’attuazione rapida delle nuove regole rischia di spingere alcune imprese a spostarsi all’estero, con gravi conseguenze sul mercato del lavoro. La questione del nucleare, che francia e germania hanno affrontato dividendosi in passato, ha subìto un riavvicinamento: berlino ha smesso di opporsi all’iniziativa francese di considerare l’energia atomica alla pari delle fonti rinnovabili nella regolamentazione comunitaria.
La convergenza tra i due paesi nel dibattito sul green deal 2.0 si traduce oggi in una richiesta condivisa di rinvio o addirittura cancellazione di alcune direttive, soprattutto riguardo alla sostenibilità aziendale. Il presidente Macron ha spinto per l’eliminazione della legge mentre il cancelliere Merz ha definito il rinvio solo un primo passo, auspicando una completa revisione.
Pressioni politiche, sfide economiche e tensioni geopolitiche
Il green deal si trova immerso in un contesto complesso dove la politica interna dei singoli stati membri è influenzata da spinte populiste e da un malessere diffuso nei settori economici più tradizionali. La crisi economica globale, la guerra commerciale con gli stati uniti e la forte concorrenza industriale dalla cina aggiungono strati di difficoltà che minacciano di frenare le ambizioni dell’ue sul clima.
Mario Draghi, ex presidente della banca centrale europea, ha definito i dazi americani un motivo di grande tensione tra alleati, senza però invocare un ripensamento della politica verde europea. La commissione europea di ursula von der leyen invece mantiene un approccio fermo, riconoscendo che conservare la leadership climatica è fondamentale per l’ue non soltanto sotto il profilo ambientale ma anche per la sua posizione geopolitica.
La strategia del clean industrial deal
Per affrontare queste sfide, è stato presentato il cosiddetto clean industrial deal, un progetto di investimenti mirati pensato per rafforzare il consenso interno e accompagnare la transizione. Tuttavia, la crescente opposizione di francia e germania forza la commissione a un delicato gioco d’equilibrio tra obiettivi climatici e pressioni politiche ed economiche.
Conseguenze economiche e sociali delle nuove direttive
Le nuove regole del green deal 2.0 impattano in modo significativo sull’economia europea, principalmente sui piccoli produttori e sulle medie imprese agricole e industriali. La tassa sulle frontiere carbonio, per esempio, comporta aumenti nei costi di produzione e trasporto dei beni. Questo effetto si fa sentire soprattutto nei settori agricolo e dei trasporti, fondamentali per la società e l’economia di molti paesi membri.
La riduzione dei sussidi al diesel aggrava ulteriormente la situazione, e provoca timori diffusi su un rincaro di carburanti e beni prodotti localmente. Il rischio è che le imprese europee perdano terreno rispetto a concorrenti internazionali provenienti da paesi con regolamentazioni meno stringenti, specialmente stati uniti e cina. Di conseguenza si prospettano scenari di riduzione di margini di guadagno, possibile chiusura di attività commerciali e perdita di posti di lavoro in segmenti chiave.
Sul piano sociale, la tensione si manifesta con proteste e scioperi spesso partecipati da famiglie di lavoratori preoccupati per il futuro. In francia e germania, i sindacati chiedono tempi più lunghi per l’adeguamento e misure di accompagnamento che limitino l’impatto sulle comunità locali, dando voce a una parte consistente della popolazione che teme cambi troppo bruschi.
Il dibattito politico e le diverse prospettive
Il confronto sul green deal mette in evidenza una spaccatura netta tra chi lo considera una mossa imprescindibile per il pianeta e chi vede nelle sue misure una minaccia troppo grande per l’economia e la società. In francia e germania il dibattito è acceso. Da un lato, gruppi ambientalisti insistono sull’importanza di regole rigide per evitare conseguenze irreversibili del cambiamento climatico. Dall’altro, agricoltori, sindacati e alcune forze politiche sottolineano i rischi concreti di un’imposizione veloce e rigida che potrebbe mettere a rischio molte attività produttive.
Le manifestazioni sono state spesso seguite da un acceso confronto politico, con i governi che cercano di equilibrare le pressioni interne e le direttive europee. La tensione si riflette nelle trattative all’ue, dove francia e germania spingono per modifiche e flessibilità, influenzando altri stati membri e le decisioni della commissione.
Il nodo dell’impatto occupazionale e sociale resta centrale, come anche quello della sostenibilità economica delle singole misure. Il bilancio tra protezione ambientale e tenuta sociale appare al momento difficile da definire, con molte incognite sulle scelte future dell’unione.
La partita sul green deal in europa è tutt’altro che chiusa, in quanto coinvolge interessi contrastanti che riflettono la complessità di una politica climatica che deve fare i conti con il presente e il futuro dell’ue.