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Condono edilizio 2025 e silenzio assenso: tempi e condizioni per la risposta dei comuni

Nel 2025, il Comune deve rispondere alle richieste di condono edilizio entro 2 anni, con possibilità di silenzio assenso. Regole chiare garantiscono diritti ai cittadini e responsabilità agli enti locali.

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Nel 2025 il Consiglio di Stato stabilisce che il Comune ha 24 mesi per rispondere alle domande di condono edilizio; il silenzio oltre questo termine equivale ad accettazione automatica, garantendo tempi certi e tutelando i cittadini. - Unita.tv

La gestione delle istanze di condono edilizio nel 2025 passa attraverso scadenze precise decise dal Consiglio di Stato. Il silenzio del Comune entro certi termini può essere interpretato come accettazione automatica della richiesta, anche in situazioni dove l’abuso edilizio sembra evidente. Questo aggiornamento normativo mette in chiaro tempi e modi con cui gli enti locali devono pronunciarsi, offrendo ai cittadini una tutela più chiara e definita.

I tempi entro cui il comune deve rispondere alle domande di condono edilizio

Ogni richiesta di condono edilizio presentata nel 2025 al Comune deve ricevere una risposta nell’arco di 2 anni. Il Consiglio di Stato, con la circolare numero 3051 di quest’anno, ha stabilito che il Comune ha un limite massimo di 24 mesi per esaminare la domanda e fornire un parere favorevole o contrario. Superata questa soglia, si attiva il cosiddetto “silenzio assenso“, che di fatto rende accettata la domanda presentata.

Il termine appare rigido ma fondamentale per evitare ritardi indefiniti che bloccano le procedure di sanatoria. Questa regola si applica anche a immobili ed edifici che, in condizioni normali, difficilmente avrebbero accesso a una sanatoria per via di abusi evidenti. Quindi il Comune deve essere tempestivo sia nel valutare che nel comunicare la propria decisione.

C’è tuttavia spazio per un’integrazione di documenti da parte del Comune. L’ente può infatti richiedere ulteriori informazioni o pezzi di documentazione entro e non oltre 18 mesi dalla presentazione della domanda. Questa possibilità serve a verificare meglio la situazione e a tutelare l’interesse pubblico ma senza dilatare troppo i tempi.

Il caso della domanda rigettata dopo 13 anni: cosa succede se il comune non si muove

Un episodio emblematico riguarda la pratica di un cittadino che nel 2004 aveva chiesto il condono edilizio. In prima battuta, il Comune aveva chiesto approfondimenti documentali, poi dopo l’invio di tutto quanto richiesto, non era arrivata nessuna replica per anni. Solo dopo 13 anni l’amministrazione ha rigettato la domanda motivando “mancati requisiti minimi“.

Il Consiglio di Stato ha evidenziato che una risposta così tardiva non rispetta i tempi stabiliti dalla legge e che passare più di un decennio senza una parola chiara dall’amministrazione è un’eccezione che non può diventare norma. Il silenzio prolungato a tal punto può essere interpretato, per legge, come un consenso di fatto al condono.

Questo caso ha messo in evidenza l’esigenza di fissare termini certi proprio per evitare lungaggini e incertezze. Nei fatti, questo evento ha contribuito a far stringere le regole con la circolare 3051, che oggi impone una scadenza breve e precisa per risposte chiare e definitive.

Il silenzio assenso e l’estensione ai casi di unità immobiliari abusive

Il Consiglio di Stato ha ribadito che il “silenzio assenso” non si limita a casi di abusi lievi. Anche gli immobili che risultano chiaramente abusivi possono beneficiare di questa norma se il Comune resta inerte oltre i tempi previsti. Secondo l’articolo 21-nonies del Decreto numero 241 del 1990, il Comune può comunque annullare un provvedimento solo se interviene entro un anno e due mesi da quando è stato formato l’atto.

Questo significa che, a partire dalla presentazione dell’istanza e fino a 24 mesi, se il Comune non comunica nulla, si intende che il condono è stato concesso. Dopo questo arco temporale, l’amministrazione ha un ulteriore margine di circa 14 mesi per ritirare o correggere l’atto, ma solo se riesce ad agire entro tale limite.

Questa norma ha il fine di tutelare i diritti dei cittadini, evitando che un comportamento negligente delle amministrazioni blocchi situazioni edilizie per anni. Allo stesso tempo consente alle amministrazioni pubbliche di correggere eventuali errori entro un tempo ragionevole, senza lasciare la materia in sospeso.

Implicazioni pratiche per i cittadini e le amministrazioni nel 2025

Con queste regole chiare, i cittadini che presentano istanze di condono edilizio hanno ora certezze sulle tempistiche e sulle modalità di risposta del Comune. Sapere che dopo 2 anni di silenzio la domanda può considerarsi di fatto accettata rappresenta una tutela importante.

Dall’altro lato, i Comuni devono rendere più efficiente l’istruttoria e impegnarsi a rispettare termini stretti per decidere, evitando ritardi che possono comportare automatismi non voluti. Le integrazioni documentali restano uno strumento utile ma non devono trasformarsi in scuse per posticipare la decisione finale.

Questo equilibrio tra diritti dei cittadini e doveri dell’ente è al centro delle norme valide nel 2025. Le sentenze recenti e le circolari ufficiali incidono molto sulla prassi amministrativa, spingendo verso una maggiore trasparenza e chiarezza nei processi di regolarizzazione edilizia.