Home Come il software ha invaso la vita quotidiana e l’italia ha perso terreno nell’informatica

Come il software ha invaso la vita quotidiana e l’italia ha perso terreno nell’informatica

La diffusione del software in Italia è ostacolata da una scarsa cultura informatica e dalla pirateria, mentre il paese perde terreno rispetto ad altre nazioni europee e globali nel settore tecnologico.

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L'articolo analizza l'importanza del software nella vita quotidiana, il ruolo storico dell'Italia nell'informatica, il ritardo culturale e tecnologico italiano rispetto all'Europa, e i protagonisti europei che hanno influenzato lo sviluppo digitale globale. - Unita.tv

Oggi il software guida moltissimi aspetti della vita di tutti i giorni, spesso senza che ci si accorga. Non è solo l’elemento che fa funzionare computer e smartphone: treni, automobili, elettrodomestici e persino orologi. Nel contesto italiano però, la cultura informatica fatica a diffondersi con la velocità necessaria, lasciando il paese in una posizione di svantaggio rispetto ad altri paesi europei e globali. Scoprire come si è arrivati a questo punto aiuta a capire le sfide presenti nel cammino tecnologico che abbiamo davanti.

L’onnipresenza del software nella tecnologia quotidiana

Il software è oggi l’anima di qualsiasi dispositivo elettronico, spesso invisibile ma indispensabile. Oltre agli strumenti classici come computer e smartphone, software complessi regolano sistemi di trasporto come treni e aerei, impianti industriali e domestici come lavatrici e forni, fino a gadget apparentemente semplici come orologi o termometri digitali. Questa diffusione mette in evidenza quanto la nostra vita dipenda da programmi che gestiscono ogni funzione di questi oggetti senza che se ne percepisca la presenza.

In molte situazioni non riconosciamo nemmeno di usare software; lo consideriamo quasi un fatto scontato. Nessuno pensa a quale codice o quale chiave tecnologica permetta un telecomando o un impianto di riscaldamento di funzionare correttamente. Proprio questa invisibilità ha portato a una scarsa attenzione verso la cultura informatica da parte della popolazione, e persino delle istituzioni italiane. Siamo circondati da tecnologie avanzate ma spesso non disponiamo di una conoscenza approfondita o di un’alfabetizzazione digitale diffusa tra i cittadini.

Questa mancanza di consapevolezza ha avuto un peso nella formazione del mercato e dello sviluppo software nel nostro paese. Sapere come il software governa le cose aiuta a comprendere perché certe nazioni hanno saputo cavalcare l’onda tecnologica meglio di altre. Il nostro rapporto con la scienza dell’informazione ha conseguenze dirette sul tessuto produttivo, sull’occupazione e sul livello tecnologico nazionale.

Il passato glorioso e la caduta dell’informatica italiana con olivetti

L’Italia ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo dell’informatica, soprattutto grazie all’impegno di Adriano Olivetti e della sua azienda. La Olivetti negli anni ’60 e ’70 era la maggiore impresa informatica europea con una produzione che spaziava dall’hardware al software e capace di competere con giganti mondiali come Ibm. Per un certo periodo, fu un punto di riferimento per la tecnologia avanzata.

Purtroppo la storia di Olivetti si conclude in modo amaro. Oggi è noto che una serie di errori gestionali e scelte politiche hanno portato al declino progressivo dell’azienda, fino alla sua scomparsa come protagonista del settore informatico europeo. Per chi vuole approfondire, esistono diversi testi che raccontano dettagliatamente questo percorso, anche con elementi controversi e persino teorie legate al coinvolgimento di grandi potenze nella crisi dell’impresa.

Quello che resta però è il ricordo di un’epoca nella quale l’Italia era veramente all’avanguardia nella tecnologia digitale. La Olivetti aveva contribuito a formare professionalità e a costruire una base tecnologica solida. La sua mancata capacità di reggere la competizione globale ha decretato lo smarrimento di una posizione competitiva importante nel mondo dell’informatica industriale.

I grandi europei che hanno segnato la storia dell’informatica mondiale

L’Europa ha dato alla scienza informatica figure di rilievo mondiale, capaci di influenzare profondamente il suo sviluppo. Tra questi, Alan Turing spicca per il ruolo cruciale nella nascita della disciplina stessa. Nato a Londra nel 1912, Turing ha sviluppato concetti matematici fondamentali e contribuito alla fine della seconda guerra mondiale decifrando i codici nazisti, ma la sua vita si concluse tragicamente a causa della persecuzione per la sua omosessualità.

Le conquiste di Linus Torvalds nel 1989 hanno invece generato Linux, sistema operativo libero che alimenta gran parte dei server di internet e opera in moltissime imprese. Torvalds, nato ad Helsinki, continua a coordinare il suo sviluppo dalla California collaborando con molte aziende tecnologiche internazionali.

Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web nato a Londra, ha cambiato il mondo permettendo la diffusione di contenuti e informazione via internet. Il progetto nacque al CERN di Ginevra e continuò al MIT dove poté trovare supporto e risorse dopo che il CERN smise di finanziarlo.

Infine, Federico Faggin, vicentino trasferito negli Stati Uniti negli anni ’70, realizzò il microprocessore moderno grazie al lavoro svolto in Intel, aprendo la strada all’epoca dell’informatica di massa. Questi europei hanno dato il contributo decisivo nella creazione delle tecnologie che oggi governano la vita digitale. Eppure, la maggior parte delle conquiste si sono consolidate fuori dal vecchio continente.

Il ritardo italiano nella diffusione della cultura informatica di massa

Gli anni ’80 rappresentano il vero inizio dell’informatica di massa in Italia. L’arrivo dei primi microcomputer domestici, come il Vic 20 e il Commodore 64, diffuse l’uso dei calcolatori nelle case di molte famiglie. Parallelamente l’arrivo anche di macchine più potenti, come l’IBM PC, permise alle aziende di cominciare a digitalizzare molti processi.

La crescita del pubblico giovane, con una consistente fetta di popolazione sotto i 15 anni, alimentò un interesse diffuso soprattutto per i videogiochi. Molti ragazzini però svilupparono curiosità per la programmazione e inserirono l’informatica nella loro quotidianità. Questo fenomeno rappresenta il vero primo passo verso una società più informatica.

Tuttavia la diffusione del software in Italia fu frenata da fenomeni come la pirateria, sostenuta dalla scarsa regolamentazione e dai prezzi elevati dei programmi. Nel mercato informatico la contraffazione era così diffusa che copie illegali di giochi e programmi si vendevano anche nelle edicole, creando uno scenario che penalizzò seriamente la crescita di un circuito produttivo sano.

La mancanza di leggi efficaci per la tutela del software limitò le possibilità di sviluppo industriale locale. La scarsa alfabetizzazione digitale non permise inoltre di comprendere quanto questo mercato poteva essere strategico nel lungo termine.


La storia dell’informatica tra tecnologie e società mostra come la presenza digitale nell’Italia contemporanea sia il risultato di scelte storiche e culturali precise, non solo di innovazioni tecniche. Il contesto europeo aiuta a inquadrare i motivi di un divario ancora oggi presente, che condiziona l’accesso a un bene ormai essenziale per cittadini e imprese.