Dopo cinque anni dalla crisi sanitaria che ha cambiato il modo di lavorare, la formazione nelle aziende italiane sta attraversando un momento di forte trasformazione, ma anche di notevole incertezza. L’attenzione alle competenze cresce, ma la traduzione in pratiche efficaci fatica a imporsi. Un quadro complesso emerge dai dati dell’osservatorio dedicato alla formazione continua, mostrando le sfide e le contraddizioni di un sistema alle prese con nuove domande e vecchie difficoltà.
Consapevolezza diffusa ma scarsa comunicazione interna
Non si può negare l’interesse dei lavoratori italiani verso la formazione. Il 98% riconosce l’importanza di migliorare le competenze per il futuro lavorativo. Questa richiesta di aggiornamento riguarda ogni settore e ruolo, confermando l’urgenza di mantenersi al passo con i continui cambiamenti del mercato e della tecnologia. Il problema sta però nel fatto che quasi metà dei dipendenti ignora completamente l’offerta formativa della propria azienda.
Questa distanza tra domanda e offerta deriva da una cattiva gestione interna della comunicazione. Le aziende si trovano in difficoltà nel valorizzare e far conoscere i percorsi disponibili, spesso confusi o difficilmente accessibili. Anche quando esiste un catalogo, il suo impatto resta limitato se non supportato da una strategia chiara che coinvolga e guidi i lavoratori. Il difetto principale è proprio la mancanza di trasparenza e di un approccio strutturato che stimoli l’interesse e l’adesione spontanea.
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La dispersione dei contenuti formativi e le conseguenze pratiche
Molte aziende, soprattutto quelle di una certa dimensione, hanno accumulato negli anni centinaia di proposte formative. Parliamo di numeri che superano spesso i 500 titoli disponibili, spesso distribuiti su diverse piattaforme scollegate tra loro. Questa frammentazione rende difficile orientarsi, confonde e riduce drasticamente il rendimento degli investimenti fatti per la formazione.
Nel concreto, la gestione della formazione diventa una sfida complicata. Spesso la responsabilità ricade su un’unica persona, anche in realtà con centinaia di dipendenti. Questa situazione limita la possibilità di creare percorsi personalizzati e di qualità, a vantaggio di soluzioni standard poco efficaci. Il risultato è un’offerta poco coinvolgente, incapace di rispondere ai reali bisogni delle persone.
La learning fatigue e il ruolo strategico dell’intelligenza artificiale
La sovrabbondanza di contenuti formativi, se non organizzata con criterio, genera una vera e propria fatica nell’apprendimento. Il fenomeno della learning fatigue si manifesta come un senso di saturazione e disinteresse che mina la motivazione dei lavoratori. Pur volendo migliorarsi, il 78% degli intervistati ammette che si formerebbe di più solo se i contenuti risultassero davvero utili, pertinenti e adattati alle esigenze individuali.
Qui entra in gioco l’intelligenza artificiale, che può contribuire a selezionare e proporre percorsi su misura. Attraverso algoritmi e analisi, la tecnologia aiuta a rendere praticabile la personalizzazione su larga scala. Tuttavia, la tecnologia da sola non basta. Occorre un approccio coerente che metta al centro la persona, evitando di trasformare la formazione in un mero accumulo di materiali.
Verso un cambio di paradigma nella formazione aziendale
Il nodo principale riguarda il modo in cui le aziende inquadrano la formazione. Troppo spesso vista come un costo da contenere, dovrebbe invece essere considerata un investimento che si lega a temi più ampi come il benessere dei lavoratori, la sostenibilità e l’innovazione. Negli ultimi anni, l’attenzione si è spostata verso contenuti legati a ESG e alla diversity & inclusion, che hanno guidato una parte crescente della domanda.
Anche i temi tecnologici, soprattutto quelli collegati al manifatturiero e alla digitalizzazione dei rapporti di lavoro, ricevono interesse. Ma senza un progetto didattico chiaro e una governance efficace, il rischio è quello di un impegno superficiale, che non produce cambiamenti reali.
Nuovi modelli di gestione per una formazione efficace e accessibile
Le imprese italiane devono ripensare i propri modelli organizzativi per la formazione. La strada suggerita indica sistemi più leggeri, integrati con le esigenze effettive dei lavoratori e capaci di offrire un valore concreto. Per farlo, serve liberare tempo e competenze nelle risorse umane, abbinandole a una visione strategica che includa l’apprendimento come leva di crescita.
Non si tratta soltanto di aumentare i budget , ma di destinarli in modo efficace, scegliendo percorsi agili e significativi. La sfida è culturale. Serve dare peso all’esperienza di apprendimento e motivare realmente i dipendenti a partecipare. Solo così la formazione smetterà di essere un obbligo burocratico e diventerà uno strumento capace di alimentare competitività, innovazione e condizioni migliori per tutti.