La crescita dell’ansia tra le nuove generazioni si lega a un fenomeno digitale definito doomscrolling, cioè l’abitudine di scorrere senza sosta notizie e contenuti negativi online. Un’indagine del 2024 mostra come quasi la metà dei giovani della Generazione Z e dei Millennials passi ore a inseguire informazioni angoscianti. Il risultato è un aumento record di disturbi d’ansia negli under 30, con riflessi evidenti su sonno, stress e benessere quotidiano. I social media, strumenti ormai quotidiani, si trasformano così in una trappola, mentre studiosi e medici si interrogano sulle conseguenze di questa dipendenza da scrolling continuo.
Il boom dell’ansia e il legame con il doomscrolling nella generazione z e millennials
L’ansia tra i giovani adulti ha subito un incremento rapido, in particolare tra chi ha un’età compresa tra 18 e 29 anni: i dati del Dipartimento della Salute degli Stati Uniti mostrano che dopo il 2019 la percentuale delle persone in questa fascia con sintomi ansiosi è più che triplicata, passando dall’8% al 22% in meno di cinque anni. Una parte significativa di questa crescita si lega all’intensificarsi dell’uso dei social media e al cosiddetto doomscrolling. Il sondaggio del 2024 registra che il 53% della Generazione Z e il 46% dei Millennials ammettono di dedicare più ore al giorno a questo comportamento, caratterizzato dalla ricerca compulsiva di notizie negative.
Prospettiva di harvard sul ruolo dei social media
Il dottor Balachundhar Subramaniam, esperto di salute mentale a Harvard, definisce i social come “ciucci digitali”, sottolineando come i giovani li usino come rifugio contro ansia e incertezza. Questo rituale non calma l’angoscia, ma la alimenta. Il fenomeno si è diffuso in modo più rapido e marcato durante la pandemia da Covid-19, quando la solitudine e la noia hanno spinto molti a rifugiarsi nello smartphone. Le ore spese davanti a notizie allarmanti creano un circolo vizioso: più si scrolla alla ricerca di aggiornamenti, più si innesca ansia e agitazione.
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Come il covid ha trasformato lo smartphone in rifugio e fattore di crisi
L’emergenza sanitaria globale ha modificato profondamente le abitudini digitali. Con isolamento e distanziamento sociale, milioni di giovani hanno iniziato a usare i loro dispositivi mobili non solo per comunicare, ma per sfuggire alla noia e alla solitudine. Lo smartphone è diventato così un rifugio virtuale, però basato su stimoli spesso negativi e ansiogeni. La ricerca di nuove informazioni provoca rilasci di dopamina, una sostanza legata al piacere e alla gratificazione. Questo meccanismo però offre solo sollievo momentaneo, come spiega Judson Brewer della Brown University.
La dipendenza da scrolling secondo judson brewer
Secondo Brewer, la ricerca compulsiva di notizie crea una dipendenza simile a quella che produce il tabacco o altre sostanze, poiché il cervello associa la scrollata a un comfort rapido. Ma, una volta terminato il piacere fugace, la sensazione di ansia torna più forte. Le insicurezze riguardo al cambiamento climatico, al lavoro e al futuro spingono i giovani a cercare risposte e rassicurazioni irrealistiche nel flusso costante di notizie. Questo processo amplifica stress e difficoltà a riposare, producendo insonnia e stanchezza mentale.
L’impatto della luce blu e degli algoritmi social sul sonno e sull’attenzione
Le ore passate davanti agli schermi modificano anche i ritmi fisiologici. La luce blu emessa da smartphone e computer interferisce con il ritmo circadiano dei giovani, abbassando la produzione di melatonina, l’ormone responsabile del sonno. Come racconta Andrea Guastello, docente presso l’Università della Florida, gli algoritmi usati dai social assomigliano al cibo spazzatura. Analizzano le preferenze degli utenti per proporre contenuti sempre più coinvolgenti, tenendo così le persone più tempo connesse, anche a costo del peggioramento della salute mentale.
Paralisi emotiva e iperconnessione
Questa capacità degli algoritmi crea un’iperconnessione che, paradossalmente, isola. Chi ne è vittima fatica a distinguere tra informazione utile e sovraccarico di notizie tossiche. Per i più giovani, vivere immersi in questo caos digitale produce un senso di paralisi, una difficoltà a reagire di fronte a problemi di portata globale. Di conseguenza cresce la sensazione di impotenza, che si somma allo stress quotidiano e mina il benessere psicologico.
Strategie e metodi per uscire dal ciclio negativo del doomscrolling
Esperti di salute mentale propongono diversi metodi per frenare il doomscrolling e recuperare equilibrio. Una regola diffusa riguarda limitare l’uso dei social a due momenti della giornata, con durata massima di quindici minuti; inoltre si consiglia di disattivare notifiche per evitare distrazioni continue e impostare sul telefono una scala di grigi, diminuendo così l’attrattiva visiva. Judson Brewer suggerisce anche di sostituire la scrollata automatica con attività intese, come camminare o meditare. In questi momenti si invita a osservare in modo consapevole l’impulso a prendere lo smartphone, riconoscere la tensione interna e scegliere un’azione differente.
App e ricostruzione dei legami reali
App come Miracle of Mind si diffondono per aiutare gli utenti a monitorare il tempo tracciato online, facilitando scelte più sane. Crystal Park dell’Università del Connecticut mette l’accento sulla necessità di ricostruire legami autentici fuori dal mondo digitale, incentivando lo sport e il contatto con la natura. Questi contatti con la realtà contribuiscono a dare senso e significato all’esistenza, fornendo risposte concrete e meno ambigue rispetto al caos delle notizie online.
Il rapporto fragile dei giovani con la tecnologia e il senso di futuro incerto
I giovani vivono un periodo di forti incertezze. Le sfide climatiche, occupazionali e sociali li spingono a cercare rassicurazioni digitali, che però in molti casi riflettono solo paura e angoscia. Crystal Park nota come i social spesso offrano un’apparente sensazione di controllo, che però è illusoria. Il futuro percepito come imprevedibile amplifica questa ricerca, innescando dinamiche che possono implodere emotivamente.
La sfida principale riguarda il modo di usare la tecnologia senza lasciarsi sopraffare. Non si tratta di demonizzare i mezzi digitali, ma di imparare a gestirli con consapevolezza e intenzionalità. Per molti, trovare un equilibrio tra esperienze reali e tempo speso online può aiutare a ricostruire autostima e un senso di controllo autentico. L’obiettivo è trasformare un rapporto dannoso in una risorsa, per affrontare il presente e il futuro con strumenti più solidi e meno stressanti.