Da pensione a 64 anni dal 2026, ipotesi di riforma con penalizzazioni per chi esce prima
La proposta di Pasquale Tridico prevede il pensionamento anticipato a 64 anni dal 2026, con assegni ridotti per chi esce prima dei 67 anni, mirando a sostenere la spesa pubblica.

La proposta di Pasquale Tridico prevede la possibilità di andare in pensione a 64 anni dal 2026 con un assegno ridotto, per contenere la spesa pubblica e garantire sostenibilità al sistema previdenziale italiano. - Unita.tv
L’ipotesi di andare in pensione a 64 anni dal 2026 sta prendendo forma. Pasquale Tridico ha avanzato una proposta per trovare un equilibrio tra la necessità di alleggerire le uscite previdenziali e il bisogno di garantire diritti a una quota ampia di lavoratori italiani. L’obiettivo è controllare le spese pubbliche, ma restano da chiarire le condizioni per chi sceglierà di anticipare il ritiro dal lavoro e le possibili riduzioni dell’importo pensionistico.
La proposta di pensionamento anticipato a 64 anni
L’idea di far andare in pensione una parte dei lavoratori a 64 anni a partire dal 2026 è stata suggerita con l’intento di dare più flessibilità sul ritiro dal lavoro. La proposta di Tridico punta a creare un meccanismo in cui chi decide di uscire prima dai 67 anni previsti per il trattamento di vecchiaia possa farlo ritirando subito la pensione, ma con un assegno più basso. Questo abbassamento sarebbe calcolato solo considerando i contributi versati fino a quel momento, escludendo la quota legata al sistema retributivo, cioè quella basata sugli ultimi stipendi.
Modello pensionistico e sistema misto
Il modello preso in considerazione prevede quindi un assegno pensionistico più contenuto, fino a quando non si raggiungono i 67 anni, quando scatterebbe il trattamento pieno. La misura potrebbe coinvolgere anche i lavoratori iscritti al sistema misto, cioè coloro che hanno periodi contributivi sia prima sia dopo il 1996. Questo aspetto è importante poiché i lavoratori con carriera iniziata prima di quell’anno trovano difficoltà a conteggiare i contributi nei sistemi attuali.
L’idea nuova di Tridico si distingue da altre ipotesi precedenti perché mira a ridurre la spesa pubblica con queste penalizzazioni temporanee sull’assegno. Chi sceglierà di andare in pensione a 64 anni non perderà i diritti accumulati, ma otterrà somme inferiori fino al requisito anagrafico pieno.
Implicazioni economiche della misura per i conti pubblici
Il sistema previdenziale italiano sta affrontando forti pressioni economiche causate dall’incremento della spesa per le pensioni. Questa riforma in esame cerca di arginare i costi derivanti dalle uscite anticipate, un fenomeno che rischia di ingolfare il bilancio pubblico nei prossimi anni. La proposta di ridurre in modo proporzionale l’assegno pensionistico di chi esce prima funziona come una sorta di freno allo sforamento dei conti.
Agli occhi del Governo si tratta di trovare un compromesso sostenibile. Concedendo la possibilità di andare in pensione a 64 anni, l’INPS potrebbe evitare la fuga anticipata di molti lavoratori ma senza gravare in modo eccessivo sulle casse dello Stato. Il taglio temporaneo agli assegni pensionistici si configura come uno strumento per mantenere un equilibrio finanziario che in questo momento appare complicato da raggiungere.
Fondi complementari e quota 41
I fondi complementari, ossia quelle forme pensionistiche aggiuntive private o aziendali, rimangono un’alternativa possibile, ma la proposta di Tridico riguarda il sistema pubblico generale. Si è anche valutata l’ipotesi di allargare Quota 41, cioè la possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di contributi, ma l’impatto economico sarebbe stato troppo alto per i conti dello Stato.
La misura potrebbe ridurre il rischio di default pensionistico, mantenendo la sostenibilità di medio-lungo termine dell’intero sistema previdenziale italiano.
Criticità per i lavoratori e possibilità di penalizzazioni
L’uscita anticipata dai 67 a 64 anni porta con sé un importante elemento: la riduzione dell’importo pensionistico. Chi sceglierà questa strada dovrà mettere in conto assegni più bassi rispetto al trattamento pieno previsto all’età pensionabile completa. Questo potrebbe scoraggiare molti lavoratori, specialmente chi ha bisogno della pensione per ragioni economiche.
Non a caso la proposta di Tridico inserisce una penalizzazione temporanea che si applica anche a chi non aderisce ai fondi complementari. Questa penalità si traduce in una riduzione proporzionale dell’assegno calcolata solo sulla quota contributiva, senza tenere conto della parte retributiva. In sostanza, l’uscita anticipata comporta una rinuncia a una fetta importante dei diritti accumulati.
Difficoltà del sistema misto e quota 41
Inoltre, per molti lavoratori la possibilità di arrivare a Quota 41 resta un miraggio, visto che il costo sociale e finanziario di questa misura è ritenuto insostenibile. Così, la proposta si concentra più su un compromesso economico che su un ampliamento delle opportunità.
L’attenzione è puntata anche sul sistema dei contributi maturati prima del 1996. Per queste categorie, spesso i versamenti non risultano completamente valorizzati dal sistema INPS, con rischi di penalizzazioni ulteriori per chi si ritira a 64 anni. Il sistema misto, come menzionato, potrebbe vedere qualche estensione della misura solo se si riusciranno a risolvere questi dettagli.
Quindi, chi sceglie di anticipare il pensionamento dovrà mettere in conto un assegno ridotto e valutare bene se questa scelta convenga, soprattutto in base alla propria situazione contributiva e anagrafica.
Prospettive per il futuro del sistema pensionistico italiano
L’ipotesi di riforma lanciata in questi mesi indica che il tema delle pensioni resta centrale nel dibattito politico e sociale del 2025. L’idea di anticipare a 64 anni dipende molto dalla capacità dello Stato di gestire il sistema previdenziale senza compromettere la stabilità finanziaria nel lungo termine.
L’attuale sistema sembra non poter sostenere la pressione di uscite anticipare troppo frequenti senza interventi di penalizzazione. La proposta di ridurre temporaneamente gli importi pensionistici si inserisce in una linea di prudenza seguita dagli enti pubblici.
Il Governo e l’INPS potrebbero quindi avanzare in tempi brevi altre modifiche per rendere più chiaro chi può andare in pensione e con quali calcoli. Nel frattempo, lavoratori e sindacati sono alla finestra per capire come si muoveranno le regole nel secondo semestre del 2025.
Non manca la questione della trasparenza: sarà importante informare con precisione tutte le categorie interessate, perché questa novità andrà a incidere direttamente sul futuro finanziario di milioni di lavoratori italiani.
Restano fuori dalla proposta attuale altri sistemi, come le pensioni di invalidità o quelle sociali, che seguono regole diverse. Lo sguardo è allora rivolto alla prossima legge finanziaria e alla messa a punto dei decreti attuativi collegati.