Home Europa corre al riarmo con cento miliardi di euro ogni anno ma i dubbi restano sull’efficacia e la strategia

Europa corre al riarmo con cento miliardi di euro ogni anno ma i dubbi restano sull’efficacia e la strategia

L’Europa aumenta le spese militari per fronteggiare la minaccia russa, avviando il fondo SAFE da 150 miliardi di euro, mentre si discute sulla trasparenza e gestione degli armamenti.

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L’Europa sta aumentando significativamente le spese militari per fronteggiare la minaccia russa, con investimenti record e il fondo SAFE da 150 miliardi. Tuttavia, mancano trasparenza e coordinamento, mentre cresce il dibattito sui costi sociali e politici di questa corsa al riarmo. - Unita.tv

L’Europa sta aumentando le spese militari in modo consistente negli ultimi anni, spinta dal timore di una minaccia crescente da parte della Russia. Negli ultimi tre anni l’Unione ha deciso di investire cifre mai viste prima in armamenti e difesa comune, cercando di rafforzare le proprie capacità militari. Questo aumento di bilancio è accompagnato da un dibattito acceso sul valore reale di questa spesa e sulle conseguenze politiche e strategiche che ne derivano. Lo scenario appare complesso, perché mentre l’Europa si affida al riarmo per garantire la sicurezza, la situazione sul campo rimane incerta.

Le nuove strategie di difesa e il fondo safe per l’armamento comune

Negli ultimi mesi, i Paesi europei hanno avviato il fondo SAFE , un meccanismo che prevede 150 miliardi di euro da reperire sul mercato per equipaggiare le forze armate con nuove tecnologie e sistemi di difesa. Questi fondi sono definiti “extra-deficit”, cioè non incidono sui limiti di bilancio statali normali, per assicurare una maggiore flessibilità finanziaria. L’intenzione è quella di acquistare droni, munizioni, sistemi antimissilistici moderni e altri equipaggiamenti capaci di aumentare la risposta difensiva in caso di crisi.

Il ruolo della gran bretagna nella corsa al riarmo

Anche se sulla carta la Gran Bretagna non fa più parte dell’Unione europea, non manca di partecipare a questa corsa al riarmo. Con la Brexit ha mantenuto stretti legami con l’Europa in campo militare, soprattutto per mantenere la produzione e la vendita di armi agli Stati membri, approfittando di norme meno restrittive per gli scambi con i paesi europei. Questa dinamica crea un intreccio economico e strategico che alimenta la produzione bellica sul suolo britannico destinata all’Europa continentale.

Il Parlamento europeo, per ora, ha manifestato critiche verso il cosiddetto “metodo von der Leyen”, che si poggia quasi esclusivamente sull’emergenza per giustificare la spesa militare straordinaria. La Commissione europea sembra però decisa a proseguire senza cambiamenti, consolidando l’idea del rafforzamento militare come priorità urgente.

Quanto spende realmente l’europa e chi dirige questa politica?

Secondo uno studio recente dell’Osservatorio dei conti pubblici italiani, consultabile anche sul sito ufficiale del Consiglio europeo, l’Unione europea ha già superato la Russia nelle spese militari complessive. Nel 2024 si parla di 730 miliardi di dollari spesi da Paesi membri dell’UE e della NATO, di cui 547,5 miliardi sono direttamente imputabili ai paesi dell’Unione . Paragonato ai 461,6 miliardi della Russia, si vede che la differenza è notevole e non c’è più, in termini finanziari, un gap importante tra i due blocchi.

Trasparenza e gestione degli armamenti

Ciò che manca, tuttavia, è una chiara trasparenza su come queste risorse vengano utilizzate sul terreno. Non si conoscono con precisione le quantità di armi usate o trasferite all’Ucraina e quali effetti hanno avuto. La gestione degli armamenti e dei rifornimenti è delicata e irta di rischi in relazione a sprechi, inefficienze o usi impropri.

Un nodo politico cruciale resta la gestione degli investimenti militari europei. Ogni Stato investe singolarmente, ma manca una guida unica e condivisa che garantisca coerenza nelle spese e nelle azioni. Servirebbe un comando militare comune efficace; oggi invece pesa l’incertezza su chi deciderà le strategie, su chi controllerà i contratti e sulle responsabilità politiche e operative. Questo crea un serio problema di affidabilità rispetto alla mera somma delle spese nazionali.

Tensioni politiche e costi sociali della corsa al riarmo

Nella discussione pubblica rimane in ombra un altro dato importante: i 150 miliardi stanziati nel fondo SAFE sono quasi cinque volte di più la manovra economica annuale italiana. Una cifra che potrebbe invece finanziare settori come la sanità, l’istruzione o la protezione sociale nei vari Stati, se ci fosse un diverso orientamento politico.

A questo si aggiunge il racconto politico che costruisce il nemico esterno, spesso con narrativi semplificati che individuano nei “cattivi” di turno il pericolo da sconfiggere, mentre i “buoni” europei agirebbero in nome della pace. Non a caso la retorica sulle minacce esterne sostiene in modo continuo la necessità di armarsi in fretta.

Le spese crescenti e le politiche di difesa prese nel nome della sicurezza aprono scenari complessi. L’Europa si trova divisa tra una difficile gestione interna e una strategia esterna che rischia di alimentare tensioni e nuovi conflitti. Come si evolverà questa situazione dipenderà in larga misura dalla capacità di trovare equilibrio tra difesa reale e scelte responsabili di investimento.