Contenitori per alimenti sotto accusa: trovate sostanze cancerogene anche nei materiali riciclati

Contenitori per alimenti sotto accusa - unita.tv
Secondo una ricerca pubblicata su Nature Medicine, plastica, carta e cartone rilasciano sostanze chimiche pericolose a contatto con gli alimenti, anche nei prodotti “ecologici”.
Nei contenitori per alimenti, nelle stoviglie monouso e perfino negli utensili da cucina si nascondono oltre 200 sostanze chimiche potenzialmente dannose per l’organismo umano. La scoperta arriva da un’analisi condotta dagli studiosi del Food Packaging Forum, fondazione con sede a Zurigo, che ha esaminato decine di ricerche scientifiche già pubblicate. Lo studio è stato diffuso a maggio 2025 sulla rivista Nature Medicine, portando nuova luce su un problema spesso sottovalutato: la migrazione di sostanze nocive dagli imballaggi al cibo, specie quando si utilizzano materiali riciclati o si riscaldano i pasti direttamente nelle confezioni.
La ricerca punta il dito non solo contro la plastica comune, ma anche contro quelle soluzioni considerate più “sostenibili”, come carta e cartone riciclati. Il riciclo, secondo gli esperti, può concentrare composti tossici, che finiscono per contaminare gli alimenti già durante la conservazione. Il fenomeno è ancora più evidente nei prodotti ultraprocessati, confezionati per lunghi periodi o consumati dopo essere stati scaldati nel microonde.
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Il problema principale è legato alla plastica nera, molto usata per spatole, mestoli, contenitori e perfino giocattoli. Un’ulteriore indagine pubblicata su Chemosphere, curata da Megan Liu dell’organizzazione Toxic-Free Future, ha testato 200 oggetti di uso domestico. I risultati parlano chiaro: nell’85% dei casi erano presenti ritardanti di fiamma, in particolare il bromo, proveniente da vecchi elettrodomestici e impiegato inizialmente per rendere ignifughe le componenti elettroniche.
Il riciclo non sempre distingue tra plastiche alimentari e materiali trattati per usi industriali. Così, stoviglie e utensili nati per cucinare finiscono per contenere residui altamente nocivi. La loro presenza è stata accertata anche in contenitori da asporto, spatole per friggere e vaschette in plastica destinati al microonde.

Tra le sostanze più pericolose evidenziate ci sono i PFAS, noti anche come “sostanze chimiche eterne” per la loro resistenza alla degradazione. Questi composti sono stati collegati a tumori, diabete, infertilità, obesità, disturbi dello sviluppo e asma. Accanto a loro figurano bisfenolo A (BPA) e ftalati, impiegati ancora oggi nella produzione di plastiche moderne e considerati rischiosi dalla comunità scientifica internazionale.
L’attenzione si sposta anche sui cibi ultraprocessati, spesso venduti in confezioni plastiche sigillate o pronte per essere riscaldate. Gli scienziati hanno sottolineato che queste modalità di conservazione aumentano il rischio che sostanze chimiche contaminino direttamente gli alimenti, specie quando si tratta di snack, dolci confezionati, merendine, cereali e piatti pronti.
Materiali più sicuri e raccomandazioni degli esperti per ridurre l’esposizione
Dai dati emersi, i ricercatori hanno evidenziato l’urgenza di ripensare la produzione degli imballaggi alimentari, puntando su materiali che non rilascino sostanze pericolose. Secondo il team, vetro, ceramica e acciaio inox rappresentano le opzioni più affidabili: non reagiscono con il cibo e non rilasciano contaminanti anche in caso di utilizzo prolungato o ad alte temperature.
Al contrario, materiali come plastica, carta e metalli rivestiti continuano a essere associati alla diffusione di sostanze sintetiche, anche dopo lunghi processi di trattamento e controllo. I contenitori cosiddetti “green”, pur vantando etichette ecologiche, possono contenere residui pericolosi accumulati nei cicli precedenti.
Secondo Jane Muncke, autrice principale dello studio, i governi dovrebbero intervenire per stabilire limiti più rigidi e favorire materiali realmente sicuri. Le evidenze raccolte finora sono già sufficienti per promuovere una svolta legislativa e culturale. Anche perché molte sostanze analizzate non sono mai state testate a fondo per valutare il loro impatto sulla salute in presenza di uso alimentare continuativo.
Chi conserva o consuma alimenti in contenitori riciclati, spesso senza saperlo, potrebbe assorbire tracce di sostanze persistenti, difficili da eliminare e potenzialmente dannose. Per questo, il dibattito aperto dagli esperti di Zurigo è destinato a far discutere, specie in un momento storico in cui la sicurezza alimentare torna al centro del discorso pubblico.