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Donald trump spinge per un mercato unico con l’ue tra opportunità e tensioni commerciali

Donald Trump propone un mercato unico tra Stati Uniti ed Europa, mentre Giorgia Meloni sostiene dazi zero. Le disparità nei prezzi agroalimentari e le tensioni politiche complicano il dialogo commerciale.

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Donald Trump rilancia l’idea di un mercato unico tra Stati Uniti ed Europa, puntando a un libero scambio transatlantico che potrebbe ridisegnare equilibri economici e politici, ma le differenze di prezzo e normative sollevano dubbi sull’effettivo vantaggio per entrambe le parti. - Unita.tv

L’ex presidente Donald Trump ha rilanciato su Truth la sua richiesta di un mercato unico tra Stati Uniti ed Europa. Dopo aver minacciato dazi fino al 50% sull’Unione Europea, ha posticipato queste misure, dichiarandosi soddisfatto che Bruxelles stia aprendo a negoziati commerciali. Questo nuovo impulso arriva mentre la presidente del consiglio Giorgia Meloni invoca un regime di dazi “0” europeo, allineandosi con l’idea di un libero scambio transatlantico. Un’eventuale unione di questi due mercati, i più grandi al mondo, potrebbe modificare significativamente scenari economici e geopolitici, ma la realtà dei numeri alimenta qualche dubbio su chi davvero gioverebbe.

Il tentativo di unione tra usa e ue: sfide e potenzialità

Trump vede nel dialogo con l’Europa una chance per aprire le frontiere commerciali in modo più ampio. Nella sua comunicazione ha sottolineato l’importanza di permettere alle nazioni europee di aprirsi alle merci statunitensi, proprio come chiese alla Cina durante il suo mandato. Questo suggerisce che gli Usa puntano a un mercato transatlantico senza barriere doganali, capace di sostenere entrambi i blocchi economici. Dall’altra parte la presidente Meloni appoggia la proposta di azzerare i dazi all’interno dell’Unione Europea, creando un terreno favorevole per le merci Usa in Europa.

Un duplice obiettivo commerciale

Questa mossa potrebbe rispondere a due esigenze strette: da un lato, far crescere il commercio incrociato, dall’altro, mettere un argine più solido alle ambizioni economiche della Cina, che si fa sempre più presente nei mercati globali. Quello che resta da capire è se gli effetti saranno effettivamente bilanciati o se andranno a favorire in modo più marcato una tra le due parti.

Le disparità nei prezzi dei prodotti agroalimentari tra usa ed europa

Un’analisi comparativa dei costi di prodotti agroalimentari chiave evidenzia una situazione apparentemente contraddittoria rispetto all’ottimismo promosso dalla Casa Bianca. Secondo dati raccolti su Numbeo.com, i prezzi al dettaglio del petto di pollo negli Stati Uniti e in Canada arrivano a 12,2 dollari al chilogrammo. Molti paesi europei, invece, mantengono prezzi più bassi: in Ungheria il costo è di 5,80 dollari/kg, mentre in Repubblica Ceca si ferma a 8,99.

Effetti sulla competitività commerciale

Questo significa che, anche eliminando ogni barriera commerciale, le merci americane rischiano di non trovare aggancio nel mercato europeo, almeno in quel settore. Per contro, l’ipotesi più realistica è che alcune aziende statunitensi possano spostare la produzione direttamente nel vecchio continente per aggirare i costi della logistica e i dazi.

La carne bovina rappresenta un altro prodotto chiave in questo confronto. I prezzi negli Usa si attestano intorno ai 16,31 dollari/kg, mentre nelle nazioni dell’Europa dell’Est, come la Romania, si aggirano sui 10,90 dollari/kg. Oltre ai prezzi, Bruxelles ha da sempre norme sanitarie più restrittive, che avevano già creato tensioni commerciali durante la presidenza Obama. Questi elementi indicano che tensioni e negoziati in materia di carne di manzo rimarranno un tema delicato.

Il ruolo del vantaggio fiscale nei prodotti farmaceutici europei

Il presunto vantaggio europeo rispetto agli Stati Uniti si poggia quasi per metà sul settore farmaceutico. Questo però non riflette un’effettiva superiorità commerciale ma piuttosto questioni legate alla fiscalità. Molte licenze e brevetti sono allocate in Paesi come Irlanda e Lussemburgo, noti per una tassazione più bassa rispetto al resto dell’Europa.

Questa situazione crea un’immagine distorta: un vantaggio che appare reale, ma che in realtà corrisponde a una strategia fiscale piuttosto che a un primato produttivo o commerciale. Questa condizione è al centro di dibattiti e inchieste in vari Paesi europei, dove si cerca di capire quanto questo vantaggio influisca sulle trattative con gli Stati Uniti e sul bilancio complessivo dell’Unione.

Dubbio primato commerciale o strategia fiscale?

Implicazioni politiche ed economiche del mercato unico transatlantico

Alla luce dei dati economici, appare chiaro che il progetto di Trump non è semplicemente una sfida commerciale, ma potrebbe riflettere interessi politici più ampi. I paesi dell’Europa dell’Est, soprattutto quelli del gruppo di Visegrád, potrebbero trarre vantaggi non marginali da una maggiore apertura agli Usa.

L’ipotesi che Trump possa puntare a destabilizzare alcune posizioni interne dell’Unione Europea conviene prendere sul serio. Le tensioni interne all’UE, tra nazioni più integrate e altre più scettiche verso Bruxelles, potrebbero diventare un terreno su cui Washington gioca per ottenere concessioni.

In questo contesto, i pericoli non sono solo economici. La forza degli Stati Uniti resta un fattore da tenere in conto, specie se consideriamo che gli accordi commerciali sono sempre un campo di battaglia anche politico. Tenere d’occhio come si evolveranno le trattative nelle prossime settimane è fondamentale per capire quale direzione prenderanno i rapporti transatlantici e quali conseguenze avranno sulle economie coinvolte.