Uno studio guidato dalla Scuola Sant’Anna rivela come l’analisi dei segnali cerebrali possa predire la malattia con un modello matematico avanzato
Vuoti di memoria o amnesie non sempre sono segnali innocui. In alcuni casi potrebbero anticipare l’Alzheimer. Un nuovo studio condotto tra Pisa e Firenze propone una tecnica innovativa che combina elettroencefalogramma e modelli matematici per individuare la malattia in fase iniziale, quando ancora i sintomi non sono clinicamente evidenti.
Elettroencefalogramma e modelli predittivi: la nuova frontiera della diagnosi precoce
Dimenticare nomi, appuntamenti o luoghi è una cosa comune, specie con l’avanzare dell’età. Ma come distinguere il normale invecchiamento da un disturbo serio? Una ricerca italiana durata oltre quattro anni potrebbe cambiare il modo in cui si affronta la diagnosi dell’Alzheimer. Coordinata dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’ospedale Careggi e l’Università di Firenze, l’indagine ha messo in luce il potenziale di un metodo semplice e non invasivo, basato sull’elettroencefalogramma (EEG) e un modello matematico che simula l’attività cerebrale.

L’approccio ha permesso di predire con l’88% di affidabilità l’esito del liquido cerebrospinale in soggetti con disturbi cognitivi soggettivi, evitando analisi più complesse come la PET o la puntura lombare. Sette su sette dei pazienti che sono poi passati a un declino cognitivo oggettivo erano stati individuati in anticipo tramite il sistema. Il modello sviluppato da Lorenzo Gaetano Amato, dottorando in Biorobotica, traduce i segnali EEG in un “gemello digitale” personalizzato del cervello, in grado di rivelare chi è più a rischio.
Lo studio è stato pubblicato su Alzheimer’s Research & Therapy, con il titolo Digital Twins and Non-Invasive Recordings Enable Early Diagnosis of Alzheimer’s Disease. Secondo il coordinatore Alberto Mazzoni, bioingegnere della Scuola Sant’Anna, il metodo potrebbe presto diventare uno strumento quotidiano per i medici, molto più pratico rispetto ai protocolli attuali.
Diagnosi precoce per rallentare la malattia: il potenziale della scoperta
La diagnosi precoce è oggi considerata cruciale nella lotta all’Alzheimer. Secondo la neurologa Valentina Bessi dell’ospedale Careggi, «riuscire a riconoscere le alterazioni biologiche quando i segni clinici sono ancora lievi è un passo avanti decisivo». Un intervento tempestivo potrebbe offrire accesso a cure sperimentali, capaci di rallentare la degenerazione e migliorare la qualità della vita.
Finora, la medicina si è dovuta affidare a strumenti invasivi e costosi. Ora, grazie a questa tecnologia tutta italiana, si intravede una soluzione economica, accessibile e ripetibile. «Il nostro obiettivo – spiega Mazzoni – è validare il metodo anche a livello europeo, ampliando il campione e verificando i risultati nel tempo». La sfida è grande, ma la direzione è chiara: rendere l’Alzheimer una malattia individuabile prima che sia troppo tardi.