Home Cresce tensione in Burkina Faso tra esercito golpista e jihadisti, etnia Fulani nel mirino

Cresce tensione in Burkina Faso tra esercito golpista e jihadisti, etnia Fulani nel mirino

Il conflitto in Burkina Faso si intensifica, con l’esercito che affronta gruppi jihadisti e accuse di violenze contro l’etnia Fulani, causando un grave deterioramento delle condizioni umanitarie e sociali.

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Il conflitto in Burkina Faso vede l’esercito della giunta militare affrontare gruppi jihadisti, con gravi violenze soprattutto contro l’etnia Fulani, provocando numerose vittime, sfollati e una grave crisi umanitaria. - Unita.tv

Il conflitto in Burkina Faso sta assumendo dimensioni sempre più drammatiche, con violenze e scontri che colpiscono soprattutto l’etnia Fulani. L’esercito guidato dalla giunta militare insediata nel 2022 dopo il colpo di stato si confronta con gruppi jihadisti affiliati ad al Qaida in una battaglia che sta causando centinaia di vittime. Questo articolo ricostruisce il quadro attuale, raccontando gli eventi recenti e le accuse di violenze rivolte soprattutto all’esercito.

Presa del potere della giunta militare e crisi politica del paese

Nel settembre del 2022, il generale Ibrahim Traoré ha guidato la presa del potere in Burkina Faso con un colpo di stato che ha detronizzato il presidente eletto. L’azione militare ha posto fine a un governo democraticamente scelto dalla popolazione, segnando l’ingresso di una giunta che doveva ristabilire l’ordine, ma che ha finito per aggravare le tensioni interne.

Gli scontri si sono intensificati mentre il controllo del territorio è sempre più frammentato. Diverse aree del paese sono passate nelle mani di miliziani, ribelli e gruppi jihadisti; il governo regolare ha perso il controllo di vaste zone soprattutto nel nord e nell’est. La crisi politica si intreccia con quella militare e sociale, generando una situazione di instabilità diffusa.

Nel contesto di questa instabilità, le popolazioni locali soffrono quotidianamente. Le istituzioni statali non riescono più a garantire la sicurezza, mentre i gruppi armati agiscono liberamente a danno di civili e militari. La presenza di forze armate straniere è aumentata, ma senza riuscire a invertire il corso degli eventi fino a oggi.

L’etnia fulani: sospetti, violenze e accuse di pulizia etnica

Nel mezzo di questo conflitto, l’etnia Fulani emerge come una delle principali vittime degli scontri. Spesso indicate dal governo e dall’esercito come sospettate di collaborare con i ribelli, le comunità Fulani sono state oggetto di operazioni militari che secondo fonti internazionali hanno provocato gravi perdite di vite umane.

Un rapporto di Human Rights Watch denuncia che solo nel mese di marzo 2025 l’esercito avrebbe ucciso almeno 130 persone appartenenti a questa etnia. Testimoni oculari e video diffusi sui social mostrano azioni di violenza sommarie e attacchi mirati contro villaggi Fulani. Questa repressione è vista come una strategia per indebolire la rete di sostegno agli insorti, ma ha sollevato accuse gravi di pulizia etnica.

Dalla parte dei gruppi jihadisti affiliati a Jama’at Nusrat al Islam wa al Muslimeen, la situazione non è meno drammatica. Anche loro sembrano sospettare i Fulani di tradimento, accusandoli di collaborare con l’esercito golpista. In risposta, molti Fulani sarebbero stati vittima di esecuzioni sommarie, attentati o arruolamenti forzati nelle milizie jihadiste.

La posizione dell’etnia Fulani è dunque quella di un popolo intrappolato tra due forze armate nemiche, che vede i propri membri colpiti da entrambe le parti con violenze cruente. La situazione ha provocato un aumento esponenziale del numero di sfollati e un deterioramento delle condizioni umanitarie nelle aree più colpite.

Escalation degli attacchi jihadisti e bilancio delle vittime

A fine marzo 2025, la tensione è ulteriormente cresciuta con una serie di attacchi simultanei messi a segno dal gruppo Jama’at Nusrat al Islam wa al Muslimeen. Otto azioni coordinate hanno preso di mira soprattutto infrastrutture militari in diverse località del paese, in particolare nel nord e nell’est, dove la presenza dello Stato è più debole.

Le vittime totali di questi attacchi hanno raggiunto la cifra di circa 100 persone. Tra loro si registrano sia soldati che civili. Le cifre esatte restano difficili da verificare sul terreno, ma fonti ufficiali e ONG convergono sull’alta portata delle perdite.

Questi episodi hanno aumentato la pressione sul governo militare, costringendolo a intensificare le operazioni contro i gruppi jihadisti e rafforzando una spirale di violenza senza fine. I jihadisti sembrano voler destabilizzare ulteriormente il paese, mentre l’esercito tenta di riconquistare territori persi.

La localizzazione e la coordinazione simultanea degli attacchi indicano un’organizzazione crescente nei gruppi armati, mettendo a dura prova ogni capacità di difesa. Il controllo delle vie di comunicazione e dei centri strategici resta un elemento vitale in questa lotta.

Impatto umanitario e sociale del conflitto

Le ripercussioni della guerra in Burkina Faso travalicano il campo militare. Civili innocenti, spesso appartenenti a minoranze etniche come i Fulani, subiscono le conseguenze più gravi della crisi. Molte comunità sono costrette alla fuga, con migliaia di persone sfollate all’interno del paese o alla ricerca di protezione in paesi confinanti.

L’insicurezza generale limita l’accesso ai servizi essenziali come sanità e istruzione. Le organizzazioni umanitarie trovano difficoltà a operare in determinati territori a causa delle condizioni di sicurezza instabili e della frammentazione del controllo del territorio.

Le tensioni etniche si acuiscono, alimentando la diffidenza reciproca tra comunità. Il rischio di conflitto intercomunitario cresce di giorno in giorno, facendo temere un ulteriore peggioramento della situazione sociale.

In questo scenario, la mancanza di una mediazione efficace e una soluzione politica rischia di prolungare la crisi con effetti devastanti per la popolazione. Nel frattempo, le azioni dei diversi attori armati condizionano la vita quotidiana di centinaia di migliaia di persone in Burkina Faso.